Roberto Salvini
storico dell'arte italiano (1912-1985)
Roberto Salvini (1912 – 1985), storico dell'arte italiano.
Citazioni di Roberto Salvini
modifica- Hans Holbein il Giovane ricevette dal padre, Hans Holbein il Vecchio, la prima educazione artistica. Il vecchio Holbein non era pittore da poco. Aveva elaborato con pazienza da artigiano e con intelligenza da umanista le premesse che la tradizione pittorica della Germania meridionale e della pittura fiamminga gli offrivano per raggiungere una pittura vigorosa e penetrante e uno stile da ritrattista nella raffigurazione di soggetti sacri: la sua attenzione si concentrava sull'uomo tendendo a una resa efficace del portamento e del gesto, a una accentuata chiarezza icastica e alla penetrazione individuale della fisionomia entro forme plasticamente solide e animate dal vigore della linea. Accoglieva anche qualche motivo architettonico e compositivo, indirettamente appreso, dall'Italia. Ma accanto al padre il giovane Holbein vedeva al lavoro lo zio Sigmund – peraltro a noi malnoto – e soprattutto il più ammirato pittore di Augusta, Hans Burgkmair. È da credere che soprattutto da quest'ultimo, già più volte disceso in Italia, e segnatamente a Venezia, egli apprendesse la fluidità della pennellata e il caldo splendore delle tinte. Pure, il Burgkmair non raggiunse mai quella sicura semplicità di composizione che già i primi saggi del giovane Holbein presentano, né giunse mai a sommergere pienamente nella pastosità cromatica e chiaroscurale del volume il nervoso tessuto lineare che a lui discendeva dalla tradizione patria.[1]
- Holbein invece maneggia soltanto matita, penna e pennello, e affida agli specialisti l'esecuzione della sue stampe, né mai si coglie in lui la materia che traspare da quasi ogni lavoro del maestro di Norimberga. Amico di Erasmo da Rotterdam, Holbein guarda alla realtà, che pure sa riprodurre con un'esattezza che confina con l'illusionismo e con il trompe-l'oeil, con chiaro distacco, mentre in Dürer sempre si avverte l'impegno, talvolta drammatico, di impossessarsi della realtà stessa, imprimendovi il sigillo della propria alta moralità. È questa capacità di distacco che fa di Holbein il ritrattista principe della sua età. Né mai potrebbe dirsi di lui quel che si dice di Dürer: che i suoi ritratti sono tutti, un poco, degli autoritratti.[2]
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