Preben Elkjær Larsen

allenatore di calcio e calciatore danese
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Preben Elkjær Larsen (1957 – vivente), ex calciatore danese.

Preben Elkjær Larsen (2011)

Citazioni di Preben Elkjær Larsen modifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • In Danimarca è possibile usare tanto il cognome del padre quanto quello della madre: e siccome Larsen, dalle mie parti, è un po' come Rossi in Italia, ho scelto Elkjaer.[1]

Toro scatenato

Intervista di Marco Morelli, Guerin Sportivo nº 28 (497), 11-17 luglio 1984, pp. 26-29.

  • Fortunatamente mi trasformo col pallone tra i piedi. Non è vero che si nasce grandi calciatori. Quando ho iniziato, in partita non sapevo né leggere né scrivere. Spedivo cannonate sull'autostrada; non centravo mai lo specchio della porta. Credo di aver fatto disperare il primo allenatore con cui sono capitato. Poi d'improvviso, ho aggiustato la mira, un miracolo...
  • [...] Weisweiler, buona pace all'anima sua, è stato il mio più prezioso implacabile torturatore. Abbiamo litigato spesso: non ero abituato alla disciplina, ai sistemi che voleva imporre. Ascolta questa: una volta gli spifferano d'avermi sorpreso al night alle ore piccole con la solita bionda accanto e davanti ad una bottiglia di whisky completamente vuota. Weisweiler mi chiama a rapporto, è furibondo. Dice: Ho saputo che la scorsa notte hai bevuto whisky come una spugna. No, neghi? Candidamente replico: mister non è vero niente: era vodka, non whisky...
  • [Su Michel Platini] Vendesse cappelli nascerebbe la gente con due teste.
  • La Francia è diventata Campione d'Europa secondo copione. Sì, ha meritato, ma ha usufruito contemporaneamente di piccoli aiuti. Si voleva che chi andasse in finale a contenderle il titolo fosse comunque decimato dalle squalifiche.

Gol scalzo e sigarette, i ricordi di Elkjaer "Il bello del calcio"

Intervista di Angelo Carotenuto, repubblica.it, 11 maggio 2015.

  • Avevo già 28 anni. [...] Non è che io all'epoca sapessi molto dell'Italia, e nemmeno di Verona. Fu mia moglie a spingere. Disse: andiamo subito. Credo che tanta convinzione avesse a che fare con Giulietta e Romeo. [«Eravate sposati da poco?»] Macché. Da sei anni. E sei anni di matrimonio mi parevano già tantissimi. Presi informazioni da Miki Laudrup. [...] Era certo che mi sarei trovato bene, disse che il Verona aveva buoni giocatori e che con me ci saremmo piazzati quarti o quinti. [«Il primo giorno?»] Lo passai a fare le visite e a cercare casa. Ero con Briegel. Quando arrivammo al lago di Garda, mia moglie disse: ho deciso, noi viviamo qua. La casa al lago ce l'abbiamo ancora, ci vengo due o tre volte all'anno. Non ho mai accettato altre proposte da squadre italiane [...] perché sentivo che avrei mancato di rispetto ai veronesi.
  • [«Cos'era lo scudetto per voi, all'inizio del campionato?»] Una parola. Una cosa lontana. Ci sentivamo forti, ma eravamo convinti che per lo scudetto servisse qualcosa di più. Avevate il campionato più bello del mondo. Io volevo accertarmi d'essere all'altezza, ma non ho mai avuto paura. Sarei stato felice anche di arrivare quarto.
  • [«Lei passava per un tipo ribelle. Il whisky, le donne. Come fu l'impatto con il rigoroso Bagnoli?»] Mi chiamavano cavallo pazzo, un danese napoletano. Ma noi danesi siamo così. Gente tranquilla a cui piace scherzare. Io ero solo più danese di altri. Mia moglie non ha mai avuto motivo di essere gelosa. Capivi subito chi era Bagnoli e cosa voleva. Un duro gentiluomo, un uomo onesto che ti chiedeva di lavorare. [...] Ci siamo sempre capiti guardandoci.
  • [...] la cosa che contava di più era fare gol. Scoprii che in Italia contava pure vestire bene. Ogni tanto mi accompagnavano a fare spese. Ma Briegel era peggio di me. Aveva sempre la stessa tuta.
  • [«Che cosa le ha lasciato Verona?»] Mio figlio Max. [...] È nato a Verona. Ogni volta che lo guardo, penso a voi. [...] In questi anni, quando capitava di avere idee differenti, mi diceva: Papà, cosa vuoi farci, io sono italiano. È stata una bella avventura. Qualche volta la sera, quando chiudo gli occhi, vedo Verona.

Citazioni non datate modifica

  • E ancora adesso, quando sono a Verona e mi incontrano per strada, mi dicono semplicemente "Ciao Elkjaer" e io sono contento. Perché so che non mi hanno dimenticato. [...] Perché quando hai modo di conoscere ed apprezzare chi soffre con te alla domenica e partecipa alle tue gioie e ai tuoi dolori pur non essendo in campo, ti ci affezioni. Almeno io sono fatto così. E per questo motivo, per rispetto nei confronti chi mi ha amato e osannato fino ad invocarmi come sindaco di Verona, non ho accettato di vestire altre maglie di società italiane. Il loro rispetto meritava il mio rispetto...[2]
  • Non ho il rimpianto della "grande squadra". Il Verona, quel Verona, era davvero la più forte di tutte.[3]

Note modifica

  1. Dall'intervista di Stefano Germano, Vikingol, Guerin Sportivo nº 26 (495), 27 giugno – 3 luglio 1984, pp. 22-23.
  2. Citato in Antonio Spadaccino, Storie in gialloblu. Verona, Chievo e Scaligera Basket raccontati dai protagonisti, Associati Media; disponibile in primoluglio2004.it.
  3. Citato dall'Hellas Verona FC in un post sul profilo ufficiale twitter.com, 11 settembre 2018.

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