Noah Gordon

scrittore statunitense

Noah Gordon (1926 – 2021), scrittore statunitense.

Noah Gordon nel 2008

Incipit di alcune opere

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Trilogia della famiglia Cole

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Medicus

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Erano per Rob J. gli ultimi momenti dolci e rassicuranti di beata incoscienza, eppure soffriva al pensiero di essere costretto a restare con i suoi fratelli e sua sorella presso la casa paterna. La primavera era appena iniziata, il sole già riusciva a raggiungere con i suoi caldi raggi le grondaie del tetto di paglia e Rob J. era mollemente sdraiato sulla piccola veranda di pietra grezza, fuori dalla porta d'entrata, ad assaporare quegli attimi di dolce benessere. Una donna avanzava con cautela lungo la sconnessa Carpenter's Street. La strada necessitava di lavori di riparazione al pari della maggior parte delle piccole case con strutture in legno degli operai, tirate su in qualche modo da esperti artigiani che si guadagnavano da vivere costruendo case solide per i più ricchi e i più fortunati.
Rob stava sbaccellando un cesto di teneri piselli mentre, nel contempo, dava in occhio ai fratellini più piccoli di cui era responsabile mentre la mamma era via. William Stewart di sei anni e Anne Mary di quattro stavano rovistando nell'immondizia di fianco la casa e facevano i loro sciocchi giochetti segreti. Jonathan Carter, diciotto mesi, era steso su una pelle d'agnello e dopo aver mangiato e fatto il suo ruttino stava gorgogliando tutto contento. Samuel Edward, sette anni, era sfuggito all'attenzione di Rob J.; Samuel, furbo, riusciva sempre a squagliarsela invece di dargli una mano e Rob lo stava aspettando arrabbiato. Sgusciava i baccelli verdi uno dopo l'altro e staccava via i piselli con il pollice proprio come faceva la mamma senza mai fermarsi nel momento in cui vide la donna venire verso di lui.
Le stecche del corpetto tutto macchiato le sostenevano il seno a tal punto che a volte, nel muoversi, le si intravedeva un capezzolo; la faccia era grassoccia e vistosamente imbellettata. Rob J. aveva solo nove anni, ma un ragazzino di Londra sapeva riconoscere una puttana.

Lo sciamano

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Lo Spirit of Des Moines aveva mandato segnali da lontano, mentre si avvicinava alla stazione di Cincinnati nel freddo chiarore dell'alba. Sciamano li aveva individuati dapprima come un lieve fremito, appena percettibile sulla pensilina di legno, poi come un forte tremore che avvertiva chiaramente, infine come una serie di scossoni. Di colpo il mostro era là, con il suo odore di fumo e di metallo oliato rovente, e correva su di lui nella grigia caligine, con le finiture di ottone che brillavano nel nero corpo di drago, i possenti pistoni in moto, la pallida nube di vapore che saliva al cielo come lo spruzzo di una balena, e poi si incurvava e si allungava in una scia di brandelli sempre più rarefatti finché la locomotiva non si fermò.
Nel terzo vagone solo pochi dei duri sedili di legno erano liberi e Sciamano prese posto mentre il treno, vibrando e gemendo, riprendeva la corsa. I treni erano ancora una novità, ma costringevano a viaggiare con troppa gente. Sciamano amava cavalcare da solo, perduto nei suoi pensieri. Il lungo vagone era gremito di soldati, commessi viaggiatori, contadini e tutta una variopinta congerie di donne, con o senza bambini piccoli. Gli strilli dei bambini non lo disturbavano, naturalmente: ma l'aria era greve di un miscuglio di cattivi odori - calzini sporchi, pannolini sudici, aliti pesanti per cattiva digestione, corpi sudati e non lavati, e il fumo rancido di sigari e pipe. Il finestrino pareva un meccanismo intrattabile, ma Sciamano era alto e forte e infine riuscì ad alzarlo. Risultò subito che era stato un errore. Tre vagoni davanti al suo, l'alto fumaiolo della locomotiva vomitava, insieme con il fumo, un miscuglio di cenere e fuliggine, minuscole scorie spente o ancora accese, che la velocità del treno spingeva violentemente all'indietro e che entrarono in parte dal finestrino aperto. Di colpo un frammento di brace si posò sulla giacca nuova di Sciamano e ne uscì un sottile filo di fumo. Tossendo e imprecando esasperato, sbatté giù il finestrino e picchiò con la mano sulla giacca finché la minuscola scintilla fu spenta.
Dall'altra parte del corridoio una donna gli gettò un'occhiata e sorrise. Doveva avere una decina d'anni più di lui, portava un abito elegante ma adatto al viaggio, di lana grigia con la gonna liscia, guarnito di lino azzurro che faceva risaltare i capelli biondi. I loro sguardi si incontrarono un attimo, poi lei riabbassò la testa sul lavoro all'uncinetto che aveva in mano. Sciamano si affrettò a distogliere gli occhi da lei: il lutto non era il momento più adatto per gustare i giochi fra uomo e donna.
Si era portato un libro nuovo da leggere, ma, ogni volta che cercava di concentrarsi nella lettura, i suoi pensieri tornavano al padre.

L'eredità dello sciamano

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R.J. si svegliò.
Per tutta la vita avrebbe continuato ad aprire gli occhi di tanto in tanto nel cuore della notte, frugando nell'oscurità con la precisa sensazione d'essere ancora uno sfinito "interno" del Lemuel Grace Hospital di Boston, desideroso di schiacciare un sonnellino nella stanza vuota di un paziente durante il turno di trentasei ore.
Sbadigliò mentre il presente inondava la sua coscienza, e si rese conto con enorme sollievo di aver finito da anni l'internato. Ma chiuse la mente alla realtà, perché le lancette luminose dell'orologio le dissero che le rimanevano soltanto due ore, e durante quel tirocinio di tanto tempo prima aveva imparato a sfruttare ogni minuto di sonno.
Due ore dopo si destò senz'ombra di panico nella luce di un grigio mattino e si sporse per spegnere la sveglia. Si svegliava immancabilmente un attimo prima che suonasse, m ala sera la caricava ugualmente: non si poteva mai sapere. La speciale testina della doccia picchiettò l'acqua sul suo cuoio capelluto fin quasi a farle male, rinvigorendola come un'ora di sonno in più. Il sapone scivolò sul suo corpo che giudicava un po' troppo abbondante, e desiderò avere il tempo di fare una corsa all'aria aperta.

L'uomo che cercava la verità

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Nella mattina d'inverno del suo quarantacinquesimo compleanno, il rabbino Michael Kind se ne stava disteso da solo nel grande letto d'ottone, un tempo appartenuto a suo nonno, cercando di trattenere gli ultimi brandelli di sonno, ma ascoltando senza volerlo il tramestio della donna di sotto in cucina.
Per la prima volta dopo molti anni aveva sognato Isaac Rivkind. Una volta, quand'era bambino, il vecchio gli aveva detto che quando i vivi pensano ai morti, loro, lassù in paradiso, sanno di essere amati, e sono contenti.
«Ti voglio bene, zaydeh», disse.
Non si rese conto di aver parlato ad alta voce finché non colse una breve pausa nei rumori in cucina. La signora Moskowitz non poteva certo capire come un uomo che ha appena varcato la soglia della mezza età possa trovare conforto nel parlare al nonno morto da quasi trent'anni.

Il medico di Saragozza

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Il brutto periodo iniziò per Bernardo Espina un giorno in cui l'aria se ne stava immota, pesante come il piombo, e il sole feroce era una maledizione. Quella mattina il suo affollato dispensario si era quasi svuotato, quando a una donna incinta si ruppero le acque ed egli mandò via in fretta e furia i due pazienti rimasti. La donna era la figlia di un vecchio che ella aveva accompagnato dal dottore a causa di una tosse che non se ne voleva andare. Il bambino era il suo quinto figlio e venne al mondo senza difficoltà. Espina afferrò saldamente il corpicino scivoloso e roseo e gli batté sulle minuscole natiche. L'esile pianto del gagliardi piccolo peón provocò tra quanto attendevano fuori uno scoppio di evviva e di risate.
Il parto risollevò lo spirito di Espina. Una falsa promessa di giornata propizia. Per il pomeriggio non aveva impegni, e stava accarezzando l'idea di mettere in un paniere della frutta candita e una bottiglia di tinto e andare con tutta la famiglia al fiume, dove i bambini avrebbero potuto sguazzare mentre lui ed Estrella se ne sarebbero rimasti seduti all'ombra di un albero a sorseggiare e sbocconcellare, chiacchierando in santa pace.
Aveva quasi finito quando un tale che indossava il saio marrone dei novizi entrò in cortile ballonzolando in groppa a un asino che era stato troppo spronato in una giornata calda come quella.
Pieno di eccitazione e di un'aria di gravità trattenute, l'uomo balbettò che la presenza del señor dottore era richiesta al monastero dell'Assunzione da padre Sebastián Álvarez.

Bibliografia

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  • Noah Gordon, Medicus, traduzione di Paola Tornaghi, Rizzoli, 1988. ISBN 978-88-17-67413-3
  • Noah Gordon, Lo sciamano, traduzione di Maria Magrini, Rizzoli, 1993, ISBN 9788817114479
  • Noah Gordon, L'eredità dello sciamano, traduzione di A. Cremonese Cambieri, Rizzoli, 1997. ISBN 9788817202244
  • Noah Gordon, L'uomo che cercava la verità, traduzione di M. Nicola, Rizzoli, 2002. ISBN 9788817871327
  • Noah Gordon, Il medico di Saragozza, traduzione di G. Bizzi, Rizzoli, 2002. ISBN 9788817117555

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