Paola Capriolo

scrittrice italiana

Paola Capriolo (1962 – vivente), scrittrice italiana.

Citazioni di Paola Capriolo

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  • Dobbiamo dunque essere grati a Roberto Calasso per averci restituito in questa forma, che l'autore doveva considerare definitiva, i cosiddetti Aforismi di Zürau, offrendone una nuova traduzione e accompagnandoli con un saggio tratto dal suo libro su Kafka. Nella loro concisione questi frammenti pongono dinanzi al lettore prospettive di abissale profondità, paragonabili soltanto a quelle dischiuse dal Castello del quale, pur precedendolo di alcuni anni, essi costituiscono forse l'unico commento adeguato.[1]
  • [...] il sogno è appunto la sfera nella quale gli opposti possono sussistere l'uno accanto all'altro senza generare la situazione di un contrasto, la sfera nella quale la logica della mente desta può essere violata in nome di una diversa logica, altrettanto rigorosa.[2]
  • [Su Aforismi di Zürau] Una teologia senza Dio, che non si aggrappa né alle «declinanti» forze del cristianesimo né all'«ultimo lembo del mantello da preghiera ebraico», eppure conduce in un certo senso agli estremi risultati quella grande corrente della mistica neoplatonica che ha nutrito come una linfa entrambe le religioni. Il presupposto è un monismo assoluto, parmenideo: esiste soltanto un mondo, quello «spirituale», o, come egli afferma altrove, esiste soltanto l'«Uno», rispetto al quale ogni cosa non è che un involucro. Tutto ciò che è fuori di questa unità appartiene necessariamente alla sfera del male e dell'errore, e in primo luogo vi appartiene la conoscenza: la verità infatti, in quanto indivisibile, «non può riconoscere se stessa; chi vuole riconoscerla deve essere menzogna».[1]

Il doppio regno

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  • L'inferno più atroce che posso immaginare è quello in cui al dannato sia sottratta la memoria del peccato per il quale è punito: a lenire le sofferenze non avrebbe neppure il sentimento dell'espiazione, la consapevolezza che esse gli sono imposte da una giustizia umana o divina, ma comunque comprensibile. (p. 49)
  • Non sembrano affatto incuriositi, non si soffermano a riflettere sulle singolarità di questo luogo; si limitano a deprecarle con distratto fastidio. Credo che questo atteggiamento di sufficienza sia ingiusto, ma bisogna perdonarli: dopotutto, è gente felice. (p. 89)
  • C'è un sentimento penoso del quale non rammentavo l'esistenza: ciò che si patisce quando non è possibile abbandonarsi al corso naturale degli eventi, perché non esiste più un corso naturale. Il fiume, invece di continuare nel suo cammino obbligato, è uscito dall'alveo, e lo sguardo si perde tentando di seguirne le improvvise ramificazioni. (p. 98)
  • Loro, semmai, sono una nota stonata, le loro chiacchiere vacue, l'ottusa persuasione che le abitudini della propria conventicola costituiscano il criterio universale in base al quale stabilire cosa sia desiderabile per un essere umano. (p. 99)
  • Quanto più frequento questa donna, tanto più mi accorgo della sua stupidità, che però non è un difetto, ma al contrario una perfezione. Sentendola parlare, sperimentadone giorno dopo giorno l'ineguagliabile maestria nel non dir nulla con grazia squisita, incomincio a credere che l'intelligenza, anzi il pensiero stesso, sia una protesi destinata agli esseri mal riusciti, incapaci di trovare un appagamento estetico nel nudo fatto di esistere. Le lo trova, evidentemente, e ciò conferisce ai suoi gesti e alle sue parole un'aura di inattesa profondità. (pp. 107-108)
  • Vi è un aspetto brutale, addirittura offensivo nell'estrema semplicità che rivelano, se esaminati a fondo, i sentimenti umani. Dietro le sfumature più delicate, dietro le trasfigurazioni più spirituali, si celano impulsi sorprendentemente elementari, non meno comuni del bisogno di nutrirsi o dell'istinto di conservazione. (p. 128)
  1. a b Da Kafka, un genio condannato al paradiso, Corriere della Sera, 15 luglio 2004.
  2. Dalla nota introduttiva a Arthur Schnitzler, Doppio sogno, Gruppo Editoriale L'Espresso, 2011, p. 12.

Bibliografia

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