Nicola Sole
Nicola Sole (1821 – 1859), poeta e avvocato italiano.
Citazioni di Nicola Sole
modifica- Da queste onde tranquille, | che sì pura del ciel rendon l'imago | e in ampio giro d'isole e di ville | ridono in vista di sereno lago; || e da questo infocato | monte che tuona vaporando, e pare | mal volentieri sul confin locato | de l'inimico armonioso Mare || una voce profonda | vien per la notte a l'anima solinga, | quando più l'aura mormora a la sponda, | e i brevi sonni al pescator lusinga, || e lungo il curvo lito, | ogni altra voce, lontanando, tacque, | e per l'etra lucente ed infinito | passa la tarda luna alta su l'acque! || T'intendo, eco verace | de l'eterna parola, onde, le avverse | forze composte in ammiranda pace, | la beltà varia del creato emerse! || E l'alma canta, ed osa | mescer le note de' concenti umani | a la santa armonia che senza posa | vien dal fondo de' mari e de' vulcani! (Torre del Greco (la notte dal 22 al 23 settembre 1859)[1])
Canti
modificaAl mare Jonio
modificaBella, o classico mare, è la celeste
Volta che t'incolora; o il suo più fosco
Antelucano azzurro entro i tuoi brevi
Seni rifletta, o le tue limpid'acque
De la sua luce declinante irrighi
I Siciliani
modificaSiciliani! uditemi:
Mesta, fidente e sola
Nei vostri Templi a gemere
Viene la mia parola.
Armi non ha la misera
Tranne la prece e il pianto
E la virtù del canto
E la ragion del cor.
La Guerra
modificaAll'armi, o figliuoli dell'itala terra!
Su nero Cavallo, che raspa nel suolo,
Cerchiata di nembi si affaccia la Guerra
Fra l'aspre montagne del vecchio Tirolo.
Col guanto d'acciaio percuote l'arcione
Le briglie agitando sul manco coscial:
Le ondeggia sul capo sanguigno pennone,
Le avvampa nel guardo sorriso feral
All'armi, figliuoli
Dell'itala terra!
La Guerra! la Guerra!
Pel tremuoto in Lucania. (Salmo)
modificaSignore! I tuoi clementi ocelli dechina
Su le ripe Lucane, ove la vita
Fra il terror si dibatte e la ruina!
La storia di una perla
modificaChiedevi, Emilia, onde vien mai che tanti
Son poeti ed artisti in ogni età,
E sol pochi fra lor s'alzan giganti,
E il resto al mare de l'oblio sen va?
La tomba del poeta ai mani di Giulio Genoino
modificaTu pur da la poetica
Corona, che circonda
Fra i pioppi di Posilipo
A la Sirena il crin,
Tu pur, cedendo agli ultimi
Verni, cadesti, o fronda;
Né più sussurri ai placidi
Venti del mar vicin!
La donna e l'amore. (Sull'urna d'una straniera)
modificaQui dove l'onda e l'aere
Susurrano d'amore,
E lieti i colli odorano
Del più soave april,
Mite cedesti al subito
Gel de la morte, o fiore
Di peregrine grazie,
Di venustà gentil.
A Psiche
modifica Tu pur, candida Psiche, avrai tu pure
Amato indarno. Vision gentile
Di novissimo amor sarai per sempre
Innanzi ai miei languenti occhi passata.
Così fidente non guardarmi almeno,
Così vezzosa! Oh non sognar di Elisi,
Che non saran per noi! Sa il ciel se teco
Stato felice io non sarei su tutte
Cose felici! E nondimen t'infrango,
Lucente idol d'amore e di speranza!
Le due madri. (Idillio)
modificaPer le cime de' sorbi, ove fremea
L'aura odorata, in porpora lucente
Il mite sole autunnal correa.
Al sepolcro di un amico
modificaInvano a le odorate aure d'aprile
Per te ne' campi si risolve il verno:
Sui redivivi fiori, alma gentile,
Non cadran gli occhi tuoi chiusi in eterno
A la rosea del sole onda vital!
Pensieri poetici sulla eloquenza del foro penale. (Epistola a Federico Castriota Scanderberg)
modificaPer le vaghe colline, ove perenne
Sorride aprile e degli aranci al rezzo
L'aure Flegrèe la voluttà respira
Addio a Giuseppe Verdi
modificaAddio! Queste azzurrine onde, quest'aure,
De la tua nota poderosa esperte,
Te ridonino ai campi, ove solingo
A l'arte vivi ed a l'amor. Ch'io senta
Sovra il cor mio ripalpitar codesto
Cor, che fe' tanti palpitar: ch'io senta
Ancora il tocco de la man che scrisse
Di Manrico il lamento. Anche un istante,
Ed al tuo sguardo falliran pel cielo
Questi marmorei poggi, e quel Vulcano,
Come il tuo core, ardente, e, come il tuo
Core, profondo: scenderà pensosa
La Sirena fra l'acque, e le gentili
Ninfe de l'Echia cercheranno invano
I tuoi sguardi aquilini,
E la fosca e severa onda de' crini.
Rivederla!
modificaCom'è sereno il ciel! Come vezzosa
Arde l'ultima stella appo il Sirino!
Su che tinta gentil d'ambra e di rosa
Nereggia il mio natale ermo Appennino!
A G.S.V. avventurata e cortese educatrice di rosignuoli
modificaDe' più soavi amante
Canori augelli, onde gelosa è Fiora,
Insidiai l'errante
Usignuol per le molli ombre talora;
E sotto i pioppi del natal mio fiume
Più nidi orbai de la famiglia implume.
Ad un illustre ecclesiastico nell'offerirgli un esemplare del Cantico dei Cantici recato in versi italiani
modificaSe fra' severi studi, e la crescente
Cura del gregge che difendi e guidi,
Qualche amena ti vaca ora fuggente,
De la tua nobil cortesia mi arridi!
La fanciulla e l'artista. (Idillio)
modificaOve più mollemente al mar digrada
Di Pausilippo la vaga costiera,
E in picciola s'incurva umile rada,
Selim-Bey. (Novella)
modificaPer le rive odorate erra il corsiero
Dopo infinita via: leardo e vago
Figlio d'Arabia, di sue forme altero,
Lentamente pastura intorno al lago.
Il viggianese. (A Marc-Monnier)
modificaNon mi chiedete lieti concenti,
Chè mesta è l'alma del Viggianese!
Trovai la morte lungo i torrenti
Del mio paese!
Pel filo elettrico dei due mondi (cantico)
modificaCantiamo a Dio! Ne la maggior fattura
De le sue mani Ei gloriando estese
La maestà de l'immortal natura!
Al rosignuolo
modificaAmo i lunghi silenzi, e le tranquille
Ore notturne, e la solinga stanza,
E i cieli azzurri, e le dormenti ville,
E l'aurea luna che sui boschi avanza
La vita. (Ad un bambino)
modificaCresci, e vago ti arrida
Il fior de la salute, o bambinello,
E di fraterna guida
Ti sia cortese ognor l'angiol più bello.
Le nozze e la tomba
modificaLieta, or compion due lustri, il piè movevi
A sciorre il voto del tuo lungo amore,
E con timida man ti componevi
Sul crin lucente de le nozze il fiore.
A S. Luigi Gonzaga
modificaChi verserà tai nitidi
Gigli da l'urne d'oro
Fra i candelabri e i cerei
Del tuo fragrante altar,
Che ai gigli eterni arrivino,
Onde, calati a coro,
De la tua culla gli angioli
L'arco gemmato ornar?
L'orfano e il cielo. (Alla memoria di un trovatello)
modificaSovra il tuo capo gitteran domani
Qualche pugno di terra, e disparito
Sarai per sempre. Come arida foglia
Che ignara voli del materno ramo
Per occidua convalle innanzi al vento,
Su la terra passavi, o giovinetto.
Un'ora
modificaDeclinavan dal sole i poggi e le onde
E la luce rigava ultima i cieli,
E del golfo sparian lunge le sponde
Tra vaporosi veli
Sorrento o Torquato Tasso
modificaPerché l'arte de' carmi (e si può tanto!)
Tutto de la pittrice arte non puote
Visibilmente simular l'incanto,
Tutte de l'armonie render le note?
Il negro
modificaPolve è la man che sulle curve spalle,
Povero schiavo, t'imponea la grave
Soma che duri, e tu, fremente e bello
Di giovinezza eterna, ancor di lenti
Sguardi saetti e disperati il cielo.
Ad una stella
modificaT'amo, o solinga e vereconda stella,
Che da lungi mi guardi in su la sera!
Come limpida sei, come sei bella
Ne la tua spera!
Il menestrello
modificaSovra l'onda di un secolo sbattuto
Dal turbine crudel della sventura:
Come fiore fra triboli cresciuto
Chiesi un'arra di pace alla Natura
Il primo cadavere. (Sopra un cartone di Michele De Napoli)
modificaCome a l'incanto della tua matita
Subitamente mi si cangia in vista
Questa d'onde e di ciel curva infinita!
Al mio salice
modificaO fu cortese errore
Del ventolin vagante,
O batte occulto un core,
Giovane salcio, in te.
Epistola a Giuseppe De Blasiis
modificaDi che doni ricambi i doni tuoi
Oggi che a farmi assai più tristo il fato
Mi ti porta più lunge? Entro al deserto,
Che mi circonda, non ispunta un fiore,
Ch'io t'offra, o giovinetto unico amico.
Il fiore. (Canto nuziale)
modificaOve presso a l'angusta sorgente
Volve il Sinni il suo flutto recente,
E spumando fra povere sponde
Par che aneli ad un letto maggior,
Sotto il bacio de l'aure gioconde
Venne al sole un vaghissimo fior;
E vivea ne la valle romita
Una vita — di luce e d'odor.
Ad Emma
modificaLa sera ai lieti circoli,
Che tu di nova gentilezza infiori,
Quando vezzosa moderi
Col mite imperio d'uno sguardo i cuori,
Azzura Emma, più mai,
Come un tempo io solea, non mi vedrai.
Ad una gentile giovinetta nel giorno delle sue nozze
modificaBellissima aspettata! Unica eletta
A tanta gioia, che non par mortale!
Cortese i voti d'una terra accetta,
Che preponi a la tua terra natale!
A Montecassino
modificaO d'aquile e d'eroi vetusto nido,
O rocca di filosofi e di santi,
Faro, che irraggi da securo lido
Le torbide del tempo onde sonanti
Il cocchio. (Ottave improvvisate)
modificaIo vidi, io vidi sfolgorante in cocchio
Dinanzi a me passar donna vezzosa,
Che mi volse di furto un languid'occhio,
Inspirator di voluttà nascosa
La pescatrice. (Per musica)
modificaVo pescatrice pel mar d'amore
Con rete ed amo pescando un core!
Venite, cuori! lunge ho gridato,
Di questa rupe venite al piè;
E ancor quel core non l'ho pescato,
Quel cuor gentile, che piace a me!
Il moretto. (Improvviso)
modificaEsci, o Negro Giovinetto,
Han gridato «il Moro, il Moro!»
Ti ricinga il guarnelletto,
Rabescato in frasche d'oro.
La preghiera del poeta
modificaDel tuo celeste foco, eterno Iddio,
Un core accendi, che di te s'allieta!
Tu reggi, tu consacra il verso mio
Perché non manchi a generosa meta.
La neve
modificaTutto è bianco, più fitta la neve
Fiocca e monta sui nostri veroni;
Sul mio capo si addensa più greve,
Ma rifarmi all'albergo non so!
Romanza
modificaTu noi sai, ma nell'ora quieta,
Quando in cielo la notte è più pura,
Solitario, vagante poeta
Veglio il piè di tue candide mura
Sulla tomba di Alessandro Poerio
modificaPoi che la patria carità v'ispira,
Si compia, alme bennate, il vostro intento:
Altar di gloria, di vendetta e d'ira
S'alzi al guerrier di Mestre un monumento.
Il Cantico dei Cantici recato in versi
modificaIl Cantico de' Cantici, messi anche da parte i suoi profondi misteri, è l'apoteosi purissima dell'amore. Nessuna lingua possiede un canto nuziale così passionato e gentile. Ond'è che potrebbero appena noverarsi le tante versioni che se ne son fatte in quasi tutte le favelle de' popoli inciviliti, a cominciare dalla parafrasi caldea, attribuita a certo Giuseppe il Cieco, il quale vivea prima dell'estrema ruina di Gerusalemme e del Tempio. Negli ultimi due secoli della nostra letteratura codesti volgarizzamenti si sono frequentemente succeduti in Italia. Uomini di non ordinario valore vollero saggiare in questo aringo le forze del loro ingegno; e un illustre Prelato fece della Cantica un Dramma, e lo pubblicò in Roma intorno al 1737.
A Maria immacolata
modificaTe de la terra i popoli
Immacolata han detta!
Te franca da l'obbrobrio
Del primo error concetta
Nel portentoso istante
Che l'infinito Amor
Permise uman sembiante
De la tua vita al fior.
Il Cantico de' Cantici di Salomone
modificaSposa: D'un bacio di sua bocca egli mi baci!
Chè d'ogni vino è l'amor tuo più grato!
Pe' tuoi profumi a le fanciulle piaci,
E il tuo nome è un effuso olio odorato.
Il Carmelo
modificaOve da l'egro error, da le profonde
Tenebre de la colpa a più lucenti
Spazi, a più santa region, qual vaga
Farfalla a lampa ammaliante, aneli,
Liberi voli aprendo, anima ardente,
Dolce, o Fede, tu sei, pari a minuta
Pioggia sul curvo tulipan riarso
Da la sabbia infuocata! e abbandonando
Questa valle di tombe, ove già troppa
È la morte dei vivi, avventuroso
L'occhio tu volgi a l'oriente, a l'alma
Mistica porta de la luce
Note
modificaBibliografia
modifica- Nicola Sole, Canti. Successori Le Monnier, Firenze, 1896.
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