Rexhep Meidani

3º Presidente della Repubblica Albanese

Rexhep Qemal Meidani (1944), politico albanese.

Meidani nel 2001

Da Le frontiere della guerra

Intervista di Roberto Zichittella, Famiglia Cristiana, Anno LXIX - N. 18 - 9 maggio 1999

  • [Sulla guerra del Kosovo] Non abbiamo dichiarato guerra a nessuno e in fondo quello che sta avvenendo nei Balcani non è una guerra vera e propria fra Stati. Si tratta di un conflitto tra la dittatura e la democrazia, tra il medioevo e la civilizzazione moderna, tra il passato e il futuro.
  • Noi ci difenderemo, ma non vogliamo fare il gioco di Belgrado, che vuole solo provocarci per farci infine saltare i nervi.
  • Io non ho mai pensato o creduto a una grande Albania e nessun politico albanese sostiene questa idea. Chi ragiona in termini di "grande Albania" ha la stessa mente malata di Milosevic, che pensa alla "grande Serbia". Noi non parliamo di grandi cose, abbiamo il senso dei nostri limiti e la volontà di vivere in modo pacifico con tutti i nostri vicini.
  • Non accetteremo mai una spartizione del Kosovo perché questo significa aderire all'idea, cara a Belgrado, che possono esserci Stati etnici. Gli Stati etnici sono inaccettabili.
  • [Sulla penisola balcanica] La nostra regione è avvelenata da odi e nazionalismi che io trovo incomprensibili. Eppure ci sono stati periodi di felice convivenza. Prima del 1989 io ho insegnato e vissuto a Pristina, ricordo che c'era grande equilibrio e rispetto tra le due comunità, erano numerosi anche i matrimoni misti. Poi è prevalso l'assurdo dogma dello Stato etnico.

Da «Grazie, non solo per i container»

Intervista di Alberto Chiara, Famiglia Cristiana, Anno LXIX - N. 38 - 26 settembre 1999

  • La corruzione e la criminalità si annidano in qualsiasi Paese. Di più: penso che corruzione, crimine organizzato, terrorismo e contrabbando siano le malattie sociali per combattere le quali dovremo tutti moltiplicare i nostri sforzi nei decenni a venire, irrobustendo sì le politiche repressive, ma anche quelle di prevenzione, che passano attraverso un equilibrato sviluppo economico, un maggior rispetto dei diritti umani, una più puntuale tutela delle minoranze etniche, culturali, religiose.
  • Penso che i legami non possano che rafforzarsi sempre più: la cooperazione migliorerà la qualità di vita degli albanesi, ma al tempo stesso evidenzierà chiaramente il ruolo positivo che l'Italia ha avuto e ha per la normalizzazione della vita in Albania, per la scrittura di una Costituzione realmente democratica, per la graduale quanto costante integrazione del mio Paese nelle strutture europee e in quelle atlantiche.
  • Le normali rivalità di idee, di programmi, di uomini che rappresentano il sale della democrazia sono gestite oggi molto meglio che un tempo. La lotta alla criminalità è stata intensificata. C'è più ordine, più sicurezza. Siamo un popolo che sta maturando dal punto di vista politico e istituzionale. Molto rimane ancora da fare, ovviamente, a partire dalla necessaria riforma dell’amministrazione della giustizia, ma credo che siamo già ora un partner affidabile.

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