Pier Dionigi Pinelli
politico italiano (1804-1852)
Pier Dionigi Pinelli (1804 – 1852), politico italiano
Citazioni di Pier Dionigi Pinelli
modificaCitazioni in ordine temporale.
- [Dopo l'esito infausto della prima guerra d'indipendenza] Poiché le armi non ci hanno servito, conviene rivolgerci alle astuzie diplomatiche; e poiché Francia si mostrò tanto fredda pel nostro interesse, non mi spiacerebbe di farle pagare la pena aumentando l'influenza dell'Austria in Italia, o, quanto meno, con questo timore forzarla a porci in grado di meglio sostenere la nostra propria preponderanza nella penisola.[1]
- Io ho sempre tenuto che l'Italia è naturalmente e materialmente più stretta alleata colla Germania che non colla Francia. Se l'Austria è forzata ad ammettere nel suo paese il principio costituzionale, è tolto quell'impaccio che esisteva prima a cotale alleanza: non trovo ragionevole antipatia pei tedeschi più che pei francesi.[1]
- Le cose all'interno [del Regno di Sardegna] sono pressoché desolanti. L'insurrezione di Genova può dare un tracollo al partito repubblicano; il governo accorderebbe amnistia, eccettuando pochi capi, ma la canaglia colà veramente è tanta che temo che non vorrà arrendersi ad alcun partito e converrà pigliare la città a viva forza. Io mi acquisterò il nome di bombardatore; pazienza. Sono risoluto anche alla ruina completa del mio nome per salvare la patria.[1]
- [Riferendosi alle idee mazziniane] Il tempo portò calma alle passioni ed a quella agitazione che, speranze deluse e sventure imprevedute e quasi incredibili avevano gettato nell'animo di tutti; e serbata la libertà delle opinioni qui in quest'aula fra noi, rappresentanti della nazione, non trovano eco gli estremi che osteggiano alla forma del nostro Governo. Esclude gli uni il giuramento di fedeltà al Re che abbiamo prestato, esclude gli altri il giuramento di fedeltà allo Statuto; esclude e gli uni e gli altri il solenne mandato degli elettori che, accorrendo con istraordinario concorso all'invito del Re, mostrarono volere e monarchia e Statuto. [...] Conservazione che non esclude il progresso, che non ricusa la riforma degli abusi, ma che inerendo al dettato che il nuovo s'innesta all'antico, che prima di distruggere conviene edificare, tenta il terreno prima di muovere il passo.[2]
Citazioni su Pier Dionigi Pinelli
modifica- Singolari sono le convenienze del Bozzelli col Pinelli, e vogliono essere brevemente avvertite. Entrambi sostituirono la politica casalinga alla nazionale e sviarono il Risorgimento dalla sua meta. Entrambi furono contrari al regno dell'alta Italia, alla guerra patria, all'autonomia comune, e parteggiarono senza infinta col Russo e coll'Austria. Entrambi peccarono per ambizione, ignoranza e arrogante pertinacia, adoperarono arti gesuitiche ed indegne, abusarono la fiducia dei loro principali amici, e in premio della tradita Italia ebbero i favori di corte, mentre i loro intrinseci che volean salvarla sono in carcere o in esilio. Entrambi in fine immolarono la nazione a beneficio della loro provincia, e credettero di assodare in essa il principato e gli ordini liberi, dove che debilitarono l'uno e gli altri, e già il primo ne vede gli effetti. Il piemontese nocque all'Italia più ancora del napoletano, sia per la qualità del paese a cui l'egemonia spettava, sia pel maggiore eccesso di zelo municipale; quando il Bozzelli ebbe l'animo alla lega almeno per un istante, ma il Pinelli la ripudiò due volte e ruppe le pratiche già avviate per introdurla. Il solo punto in cui il subalpino sovrasti pel bene si è l'amore dello statuto, cui il regnicola lasciava miseramente perire. Laddove il Pinelli è devoto agli ordini costituzionali, e se avessero corso qualche rischio sarebbe stato caldo a difenderli. (Vincenzo Gioberti)
Note
modifica- ↑ a b c Da una lettera a Vincenzo Gioberti, 9 aprile 1849, ripr. in Vincenzo Gioberti, Carteggi, a cura di V. Cian, Roma 1935, vol. I, pp. 168-169; citato in Denis Mack Smith, Il Risorgimento italiano. Storia e testi, Gius. Laterza & Figli, 1968; edizione Club del Libro, 1981, pp. 320-321.
- ↑ Dal discorso di insediamento alla Presidenza della Camera del Regno di Sardegna, IV legislatura, 31 dicembre 1849; disponibile su Camera.it.
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