Misty Copeland
Ballerina statuntense
Misty Danielle Copeland (1982 – vivente), ballerina statunitense.
Intervista di Virginia Dolata, elle.com, 16 febbraio 2021.
- Il posto da cui provieni non determina necessariamente il posto in cui andrai, nella vita.
- [In America è una star. Ma racconterebbe come ha iniziato a ballare per chi ancora non conosce la sua storia?] Avevo 4 o 5 anni, e saltellavo in giro per casa. A 19 anni, mia madre era una cheerleader ed è quindi cresciuta con una vaga idea di quello che erano il balletto, il jazz e il tip-tap. Anche lei ballava in casa, e la musica era parte integrante della nostra vita. In casa regnava sempre una gran confusione! Avevo cinque fratelli e una madre single, e ci spostavamo di continuo. È capitato che non avessimo neppure una casa, e finivamo per farci ospitare da amici, o dormivamo nei motel. La musica è diventata la mia via di fuga.
- [ Qual è stato il momento in cui la danza è diventata la sua grande passione?] Verso i 7 anni. Mariah Carey aveva debuttato con il suo primo album, ed è stata una vera folgorazione vedere una donna dotata di un talento così straordinario. Sentirti rappresentata in quel modo è importante. Ho iniziato a inventarmi dei balletti sulla sua musica, ed è stato allora che mi sono accorta che era quello il mio modo di esprimermi.
- [Ricorda ancora la sua prima lezione?] È stata in un campo da basket, con una T-shirt, un paio di pantaloncini e le calze. L'insegnante ha detto che ero un autentico prodigio e ho finito per vivere con lei per 3 anni prima di passare in un'altra scuola, per circa un anno e mezzo. Ho bruciato le tappe e dopo soli 4 anni sono arrivata all'American ballet theatre di New York come ballerina professionista.
- [Come si è sentita quando l'hanno definita un "prodigio"?] Mi sono resa conto che ballare mi rendeva felice e che per la prima volta stavo facendo qualcosa solo per me stessa. Poi quando sono diventata una professionista, le cose sono cambiate. Se prima tutti mi dicevano "Sei nata per ballare", ora mi sentivo dire: "Sei sbagliata", "Hai troppi muscoli", "Sei troppo bassa", "Sei troppo nera", "La tua formazione non è sufficiente"... Questo però mi ha permesso di capire quanto razzismo ci fosse nel mondo della danza. Com’era possibile che da essere perfetta improvvisamente venissi bollata come: "Sei una professionista, non vai più bene"? Era assurdo.
- [Ha potuto contare su un sostegno morale?] Sì, la comunità nera della danza classica è presente. Ci sono state donne di colore incredibili, non necessariamente ballerine, che sono entrate nella mia vita solo per rassicurarmi, per dirmi che è giusto essere la prima, in qualcosa.
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