Marco Anneo Lucano

poeta romano
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Marco Anneo Lucano (39 – 65), poeta romano.

Marco Anneo Lucano

Pharsalia

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I traduzione

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Guerre civili combattute sui campi d'Emazia per spazi più vasti delle precedenti. Potere legale accordato al delitto, noi li facciamo oggetto del nostro canto; e così pure il popolo romano che, nel pieno vigore, contro le viscere sue ha rivolto la mano destra abituata a vincere. Poi schiere di combattenti legati fra loro da vincoli di sangue e la gara intrapresa una volta rotto il patto di regno, servendosi delle forze di tutto il mondo affinché a commettere la nefandezza fossero tutti; e così pure insegne romane che si sono fatte contro altre insegne romane, aquile contrapposte in uno scontro da gladiatori, giavellotti romani contro altri giavellotti romani.

Luca Canali

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Guerre più atroci delle civili sui campi d'Emazia cantiamo
e il crimine divenuto diritto, e un popolo potente
vòltosi con la destra vittoriosa contro le sue stesse viscere.

[Marco Anneo Lucano, La guerra civile o Farsaglia, traduzione di Luca Canali, Rizzoli, 1981]

Citazioni

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In se magna ruunt.
  • La virtù emulatrice lo stimolò. (I, 120)
Stimulos dedit aemula virtus.
  • La causa del vincitore piacque agli dei, quella del vinto a Catone.[1] (I, 128)
Victrix causa deis placuit, sed victa Catoni.
  • Resta l'ombra del gran nome. (I, 135)
Stat magni nominis umbra.
  • [Su Cesare] Parendogli nulla aver fatto se qualcosa ancora restasse a fare. (II, 657)
Nil actum credens, quum quid superesset agendum.
  • L'indigenza di chi serve danneggia non se stessa, ma il padrone.[1] (III, 152)
Non sibi, sed domino gravis est, quae servit egestas.
  • Riconoscere che il morire sia motivo di felicità è consentito soltanto a coloro sui quali incombe la fine prossima: gli dei infatti nascondono ciò a quelli destinati a vivere ancora, perché possano continuare a farlo. (IV, 517-520)[1]
Agnoscere solis | permissum, quos iam tangit vicinia fati, | victurosque dei celant, ut vivere durent, | felix esse mori
  • Con l'ardire si può nascondere un grande timore. (IV, 702) [1]
Audendo magnus tegitur timor.
  • La paura del male futuro ha spinto molti nei rischi più gravi.[1] (VII, 104-105)
Multos in summa pericula misit | venturi timor ipse mali.
  • Saper morire (darsi la morte) è la sorte migliore per un uomo, ma la seconda è esserne costretto. (IX, 211)
Scire mori sors prima viris, set proxima cogi. [parla Catone l'Uticense]
  • Giove è tutto quello che vedi ed ogni movimento che compi.[1] (IX, 580)
Iuppiter est, quodcumque vides, quodcumque moveris.
  • [Di Troia] Ne sparirono perfino le rovine. (IX, 969)
Etiam periere ruinae.
  • Non vi è sasso che non abbia il suo nome. (IX, 973)
Nullum est sine nomine saxum.
  1. a b c d e f g Lucano, La guerra civile, a cura di R. Badalì, Torino, UTET, 2006.

Bibliografia

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  • Marco Anneo Lucano, La guerra civile o Farsaglia, traduzione di Luca Canali, Rizzoli, 1981.

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