Paola Agosti
Fotografa italiana
Paola Agosti (1947 – vivente), fotografa italiana.
Silvia Mazzucchelli, doppiozero.com, 15 novembre 2023.
- Non credo che la mia fotografia sia politica, credo invece che sia una fotografia di testimonianza che ha un valore in quanto tale; se pensi ai ritratti che ho fatto agli scrittori e agli intellettuali non c'è nulla di politico: lì ci sono dei signori fotografati a casa loro. Ma siccome molto spesso mi dicono che sono una fotografa militante, ultimamente mi sono stufata di negarlo e ho detto sì, effettivamente sono militante. Ti faccio un esempio: ho documentato il femminismo perché, nel 1976, un editore romano mi aveva commissionato un libro sull'argomento. In quello stesso anno seguii molte delle manifestazioni femministe che si tennero a Roma e iniziai a frequentare la Casa delle donne occupata mesi prima. Sono stata femminista come molte. Mi riconoscevo sicuramente nelle lotte che il movimento portava avanti. Grazie al lavoro mi consideravo una donna emancipata; tra l’altro venivo da una famiglia dove le donne erano tenute in grande considerazione e avevano studiato e lavorato.
- [Lo scarto tra la tua situazione "privilegiata", tu stessa ti definisci "torinese e borghese", e quella delle realtà sociali svantaggiate con cui ti sei confrontata è stato uno stimolo ulteriore o uno svantaggio nell'approccio ad una fotografia sociale?] "Borghese e torinese" non sono definizioni che ho dato io di me stessa. Anzi, ci tengo a ribadire che sono apparse in un libro di memorie di uno dei miei stampatori romani. Come fossero due marchi. Io sicuramente sono torinese, non c'è niente di male; e sono anche borghese, però non nel senso con cui quell'aggettivo veniva utilizzato negli anni della contestazione, ovvero come categoria da combattere, antagonista al proletariato e alla classe lavoratrice, alle sue istanze che condividevo e sostenevo. Per quanto riguarda lo scarto tra la mia situazione e quella delle realtà sociali svantaggiate non è stato né uno stimolo e nemmeno un limite. Appartengo a una generazione che credeva di poter cambiare il mondo, credeva che sarebbe arrivata la rivoluzione, che saremmo stati tutti uguali, credeva nei principi sacrosanti del comunismo, e quindi, avvicinarmi alle persone, e soprattutto ai meno privilegiati di me era qualcosa di assolutamente naturale, doveroso.
- [Piero Berengo Gardin ti ha definita "il più fragile carro armato che conosco". A me è venuta subito in mente la definizione che Occhetto diede del Pci, come "gioiosa macchina da guerra". Analogie e differenze.] Eh sì, potrei essere anche definita "gioiosa macchina"... Comunque la competizione era un elemento che a un certo punto ho ritenuto insopportabile, perché nel seguire quotidianamente l'attualità dovevo avere dei ritmi che poi diventavano pesanti per la fatica fisica e per lo stress psicologico. Soprattutto c'era una competizione scatenata dal momento in cui scattavo al momento in cui dovevo andare a vendere le foto. In questo senso Immagine del mondo dei vinti è stato un salto di qualità. Mi ha fatto uscire dalla dimensione competitiva poiché, oltre a tutto, ho fatto un lavoro dove c'ero sempre solo io e non altre decine di fotografi.
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