Pippo Rizzo

pittore italiano

Pippo Rizzo (1897 – 1964), pittore e scultore italiano.

Pippo Rizzo, Parata di Carabinieri, 1958

Citazioni di Pippo Rizzo

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  • A Palermo non mancano artisti modernissimi, non mancano gli ingegni che potrebbero dare un buon incremento artistico e lustro alla Sicilia, mancano piuttosto i contatti diretti con i centri e i critici più importanti d'Italia, manca un indirizzo unico; gli artisti si disperdono, mancano i mecenati del cervello, manca l'interessamento sincero da parte di coloro che innalzano o distruggono per vecchi rancori personali e che vorrebbero soffocare nel silenzio o nell'indifferentismo gli artisti dai quali si potrebbe sperare.[1]
  • Da Palermo sorge il grido ribelle dei giovani artisti, i quali si fanno iniziatori di un movimento che deve valorizzare le giovani energie del nostro paese e si costituisce un gruppo artistico siciliano. Fino a ieri il senso dell'apatia ha dominato in questa Palermo schiava della sistematica e vecchia lotta dei vecchi contro i giovani, lotta ingiustificata, irragionata, tradizionale. Noi romperemo la tradizione, noi lotteremo contro coloro che vorranno ostruire la via tracciata e costituendo questo gruppo d'avanguardia sosterremo la lotta con tutti i mezzi.[2]
  • «Il futurismo chi l'ha capito l'ha capito e chi non l'ha capito non lo capirà più». Parole pronunziate da F.T. Marinetti a Roma in uno dei suoi più celebri discorsi. Con ciò intendeva dire che non tutti sono nella possibilità di capire il futurismo ma per comprendere il suo spirito novatore occorre una spiccatissima sensibilità, una larghezza di vedute illimitata, una vera comprensione per la vita moderna.[3]
  • Io ho sentito la Sicilia vibrante di colore e di luce.[4]
  • La pittura futurista non è accademica, non è schiava dei preconcetti artistici a misure stabilite. Il grosso pubblico finora indifferente od ostile, dovrà convincersi della sincerità della nostra arte, la più moderna fra tutte. Gli attuali primitivi copiano i primitivi, i neo-classici intendono di rifare i classici, i naturalisti pretendono di copiare la natura. Nessuno di questi gruppi ha raggiunto ancora la modernità e l'originalità del futurismo, ma restano di gran lunga inferiori al futurismo che trionfa in tutte le sue manifestazioni.[5]
  • Noi lasciamo opere piene di giovinezza irrequieta che produce la gioia negli occhi e uno strano marchio nel cuore, un marchio nuovo, sconosciuto fino ad oggi. Questo è il Futurismo![6]
  • Se il pittore dovrà rappresentare attraverso l'arte lo spirito, l'anima della sua terra, il Guttuso sarà fra questi poiché la Sicilia ha mille volti e mille anime che danno fascino alle cose e agli uomini, e non si dovrà più pensare alla visione esteriore delle coste e dei monti in una data ora del giorno e con una data luce. Bisognerà scendere nell'anima di questa terra contrastante e drammatica per comprenderne tutto il fascino che da essa emana. Ma per svelarne gli intimi segreti occorrerà porsi davanti alla natura con animo fresco e rinnovellato per sentire in pieno le armonie nascoste che possiede questa grande terra spiritica e trascendentale, centro di miti e leggende e che si distacca nettamente dalle altre nello spirito e nella sostanza. Quando si sarà compreso il valore della Sicilia attraverso alcune opere e segni lasciateci nel passato come i ritratti di Antonello e le metope di Selinunte, si comprenderà meglio lo spirito della nuova pittura e scultura siciliana.[7]
  1. Citato in Manifesto del Gruppo artistico di Palermo, Il Popolo di Sicilia, Palermo, 1-14 maggio 1927.
  2. Citato in Pippo Rizzo a Ugo Ojetti, La Gazzetta, Messina, 2 giugno 1928.
  3. Citato in Ascesa luminosa della plastica futurista (Risposta a Giovanni Filipponi), Giornale di Sicilia, Palermo, 4-5 aprile 1927.
  4. Citato in Vilma Torselli, Pippo Rizzo, "Ritorno", Artonweb, 19 maggio 2007.
  5. Citato in Introduzione al catalogo della Mostra d’Arte Futurista Nazionale, Palermo 1927, Catalogo della Mostra d'Arte Futurista Nazionale, Palermo, 1927.
  6. Citato in Futurismo, Arte Nova, Palermo, settembre 1926.
  7. Citato in Renato Guttuso, La Centrale, Bagheria, febbraio 1937.

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