Pietro Ingrao

politico, giornalista e partigiano italiano (1915-2015)
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Pietro Ingrao (1915 – 2015), politico, giornalista, scrittore e partigiano italiano.

Pietro Ingrao

Citazioni di Pietro Ingrao

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  • [Sulla critica alla segreteria del Partito Comunista Italiano] Alcuni di noi parlarono di governo sociale dell'innovazione. Nelle tesi e nel programma parlammo di una programmazione, che andasse oltre i confini sperimentali delle socialdemocrazie con lo stato sociale e che non riproducesse i guasti dello statalismo burocratico prevalso ad Est. Non mi pare che abbiamo lavorato molto a produrre analisi e proposte in questa direzione.[1]
  • Al mio paese c'è un bel santuario dedicato alla Madonna del Colle. In occasione del tricentenario della fondazione di questo santuario verrà a parlare uno con cui ci salutiamo anche gentilmente. Verrà a parlare della Madonna uno che si chiama Giulio Andreotti. Ci siamo capiti.[2]
  • È una grande giornata di speranza per le lotte molto importanti che aspettano voi e tanti lavoratori in Italia e anche fuori d'Italia. Io vi saluto, vi ringrazio di essere venuto qui e vi dico con un vecchio motto: la lotta continua! Auguri a voi, auguri ai lavoratori, auguri agli uomini di pace![3]
  • [...] lasciatemi ricordare che la rivoluzione culturale cinese non è stata certo un'esplosione di spontaneità. Si è trattato là di una consapevole ed organizzata mobilitazione di forze che erano massicciamente presenti nel partito e nella società [...] E tutti quanti sappiamo che si è trattato di un rivolgimento sì; ma di un rivolgimento fortemente guidato dall’alto e concluso dall’alto.[4][5]
  • Tu sali sul palco, hai dinnanzi, come ce le ho avute, piazze piene di gente. È un po' una sceneggiata, un atto teatrale: i saluti, la presentazione, gli evviva, le bandiere. Tutto questo, però, è come l'involucro. Poi comincia una cosa molto più difficile e profonda: tu che stai là sopra riuscirai a comunicare veramente? Lo scopri solo se c'è un momento, del comizio, del tuo discorso, in cui senti che ti puoi fermare, senza nemmeno finire la frase. Ti fermi e ti accorgi che la piazza non si muove perché aspetta il seguito della tua frase. Se in quel momento ti accorgi che ti puoi fermare, bere un bicchiere d'acqua, soffiarti il naso o non fare nulla, e la piazza sta ferma a sentire, allora vuol dire che si è creato un filo, una comunicazione, un legame, tanto forte quanto impalpabile, tra te e le persone.[6]
  • Tutte le cose intorno a noi sottolineano l'urgenza di procedere ad un profondo rinnovamento della vita economica e dell'apparato produttivo, indispensabile per ridurre il flagello dell'inflazione, per aprire una possibilità di lavoro qualificato per milioni di giovani e di donne, oggi senza prospettiva, per restituire forza, prestigio e stabilita all'Italia nell'economia mondiale e nel tormentato orizzonte internazionale. Ciò domanderà grande rigore e giustizia nelle scelte che compirete, severità nel costume politico, intelligenza innovativa e respiro democratico nella mobilitazione delle energie creative di grandi masse umane, chiamate a portare il paese fuori dalla pesante crisi che lo percuote. [...] Il nostro è un popolo forte, maturo, che può e sa affrontare le prove e i sacrifici necessari, e sa darsi una giusta e responsabile autodisciplina, a condizione di essere sempre più chiamato a conoscere, a partecipare, a controllare.[7]

Masse e potere

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Intendo svolgere alcune considerazioni sui caratteri del partito democristiano, sul modo con cui si determinarono e si svilupparono i suoi rapporti con la società italiana nel momento del crollo del fascismo e sulle novità che esso introdusse nella vita politica italiana. Dico subito che non condivido la tesi che riduce il partito democristiano ad un partito conservatore. Ritengo anzi che questo giudizio – a volte dichiarato, a volte sottinteso – oscura aspetti importanti, che hanno deciso della «fortuna» del partito democristiano, e che sono alla radice delle sue contraddizioni interne.
Dato il tempo a disposizione potrò procedere solo per affermazioni, limitandomi spesso, più che a giungere a conclusioni, ad indicare temi di ricerca.

Citazioni

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  • Amendola ha toccato nel suo intervento la grande e difficile questione dell'unità da realizzare tra disoccupati e occupati. Sono pienamente d'accordo che la realizzazione di tale unità è un obiettivo decisivo: se si determina una frattura tra occupati e disoccupati, tutta la battaglia per un nuovo sviluppo subisce un colpo. Perciò la questione del Mezzogiorno ancora ha carattere centrale. (p. 98)
  • [...] la crisi attuale degli apparati pubblici, la loro cosiddetta inefficienza prendono solo l'aspetto di fatti di «corruzione» e di prepotenza, proprio perché visti a sé, epidermicamente e non nella loro connessione con il processo sociale.
    Riflettere alle vicende degli anni cinquanta, alle lotte ed anche ai ritardi di allora, ci porta dunque a temi brucianti dell'oggi, e può giovare anche a quel ripensamento della questione meridionale in un discorso europeo che appare oggi urgente. (p. 99)

Citazioni su Pietro Ingrao

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  • Può apparire strano, ma da quei quattro anni di vicinanza ho tratto l’immagine di una persona appassionatamente di sinistra, certo, ma anche profondamente liberale, almeno per quel che riguarda il mondo delle idee. (Pietro Ichino)
  1. Citato in Pci contro la gestione di Natta, La Stampa, 29 luglio 1987
  2. Da Pietro Ingrao e Alex Zanotelli, Non ci sto!, Manni Editori, 2003.
  3. Dal discorso alla manifestazione del 20 ottobre 2007 a Roma. Video disponibile su Youtube.com.
  4. Dal discorso al Comitato centrale del PCI sulla radazione del manifesto, 15 ottobre 1969. Trascritto su ilmanifesto.it.
  5. Citato in Lorenza Cerbini, Come parlava il Pci: da «abatino» a «mosca cocchiera», 180 parole «perdute», corriere.it, 14 febbraio 2018.
  6. Citato in Mario Sesti, Ingrao: il mio Chaplin, la Repubblica, 30 marzo 2005.
  7. Dal discorso di insediamento alla Presidenza della Camera, VII legislatura, 5 luglio 1976; disponibile su Camera.it.

Bibliografia

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  • Pietro Ingrao, Masse e potere, Editori Riuniti, Roma, 1977.

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