Raymond Franz

Scrittore statunitense, membro temporaneo del corpo direttivo dei Testimoni di Geova, successivamente critico nei confronti dei Testimoni di Geova

Raymond Victor Franz (1922 – 2010), predicatore statunitense, componente del Corpo direttivo dei Testimoni di Geova dal 1971 al 1980.

Raymond Franz

Crisi di coscienza

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Incipit

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Che ci piaccia o no, una sfida morale attende ciascuno di noi. Essa costituisce uno degli ingredienti meno ambiti della vita, dal quale non è possibile esimersi: ha il potere di arricchirci o impoverirci, di determinare la reale qualità dei nostri rapporti con coloro che ci conoscono. Tutto dipende dalla nostra risposta a una siffatta sfida; la scelta spetta a noi, e raramente è una scelta facile!

Citazioni

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  • La maggior parte di noi riesce abbastanza agevolmente ad agire in base a una buona coscienza finché le questioni in gioco sono di secondaria importanza; ma, quando cresce l'importanza delle questioni implicate, quando il prezzo da pagare diviene più elevato, allora diventa molto difficile affrontare questioni di coscienza, esporre una valutazione morale e accettarne le conseguenze. Quando il prezzo è molto elevato, può accadere di trovarci a un bivio sul piano morale e di dovere affrontare un'autentica crisi esistenziale. (pp. 13-14)
  • Ritengo che uno degli aspetti più strani della nostra epoca sia il fatto che alcune delle più severe misure per reprimere le manifestazioni della coscienza individuale siano state adottate da gruppi religiosi una volta noti per la difesa della libertà di coscienza. (p. 18)
  • A dispetto della loro intensa attività di testimonianza di casa in casa, la maggior parte delle persone sa poco sul conto dei Testimoni di Geova eccezion fatta per la loro posizione su alcune questioni di coscienza: si conosce il loro intransigente rifiuto a sottoporsi a trafusioni di sangue, la loro opposizione al saluto a qualsiasi bandiera o emblema analogo, la loro decisa obiezione al servizio militare, il loro diniego a partecipare a qualsiasi attività o incarico politici. Quelli che hanno familiarità con la casitica giudiziaria sanno che essi hanno sostenuto circa 50 processi dinanzi alla Corte Suprema degli Stati Uniti per difendere la loro libertà di coscienza e il diritto di portare il proprio messaggio a persone professanti un altro credo perfino a costo di reazioni e di considerevole opposizione. Nelle nazioni in cui sono protetti dalle libertà costituzionali, essi sono liberi di esercitare tali diritti senza ostacoli. In altri paesi essi hanno subìto severa persecuzione, arresti, imprigionamenti, maltrattamenti e percosse dalle folle, e pubblici bandi che proibivano la loro letteratura e l'attività di predicazione. Allora, come mai se oggi uno fra i loro associati esprime il proprio dissenso nei confronti delle dottrine dell'organizzazione, è pressoché sicuro che questi subisca un procedimento giudiziario e, a meno che non sia disposto a ritrattare, è passabile di disassociazione? Come possono, coloro che partecipano a questi procedimenti, spiegare l'evidente contraddizione insita in questa posizione? Parallela a questa è la questione di definire se la sopportazione di dure persecuzioni e di maltrattamenti fisici per mano di oppositori sia, di per sé, necessariamente la prova di una fede nell'importanza vitale della coscienza, oppure se possa essere semplicemente il risultato di un'adesione alla dottrina e alla prassi di un'organizzazione, la violazione delle quali comporta notoriamente una severa azione disciplinare. (pp. 20-21)
  • Mentre visitavo le congregazioni della zona di San Diego, California, trascorsi 5 notti a «Beth Sarim», che significa «Casa dei Principi»: un ampio edificio costruito dalla Società che, si diceva, era stato «tenuto in custodia» per i fedeli uomini dell'antichità, da Abele in poi, i quali se ne sarebbero serviti dopo la loro risurrezione. Il Giudice Rutherford, che aveva avuto diversi problemi a un polmone, vi trascorse tutti gli inverni finché visse. Ricordo che quel luogo mi trasmise quasi un senso di irrealtà: San Diego era una bella città, la casa era elegante, una residenza molto signorile. Però non riuscivo a capire perché gli uomini, dei quali avevo letto nella Bibbia, dovessero sentirsi attratti dal vivere in quel luogo; c'era qualcosa che non quadrava. (p. 34)
  • La principale dottrina dei Testimoni di Geova è che la profezia biblica additi l'anno 1914 come la fine dei «tempi dei Gentili» di Luca 21:24 e che in quell'anno Cristo Gesù abbia assunto il potere regale e abbia iniziato a governare in maniera invisibile. I riferimenti ad un periodo di «sette tempi» in Daniele cap. 4 costituirebbero la base dei calcoli che portano a quella data e, mediante altri testi, questi «sette tempi» si trasformerebbero in un periodo di 2.520 anni, iniziatisì nel 607 a.E.V., fu scelto come l'anno della distruzione di Gerusalemme per mano del conquistatore babilonese Nabucodonosor. Sapevo che la data del 607 a.E.V. appariva una peculiarità delle nostre pubblicazioni, ma non ne conoscevo veramente il motivo. [...] Non trovammo proprio niente a sostegno del 607 a.E.V. Tutti gli storici additavano una data posteriore di 20 anni. [...] Sebbene considerassi questo fatto inquietante, ero disposto a credere che la nostra cronologia fosse corretta malgrado tutta l'evidenza contraria. (pp. 47-48)
  • La verità è che perfino tra i Testimoni di Geova pochissimi hanno un'idea precisa sul modo in cui funziona il centro dell'organizzazione. Essi non sanno come si prendono le decisioni su questioni dottrinali, né sanno come il Corpo Direttivo, che dirige tutta l'opera mondiale, porti avanti le sue discussioni, se le decisioni siano conformamente unanimi o cosa accada qualora sorgano dissensi. Tutto questo è coperto dalla riservatezza in cui si svolgono le sessioni a porte chiuse del Corpo Direttivo. Riesco a ricordare solo due o tre occasioni, nei miei nove anni di appartenenza a quel Corpo, in cui fu concesso a persone diverse dai Membri ufficiali di presenziare ad una ordinaria riunione del Corpo; e in quelle occasioni la loro presenza fu limitata alla semplice presentazione di rapporti, richiesti dal Corpo Direttivo, dopo di che essi furono congedati per consentire al Corpo Direttivo di deliberare in privato: l'importanza delle loro relazioni non li autorizzava evidentemente a partecipare alla discussione. Inoltre, nessuna specifica e dettagliata informazione viene mai fornita ai Testimoni riguardo alle entrate e alle uscite o al patrimonio e agli investimenti della Società (sebbene annualmente un breve resoconto delle spese sia riportato negli Annuari). In tal modo, diversi elementi, che in genere sono di pubblico dominio in molte organizzazioni religiose, sono noti solo vagamente, se lo sono, alla stragrande maggioranza dei Testimoni di Geova. Eppure le decisioni prese dal piccolo gruppo di uomini che formano il Corpo possono riguardare, e accade spesso, la vita dei Testimoni negli aspetti più intimi e si ritiene che esse vengano pienamente eseguite. (pp. 50-51)
  • Precisiamo subito cosa sia il Corpo Direttivo: i Testimoni di Geova credono che Cristo Gesù, in qualità di Capo della congregazione, la nutra e la governi mediante la classe dello «schiavo fedele e discreto». Attualmente questa classe è composta dal rimanente delle 144.000 persone unte come eredi del celeste regno di Cristo. Ma all'interno di questa classe c'è un piccolo numero di uomini che ricopre il ruolo di Corpo Direttivo e svolge tutte le funzioni amministrative per conto di tutta la congregazione, non solo per conto degli attuali 9.500 «unti» dai quali questi uomini sono scelti, ma anche in vece degli oltre due milioni di persone associate che non nutrono la speranza di un'eredità celeste. (p. 65)
  • L'idea che la disassociazione tronchi i legami con l'unica organizzazione nella quale è possibile trovare la salvezza, e con gli amici e i parenti, esercita una notevole pressione sugli individui affinché si conformino, non importa quanto sia problematica la confessione (o la relazione) agli anziani. (p. 70)
  • [Su Charles Taze Russell] Poiché si considerava «portavoce di Dio» e suo agente per la rivelazione della verità, è comprensibile che non vedesse la necessità di un corpo direttivo. (p. 85)
  • [Su Joseph Franklin Rutherford] All'inizio della sua presidenza, quattro dei sette Direttori (la maggioranza) si opposero a quella che sembrò loro un'azione arbitraria compiuta dal presidente: Rutherford non riconosceva il Consiglio di Amministrazione e non cooperava con esso, come un corpo unico, ma agiva da solo prendendo iniziative ed informando gli Amministratori solo in un secondo momento di ciò che egli aveva deciso di fare. Essi ritenevano che questa condotta non fosse in armonia con ciò che il Pastore Russell, il «servitore fedele e prudente», aveva stabilito come modello da attuare. L'aver manifestato questa obiezione portò alla loro rapida defenestrazione. (p. 86)
  • Il «Giudice» (Rutherford), verso la fine della sua presidenza, stabilì, come regola fissa, che la rivista Watch Tower contenesse solo articoli che dessero enfasi alla profezia o all'attività di predicazione. Per questo motivo, per alcuni anni, articoli relativi a soggetti come amore, benevolenza, misericordia, sopportazione e altre simili qualità non apparvero nella rivista. (p. 92)
  • Il fatto è che, fin dall'inizio dell'organizzazione, è prevalso un ordinamento monarchico (nel senso etimologico greco del termine «monarca», che significa «uno che governa da solo» o, come attestano i dizionari, «chi ricopre una posizione preminente di potere»). Che il primo presidente [Charles Taze Russell] sia stato benigno, che il successore [Joseph Franklin Rutherford] sia stato austero e dispotico e che il terzo [Nathan Homer Knorr] si sia mostrato molto simile ad un uomo d'affari, tutto ciò non altera in alcun modo il fatto che ognuno dei tre presidenti ha esercitato un'autorità monarchica. (p. 100)
  • Il presidente Knorr asserì esplicitamente di ritenere che era in atto un tentativo di «annullare» le sue responsabilità e il suo lavoro. Egli mise in risalto che il Corpo Direttivo doveva preoccuparsi esclusivamente di «questioni spirituali» e che la società avrebbe badato al resto. Ma, come i membri del Corpo sapevano bene, le «questioni spirituali» assegnate loro in quel tempo consistevano quasi esclusivamente nell'approvazione, quasi rituale, delle nomine di persone, per lo più sconosciute, all'incarico di sorvegliante viaggiante e nell'esame del costante afflusso di domande su «problemi inerenti alla disassociazione». In certi momenti della discussione espressi la convinzione che altri argomenti di natura spirituale dovessero parimenti implicare la responsabilità del Corpo. (Non riuscivo ad armonizzare la disposizione monarchica esistente con le affermazioni di Gesù: «Voi siete tutti fratelli» e «uno è il vostro Condottiero, il Cristo»; e ancora: «i governanti delle nazioni le signoreggiano e i grandi esercitano autorità sopra di esse», ma «non sarà così fra voi». [...])
    Comunque, ogni volta che facevo queste osservazioni, il presidente mostrava di recepirle come un affronto personale. (pp. 108-109)
  • In sostanza Knorr era una persona affabile, spesso affettuosa. Quando non vestiva «i panni» del presidente e non agiva in quel ruolo, posso sinceramente affermare di essermi rallegrato della sua compagnia. Tuttavia, il suo incarico, come spesso accade in queste circostanze, impedì generalmente che questo aspetto del suo carattere fosse manifesto (e certamente a motivo della sua convinzione che l'incarico che ricopriva gli fosse stato assegnato per volontà divina) egli fu incline a reagire molto bruscamente e vigorosamente a qualsiasi accenno di violazione della sua autorità presidenziale. (pp. 118-119)
  • Fred Franz aveva un'oratoria inimitabile, spesso drammatica (perfino melodrammatica). (p. 120)
  • Né il Giudice Rutherford né, inizialmente, Nathan Knorr ritenevano che l'appartenenza agli «unti» fosse essenziale per dirigere l'opera mondiale. (p. 131)
  • [Sul ruolo del presidente della Watchtower Society dopo la morte di Nathan Homer Knorr] L'incarico di presidente, sebbene comportasse ancora un certo grado di prestigio e preminenza, non costituiva più il fondamento di un potere mondiale, com'era stato in precedenza. Poche persone estranee al Corpo avrebbero potuto valutare in pieno la portata di un cambiamento così drastico.
    Se il presidente aveva, senza dubbio, goduto di un potere di portata papale, sebbene privo degli ornamenti e della pompa del papato, i sorveglianti di filiale avevano esercitato un'autorità analoga a quella degli arcivescovi, essendo ciascuno di loro «il ministro che presiede alla cristianità nell'ambito del territorio del quale è stato messo a capo». (p. 141)
  • Si può paragonare il Corpo Direttivo (e nella mia mente l'ho fatto spesso) a un gruppo di uomini addossati ad una parete di fronte a persone che lanciano loro delle palle affinché le acchiappino e gliele rilancino. Le palle arrivano così spesso ed in un numero così elevato che resta poco tempo per altre cose. Di fatti, sembrava che ogni decisione presa e resa nota comportasse solo ulteriori domande, provenienti da altre parti, il che ci lasciava poco tempo per una meditazione veramente costruttiva, positiva, per lo studio, per la discussione e l'azione. Per anni ho partecipato a moltissime sessioni, durante le quali si discussero questioni che riguardavano seriamente la vita delle persone, eppure la Bibbia non comparve mai tra le mani né alcuno dei partecipanti vi fece mai cenno. (p. 146)
  • Per la maggior parte i membri del Corpo non erano molto versati nell'esegesi scritturistica. Era mancato infatti loro il tempo di dedicarsi allo studio dei testi perché molto presto erano stati impiegati nell'«occupazione» secolare. Nel mio caso specifico, fino al 1965 avevo svolto un'attività così opprimente da avere poco tempo per uno studio veramente accurato; tuttavia, ritengo che il problema sia ancora più complesso. Ritengo che l'opinione corrente fosse che uno studio ed una ricerca del genere non erano veramente essenziali e che le direttive e gli insegnamenti dell'organizzazione – sviluppatisi nell'arco di molti decenni – erano una guida attendibile di per sé, sicché, qualsiasi mozione fosse stata esposta al Corpo, purché adeguatamente conforme alla direttiva e all'insegnamento tradizionali, sarebbe stata esatta. (p. 148)
  • [Sul massacro di Testimoni di Geova in Malawi negli anni sessanta] Qual era la causa che scatenava questi rigurgiti di violenza? Il rifiuto da parte dei Testimoni di acquistare la tessera del partito politico che deteneva il potere. [...] I Testimoni di Geova, che ne fecero richiesta, furono informati dalla filiale della Società che l'acquisto della tessera del partito avrebbe comportato la violazione della loro neutralità cristiana, sarebbe stato un compromesso, quindi, un atto di infedeltà a Dio. [...] La stragrande maggioranza dei Testimoni del Malawi si adeguò a questa posizione anche se pagò un terribile prezzo.
    Le brutalità commesse su persone infifese nel Malawi non potranno mai essere giustificate; non ho alcun dubbio in proposito. [...] Tuttavia, nutro un serio dubbio riguarda alla legittimità della posizione assunta dalla filiale e sostenuta dal quartier generale centrale di Brooklyn. (p. 170)
  • [Sul massacro di Testimoni di Geova in Malawi negli anni sessanta] Nello spiegare i motivi per i quali i Testimoni di Geova avevano preso così sul serio la questione dell'acquisto della tessera del partito, esposi delle informazioni che erano già state pubblicate in precedenza, tracciando un parallelo tra la posizione dei Testimoni e quella dei cristiani dei primi secoli, che si erano rifiutati di offrire un pizzico d'incens su un altare come sacrificio al «genio» dell'imperatore romano. Nel far ciò provai un senso di incertezza: il parallelo era completamente corretto? Non c'era alcun dubbio sul fatto che l'offerta dell'incenso sull'altare fosse considerato come un atto di adorazione; ma l'acquisto di una tessera di partito era, di per sé, paragonabile a un atto di adorazione? In realtà, non riuscivo a trovare argomenti validi che sostenessero questo punto di vista. (p. 171)
  • [Sul massacro di Testimoni di Geova in Malawi negli anni sessanta] Il particolare che mi fece seriamente meditare sulla situazione creatasi in Malawi fu che esso era, ed è tuttora, uno stato monopartitico: il Partito del Congresso del Malawi è il partito che governa il paese, e nessun altro partito viene riconosciuto. Pertanto, de facto, esso corrisponde al governo stesso, all'«autorità sovrana». Se una persona poteva conservare la cittadinanza, cioè l'appartenenza alla comunità politica nazionale, senza violare l'integrità verso Dio, quale evidenza c'era che, per mostrare sottomissione all'insistenza del governo (espressa a partire dallo stesso capo di stato in giù), l'acquisto, da parte di tutti, di una tessera del partito al potere avrebbe costituito, di per sé, una violazione dell'integrità verso Dio? Mi chiedevo allora, e lo faccio ancor'oggi, quanto grande sia la differenza. (p. 173)
  • [Sul massacro di Testimoni di Geova in Malawi negli anni sessanta] Alla fine, di una cosa fui certo: avrei voluto essere molto sicuro che la posizione assunta fosse solidamente basata sulla Parola di Dio e non su semplici ragionamenti umani, prima di assumerla o di pubblicizzarla, specialmente in considerazione delle gravi conseguenze che avrebbe provocato. Non ero più convinto che le Scritture fornissero un sostegno chiaro ed inequivocabile alla direttiva sancita nel caso della situazione creatasi in Malawi. Potevo capire che uno potesse sentirsi spinto dalla sua coscienza al rifiuto di acquistare la tessera e, in questo caso, egli doveva rifiutarsi, in armonia con il consiglio dell'apostolo in Romani 14:1-3,23; ma non riuscivo a spiegarmi perché si doveva imporre la valutazione della coscienza di uno su quella di altri riguardo a questo problema, né perché si doveva imporre la valutazione della coscienza di uno su quella di altri riguardo a questo problema, né perché questa posizione doveva essere presentata come una rigida norma alla quale altri dovevano sottoporsi, specialmente in considerazione dello scarso sostegno offerto dalla Scrittura e dai fatti. (pp. 174-175)
  • In Malawi i Testimoni, determinati a sostenere la posizione dell'organizzazione secondo la quale l'acquisto di una tessera di partito corrispondeva ad un tradimento dal punto di vista morale, venivano maltrattati e torturati, le donne erano violentate, case e campi distrutti e intere famiglie fuggivano in altre nazioni. Contemporaneamente, in Messico, i Testimoni corrompevano degli impiegati militari per ottenere un certificato attestante, falsamente, che essi avevano assolto i propri obblighi di leva, e, se si rivolgevano alla filiale, il personale applicava le indicazioni della Società e non diceva nulla che potesse indicare che quella pratica non aveva il sostegno delle norme dell'organizzazione o dei princìpi della Parola di Dio. (pp. 184-185)
  • I Testimoni in Malawi rischiavano vita e salute, case e terre, per aderire alla posizione assunta dall'organizzazione nel loro paese. In Messico non esisteva un così alto rischio, eppure fu adottata una politica della massima tolleranza: lì i Testimoni potevano appartenere alla prima riserva dell'esercito e, tuttavia, essere sorveglianti di circoscrizione o di distretto, membri della famiglia Betel! (pp. 188-189)
  • [Sulle ripetute profezie non avverate] Una cosa è che un uomo faccia la figura di un asino perché desidera vedere che accada qualcosa, tutt'altra cosa è che costui induca altri a condividere le sue opinioni e li critichi se non lo fanno, perfino metta in dubbio la loro fede o metta in dubbio i loro sentimenti se essi non vedono la questione dal suo stesso punto di vista.
    È ancora più grave che ad agire così sia un'organizzazione che si presenta come il portavoce prescelto di Dio per tutta l'umanità, e che lo faccia non per qualche giorno o per pochi mesi, ma per anni, addirittura per decenni, ripetutamente, su scala mondiale. Ovviamente, non ci si può scrollare di dosso la responsabilità delle conseguenze semplicemente dicendo: «Beh, nessuno è perfetto». (p. 205)
  • Oggi, i più di due milioni di Testimoni di Geova credono ed insegnano che l'invisibile presenza di Cristo sia iniziata nel 1914. Pochissimi sanno che per circa cinquant'anni la Società Torre di Guardia annunciò e sbandierò, nel suo ruolo di profeta, che questa invisibile presenza era cominciata nel 1874; almeno fino al 1929, quindici anni dopo il 1914, essa continuò ad insegnare questo messaggio. (pp. 217-218)
  • Il fatto che non sia cambiato proprio nulla dal 1914 per quanto riguarda il dominio dei governi terreni del mondo non pare abbia qualche importanza. La loro «gestione» del potere è scaduta, si afferma ora, poiché è stata invisibilmente annullata dall'invisibile Re, pertanto è giunta la «fine» dei loro tempi stabiliti.
    Tutto questo si può paragonare ad una proclamazione fatta per quarant'anni in base alla quale, a una data prestabilita, l'indesiderato occupante di una proprietà dovrà essere definitivamente espulso, allontanato per sempre; poi, una volta che quella data è giunta e passata senza effetti giustifica questo fatto dicendo: «Beh, ho annullato il suo contratto e, per quanto mi riguarda, ciò equivale a come se egli se ne fosse realmente andato; per giunta, sto facendo molta più attenzione alla questione, ora». (pp. 233-234)
  • Charles Taze Russell, che si era definito il «portavoce di Dio», morì nel 1916. Lasciò un'eredità di profezie relative al tempo, nessuna delle quali si era adempiuta; lasciò, di conseguenza, migliaia di seguaci confusi. (p. 239)
  • I fallimenti delle attese, derivanti dalle precedenti profezie relative al tempo, venivano tutti addebitati sul conto del Signore, come se avesse formulato lui le date o egli stesso le avesse usate: «certamente, progettate dal Signore per incoraggiare il suo popolo». Non si trovava nulla di strano in questo concetto che Dio e Cristo userebbero la falsità come mezzo per incoraggiare i loro adoratori. Eppure, nella Scrittura leggiamo che «Dio è luce e che unitamente a lui non vi sono tenebre». L'idea che Dio o suo Figlio usino l'errore nel guidare i cristiani è estranea alla Scrittura. Evidentemente, si tratta di un tentativo di porre il dubbioso sulla difensiva, di inquadrarlo nel ruolo di un lamentatore contro Dio. (p. 261)
  • [Sulla mancata fine del mondo nel 1975] Alcuni liquidarono i propri affari, lasciarono il lavoro, vendettero case e fattorie e si trasferirono in altre zone per "servire dove il bisogno era maggiore" con moglie e figli, ritenendo di avere fondi a sufficienza per arrivare fino al 1975. Altri, incluse alcune persone anziane, incassarono le polizze di assicurazione o altri titoli di valore; qualcuno rinviò operazioni chirurgiche nella speranza che l'inizio del millennio avrebbe eliminato la necessità di sottoporsi ad esse.
    Quando passò il 1975 e i fondi si esaurirono o la salute peggiorò seriamente, dovettero cercare di far fronte alla dura realtà e ricostruire come meglio potevano. (p. 285)
  • Cerco con tutto il cuore e la mente di comprendere i sentimenti di tutte queste persone, inclusi quelli del Corpo Direttivo. In base alla mia esperienza tra loro, ritengo che essi sono, in effetti, prigionieri di un concetto. Il concetto o immagine mentale che essi hanno dell'«organizzazione» sembra quasi che assuma una propria corporeità, sicché lo stesso concetto li controlla, li stimola o li frena, plasmando il loro pensiero, le loro attitudini, i loro giudizi. Non credo che molti di loro assumerebbero la posizione che attualmente assumono, se riflettessero in termini di Dio e Cristo, la Bibbia e gli interessi, non di un'organizzazione, ma dei loro fratelli cristiani, il loro prossimo. Invece, l'adozione dell'attuale concetto di «organizzazione» altera radicalmente il loro modo di pensare e le loro opinioni, diventa in effetti la forza dominante, che esercita il controllo. (p. 412)
  • Un uomo può essere membro di quel Corpo, che detiene poteri ed autorità virtualmente illimitati, e tuttavia può non provare un vivo senso di responsabilità personale per quanto fa il Corpo, per i danni o le informazioni errate e conseguenti direttive sbagliate che ne derivano. «È stata l'organizzazione che ha fatto ciò, non noi», questo sembra essere il ragionamento. Inoltre, per il fatto che si ritiene che «l'organizzazione» sia lo strumento scelto da Dio, la responsabilità viene trasferita su Dio: è stata Sua volontà, anche se poi si scopre che quella determinata decisione o quella dottrina perentoria è erronea e viene modificata. Molti fratelli possono essere stati disassociati o danneggiati in altri modi in base a decisioni sbagliate, ma i singoli membri del Corpo Direttivo ritengono d'esser esenti da responsabilità personali: qualsiasi pasticcio sia stato combinato, Dio rimetterà le cose a posto per il bene dell'«organizzazione». (pp. 413-414)
  • I metodi normalmente adottati dai comitati giudiziari composti da anziani Testimoni sarebbero considerati indegni di qualsiasi sistema giudiziario di una nazione illuminata. Lo stesso rifiuto di fornire informazioni d'importanza fondamentale (come i nomi dei testimoni d'accusa), l'uso di informatori anonimi ed altre tattiche analoghe [...] come praticate durante l'Inquisizione, sono state adoperate con molta frequenza da questi uomini nel trattare con coloro che non erano in completo accordo con il «canale», «l'organizzazione». (p. 453)
  • Di fronte a circa quattro miliardi di abitanti della terra e alle tante generazioni del passato, che Dio solo conosce, la vita di un uomo è soltanto una minuscola parte del tutto. Siamo minuscole gocce in un fiume molto grande. Eppure il Cristianesimo c'insegna che, per quanto piccoli ed inconsistenti possiamo essere, ciascuno di noi può contribuire al bene altrui in un modo straordinariamente grande rispetto alla nostra piccolezza. (pp. 485-486)
  • Ciò che particolarmente caratterizza le loro dottrine rispetto a quelle di qualsiasi altra denominazione è la dottrina chiave incentrata sul 1914 come data in cui è iniziato l'attivo dominio di Cristo, è cominciato il suo giudizio e, soprattutto, è avvenuta la sua scelta dell'organizzazione della Torre di Guardia come suo canale ufficiale, avendo egli assegnato il pieno controllo di tutti i propri interessi terreni alla «classe dello schiavo fedele e discreto» e, di fatto, concesso l'autorità suprema al suo gruppo dirigente. Qualsiasi allontanamento da questa dottrina-chiave intaccherebbe l'intera struttura dottrinale e la renderebbe molto inverosimile e molto difficile da spiegare. (p. 495)

Bibliografia

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  • Raymond Franz, Crisi di coscienza, Edizioni Dehoniane, 1996, ISBN 8839600183

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