Meo Abbracciavacca
Meo Abbracciavacca, noto anche come Bartolomeo Abbracciavacca (XIII secolo – 1313, prima del 1313), poeta italiano.
A scuro loco conven lume clero
modificaA scuro loco conven lume clero,
e saver vero — nel sentir dubbioso,
per ciò ch’orno si guardi dall’ostrero,
ch’è tutto fèro — dolor periglioso.
Amore amaro, a morte m'hai feruto
modificaPoeta. Amore amaro, a morte m’hai feruto:
tuo servo son, non ti fi’ onor s’i’ pèro.
Considerando l'altera valenza
modificaConsiderando l’altèra valenza,
ove piager mi tene,
’maginando beffate, lo penserò
sovenmi, di speranza e di soffrenza
ne le gravose pene,
di disianza portar piú leggero.
Madonna, vostr'altéra canoscenza
modificaMadonna, vostr’altèra canoscenza,
e l’onorato bene,
che ’n voi convene — tutto in piacimento,
mise in voi servir sí la mia ’ntenza,
che cura mai non tene,
né pur sovene — d’altro pensamento;
e lo talento — di ciò m’è lumera.
Non volontá, ma omo fa ragione
modificaNon volontá, ma omo fa ragione,
perché soverchia vantaggiando fèra;
e qual sommette a voglia operazione,
torna di sotto, lá dove sopr’era.
Parlare scuro, dimandando, dove
modifica Parlare scuro, dimandando, dove
risposta chiere veder chiaro l’orma,
non par mistero che sentenzia trove,
ma del sentir altrui volere norma.
Poi sento ch'ogni tutto da Dio tegno
modificaPoi sento ch’ogni tutto da Dio tegno,
non veggio offensa, ch’om possa mendare,
ché alma e corpo e tutto mio sostegno
mi die’ per lui servendo fòr mancare.
Se 'l filosofo dice: — È necessaro
modificaSe ’l filosofo dice: — È necessaro
mangiar e ber, e luxuria per certo: —
parmi che esser possa troppo caro
lo corpo casto, se ’l no sta ’n deserto.
Sovente aggio pensato di tacere
modifica Sovente aggio pensato di tacere,
mettendo in obrianza
d’esto modo parlare intendimento,
ma poi mi torna, punge e fa dolere
la sovraismisuranza
di quei c’han ditto d’aver sentimento
de l’amoroso, dolce e car valore,
nomandolo signore,
ch’ard’e consumma di gioi’ la verdura
del suo fedel: servendolo soggetto,
sempre li dá paura:
vantaggio ’i tolle, ch’avemo da fèra.
Vacche né tora piò neente bado
modificaVacche né tora piò neente bado,
che per li tempi assai m’han corneggiato:
fata né strega non m’hav’allacciato,
ma la francesca gente non privado.
Vita noiosa pena soffrir láne
modificaVita noiosa pena soffrir láne,
dove si spera fine veder porte
di gioia porto posandovi, láne
con bono tempo fôra tale porte.
Bibliografia
modifica- Rimatori siculo-toscani del Dugento, a cura di Guido Zaccagnini, Amos Parducci, Bari, Laterza, 1915.
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