Ridolfino Venuti
storico, archeologo e numismatico italiano
Ridolfino Venuti (1705 – 1763), storico, archeologo e numismatico italiano.

Accurata e succinta descrizione topografica delle antichità di Roma
modifica- Roma [...] dal tempo del Re Servio sino ad Aureliano Imperatore non comprese altro, che i sette Colli; e questi sono il Palatino, Capitolino, Aventino, Celio, Esquilino, Viminale, Quirinale; alcuni vi aggiungono il Gianicolo. Di presente il circuito di Roma, compresovi ancora il Trastevere, e Borgo, misurato secondo il giro delle mura fuori della Città in misura orizontale, compresi i risalti de' torrioni, facciate, e fianchi de' bastioni con le loro cortine, è di canne, di X palmi l'una, 11036, che vuol dire miglia XVI e mezzo, a ragione di canne 667 il miglio. È da osservarsi ancora, che gli antichi torrioni delle mura furono 642, a' tempi passati erano 360, e adesso sono circa 3oo. (parte I, Introduzione, p. II)
- Il monte Palatino, che è uno de' sette colli di Roma, circondato dagli altri sei, che gli fanno corona, che in oggi non s'intende con altro nome, che di Orti Farnesi, sede del Romano Imperio, e principio di Roma, si vuole nei tempi favolosi abitato da Saturno, indi che fosse la regia d'Evandro, e di Pallante, da cui ne acquistasse il nome, o dalla Dea Pale. Alle radici di questo colle, forse disabitato, furono esposti i due fratelli Romolo, e Remo, all'estremità di una palude formata dal vicin Tevere; la quale forse per le piccole barchette, di cui era capace, fu detta Velabro, a vehendis ratibus, che poi prosciugata col tempo fu divisa in due strade, alle quali restò il nome di Velabro Maggiore, e Minore, che ancora conserva. (parte I, cap. I, pp. 1-2)
- Fu detto Viminale secondo Festo dai Vimini, o Vinchi, e dal Tempio di Giove Vimineo. Questo Colle, che è il quarto dell'antica Roma, nasce alle radici del Foro di Nerva, ha da una parte il Quirinale, e dall'altra l'Esquilino, con due Valli, una detta Quirinale, e l'altra Esquilina, che mettono in mezzo questo Monte; il quale lungo e stretto va poi a congiungersi insensibilmente con gli altri due Colli nella Piazza di Termini. Questo dei sette Colli è il più difficile a farsi comprendere al Forastiere; ma quando se ne sa l'origine, si può seguitare le sue traccie e vederne la sua maggiore altezza, e separazione[1], ove è l'antico Convento di Monache di S. Lorenzo in Pane e Perna[2], ove separatamente si scoprono le sommità de' tre Colli. In minor altezza, e quasi insensibile, si vede parimente la divisione di questi tre Colli nella strada, che da S. Maria Maggiore va alle Quattro Fontane, e di qui insensibilmente passando per la Villa Strozzi, e la Chiesa di S. Bernardo, va, come dissi, ad unirsi col Quirinale, ed Esquilino nella Piazza di Termini. (parte I, cap. VI, pp. 178-179)
- Servio Tullio ad imitazione di Numa non solamente aggiunse questo Colle [Esquilino] all'Antica Roma, ma ad imitazione del medesimo fu Consagratore de' Sacrarj degli Argei nei Monti, e fece de' Boschi, e de' Sacelli. Si vuole detto Esquilino ab Excubiis. Ha questo Colle due sommità principali, nel di cui mezzo nasce un piano detto Campo Esquilino. Una di queste sommità diceasi l'Oppio, e l'altra il Cispio: la prima era, ove è presentemente la Basilica di S. Maria Maggiore, e l'altra alla Chiesa di S. Pietro in Vincoli, o di S. Lucia in Selce. La faccia del terreno, della strada, e de' luoghi è talmente mutata presentemente dall'antico, che è impossibile poterne dare un'idea giusta; onde mi diffonderò sopra tutto nei Monumenti antichi, che sopra questo Colle si osservano. (parte I, cap. VII, p. 183)
- Alla riva del Tevere poco lontano dal tempio di Vesta, e dal Ponte Palatino si vede la bocca della maravigliosa Cloaca Massima, opera del Re Tarquinio Superbo, il quale la fece fabbricare con gran pezzi di peperini, messi assieme senza ajuto di calce, nella maniera degli altri Edificj di quegli antichi tempi. Serviva questa di ricettacolo, secondo Tito Livio a tutti gli spurghi della Città: cominciando dal Foro Romano, venendo dal detto Re a sua cagione fortificata in questa parte la Ripa del Tevere con più corsi di grossi peperini, con la qual'opera unita a quella dei Circo Massimo fatto dall'istesso Tarquinio, dice Tito Livio, che appena erano paragonabili le magnificenze fatte in progresso di tempo dai Romani. Locché servirà d'objezione ad alcuni de' moderni Scrittori, i quali hanno defraudato ai Romani de' primi tempi la gloria nella maestà, e solidità dell'opere. (parte II, cap. II, p. 68)
- Conviene prima di venire alla particolare descrizione del Campo Marzo, che io dimostri ove fosse, cosa fosse, e i suoi confini. Non si sa, se questo Campo fosse consagrato a Marte, o dai Tarquinj, o da Numa, o detto ancora dagli esercizj Marziali, essendovi autorità per l'una, e l'altra parte. Fu diviso in due porzioni, che si dissero Campo Marzio Maggiore, e Minore. La sua estensione, e il sito vengono circoscritti tra le sponde del Tevere, e le radici del colle Capitolino, Quirinale, e degli Ortuli; e credo, che cominciasse dalla Porta Carmentale verso il Foro Olitorio, sotto il Campidoglio, e continuasse sino al ponte Milvio. Strabone ha definito il Campo Marzo ne' suoi confini con maggior chiarezza d'ogni altro: dicendoci, che la grandezza della pianura del Campo Marzo è maravigliosa, e libera per il corso dei carri, e per tutti gli altri esercizj a cavallo, come pure capace di una gran moltitudine di gente, che vi esercitavano i giuochi della palla, del circo, e della palestra. L'opere poi fattevi per ogni parte, il terreno erboso, e verdeggiante per tutto l'anno, e le corone de' Colli sopra il Fiume sino al di lui alveo, mostrano un tal prospetto di figura scenica, che lo spettacolo ne incanta. (parte II, cap. III, pp. 77-78)
- Cominciò l'Isola Tiberina il suo nascimento per la testimonianza di Livio dai fasci di grano tolto dai campi di Tarquinio superbo, e gettato per odio nel Tevere; ivi arrestatisi insieme con le arene portatevi dal fiume formarono a poco a poco quest'Isola, ajutandola in appresso i Romani con bastioni, aggere[3], pietre quadrate, e altro. Volendo qualche tempo dopo[4] ergere ad Esculapio un Tempio per cui mandarono solenne ambasceria al suo celebre Tempio in Epidauro, ne riportarono un serpente, il quale, essendo essi nel Tevere, si fuggì, e si nascose nell'Isola. Onde pensarono ergerli un famoso Tempio nella medesima con un Ospedale per ricevervi coloro che infermi vi venivano ad effetto di risanare, e allora fortificarono l'Isola di nuove pietre quadrate, dandogli la forma di una Nave. (parte II, cap. IV, pp. 173-174)
Note
modificaBibliografia
modifica- Ridolfino Venuti, Accurata e succinta descrizione topografica delle antichità di Roma, presso Pietro Piale e Mariano de Romanis, Roma, 18243, parte I.
- Ridolfino Venuti, Accurata e succinta descrizione topografica delle antichità di Roma, presso Pietro Piale e Mariano de Romanis, Roma, 18243, parte II.
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