Nikolaj Jakovlevič Danilevskij

politico e saggista russo

Nikolaj Jakovlevic Danilevskij (1822 – 1885), scienziato e filosofo russo.

Nikolaj Jakovlevic Danilevskij

Citazioni di Nikolaj Jakovlevic Danilevskij

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  • [...] l'Europa capisce, o per parlare più precisamente, sente istintivamente che, nel profondo [della Russia e degli slavi], c'è un forte e resistente nucleo che non può triturare, né macinare, né sciogliere e che, conseguentemente, non può assimilare, trasformare nel suo sangue e nella sua carne, un nucleo che ha la forza e la pretesa di vivere la sua vita indipendente e autoctona (samobytnost).[1]

Citazioni su Nikolaj Jakovlevic Danilevskij

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Nel 1869 Nikolaj Danislevskij formulava nel suo libro La Russia e l'Europa il programma per la distruzione dell'Austria-Ungheria e della Turchia, e per la loro ripartizione in diversi stati nazionali, sotto la protezione di Pietroburgo. (Franz Herre)

  • Danilevski, una sorta di precursore di Samuel Huntington, pensava alle relazioni internazionali in termini di scontri tra blocchi di civiltà e, come l'americano, denunciava l'illusione di un'omogeneizzazione del mondo sul modello occidentale. Danilevski considerava il popolo russo "scelto da Dio" per preservare un'autenticità culturale e una "energia vitale", di cui l'occidente, frivolo e imbastardito, sarebbe ormai privato. Danilevskij ha costruito l'Idea Russa in contrapposizione ai valori di un occidente cui andava negata la pretesa universalista. Un concetto che oggi torna con regolarità nella retorica conservatrice del Cremlino.
  • [Su Rossija i Evropa] Fu dibattuto da tutti i grandi del tempo, da Fëdor Dostoevskij che lo definì "la Bibbia di ogni russo", al filosofo Vladimir Solovev, che lo attaccò per eccessiva slavofilia. Dopo un'edizione nel 1895, tuttavia, il libro sarebbe andato fuori stampa per un secolo. La Rivoluzione d'Ottobre lo vedeva come reazionario, tossico. Il Dizionario enciclopedico sovietico del 1989 definisce il suo autore un pensatore che giustifica "le aspirazioni scioviniste del regime zarista". Il libro riapparirà soltanto nel 1991, quando Mikhail Gorbaciov mise fine all'Unione Sovietica. Fu stampato in 70 mila copie, che andarono a ruba in pochi giorni. Soltanto uno studioso occidentale nel 1967 si accorse dell'importanza di questo libro, Robert MacMaster, che pubblicò il saggio "A Russian totalitarian philosopher".
  • Per Danilevskij la civiltà europea non è universale, come ritenevano gli occidentalisti. Nella sua visione non esistevano valori o civiltà universali, ma "tipi" storico-culturali autonomi (ne indicava dieci), ognuno dei quali con un proprio, specifico processo di sviluppo. Danilevskij invocava cioè, anche come momento di mobilitazione culturale, la creazione di un'Unione degli Slavi da contrapporre alla naturale ostilità dell'occidente e alla sua aspirazione all'egemonia universale. In questa battaglia, la Russia può contare sia sulla dimensione del suo Impero, la cui espansione non sarebbe conquista coloniale, ma pacifico e naturale insediamento, sia sulla "particolarità etica" del suo popolo che deriva dall'osmosi con chi lo dirige. I russi sono inoltre il "popolo incaricato da Dio di preservare la verità religiosa nel mondo". Hanno un'energia primordiale derivante da steppa e foresta, dalla forza che esprime la natura del loro paese. Una "linfa vitale" di cui gli occidentali sarebbero sprovvisti. Secondo Danilevskij, una guerra con l'occidente era l'unico modo in cui la Russia avrebbe potuto ottenere una posizione di rilievo a livello internazionale.
  1. Da Russija i Evropa, New York-London 1966, p. 50; citato in Gino Piovesana, Storia del pensiero filosofico russo (998 – 1988), Edizioni Paoline, 1992, p. 220. ISBN 88-215-2540-6

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