Nebulosa planetaria

tipo di nebulosa ad emissione

Citazioni sulla nebulosa planetaria.

  • Spostando avanti idealmente l'orologio cosmico di 9 miliardi di anni, si può assistere alla fine del Sole, che ha ormai esaurito la sua riserva di combustibile. La gravità lo riduce alle dimensioni della Terra (circa 6000 chilometri di diametro), trasformandolo in una stella nana. Si arroventa perché l'energia del movimento di contrazione si tramuta in calore. Il colore tende al bianco (nana bianca). Ora la sua densità è enorme: una cucchiaiata di nana bianca pesa una tonnellata. Nello stesso tempo il suo nucleo collassa, e la stella si spoglia dei suoi strati esterni, i quali, illuminati dalla nana bianca, assumono l'aspetto di un anello gassoso screziato di rosso, di verde e di giallo. È quel che va sotto il nome di nebulosa planetaria; una denominazione impropria, perché tra nebulose planetarie e pianeti non esiste alcuna connessione. (Trinh Xuan Thuan)
La nebulosa planetaria NGC 7293, indicata anche come nebulosa Elica o Occhio di Dio

Noam Soker modifica

Citazioni in ordine temporale.

  • Come le persone, anche le stelle invecchiano e muoiono: quelle di massa maggiore hanno una vita breve e scompaiono in una pirotecnica esplosione di supernova, ma le stelle di massa intermedia come il Sole, molto più comuni, concludono i propri giorni in maniera ben più elegante. Quando esauriscono il proprio combustibile nucleare, si gonfiano e, in un ultimo sussulto, espellono i propri strati più esterni creando una nube sferica di gas in espansione. Il nucleo pìccolo ma rovente, che è quel che rimane della stella, scalda il gas fino a farlo brillare. Per alcune migliaia di anni, quindi, la stella si circonda di una splendida nube scintillante: una nebulosa planetaria.
  • Negli ultimi 20 anni del XVIII secolo il grande astronomo inglese William Herschel diede inizio a uno studio approfondito e a una classificazione delle nebulose, chiazze sfumate di luce che non hanno aspetto stellare. Fu proprio Herschel, in un articolo pubblicato nel 1785, a coniare l'espressione «nebulosa planetaria» per descrivere una classe di oggetti la cui forma tondeggiante li faceva assomigliare a versioni spettrali di pianeti. [...]. Herschel ipotizzava erroneamente che le nebulose planetarie fossero oggetti giovani, non ancora condensatisi in stelle.
  • All'inizio del XX secolo si scoprì che le righe spettrali delle nebulose planetarie hanno una tipica forma a due picchi, che indica come questi oggetti si stiano espandendo. [...]. È chiaro quindi che non si tratta di oggetti che sì contraggono per formare nuove stelle, ma di materia espulsa da astri vecchi. Nel 1956 l'astrofisico sovietico Iosif S. Šklovskij formulò e dimostrò l'interpretazione moderna, secondo la quale le nebulose si formano dall'espulsione degli strati esterni di vecchie stelle giganti rosse, e quindi rappresentano la fine, e non l'inizio, della vita di una stella.

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