Marina Di Guardo

scrittrice italiana

Marina Di Guardo (1961 – vivente), scrittrice italiana.

Intervista di Stefania Saltalamacchia, vanityfair.it, 16 maggio 2021.

  • Ho finito il mio libro 10 giorni fa. Sono molto soddisfatta che da un periodo così brutto sia riuscita a tirarne fuori qualcosa. Me l'ero messo in testa: voglio creare da qualcosa di molto brutto qualcosa di molto bello.
  • [A vedere il bicchiere mezzo pieno si impara?] Basta pensare che dagli schiaffi che riceviamo dalla vita possono sempre nascere nuove cose. Basta cambiare stile, modo di pensare. La vita è questa: eventi belli, e meno belli. Noi dobbiamo mettercela tutta. Io credo di averlo imparato quando è nata la mia terza figlia. Valentina è nata minuscola, alla 26esima settimana. Siamo stati tre mesi in ospedale, non sapevo come e se ne sarebbe uscita. Lo ricordo come un periodo difficilissimo, duro, ma che mi ha fatto capire, se si ha voglia di crederci, che alla fine sarai felice di aver affrontato quella situazione con tutta te stessa. Per me la più grande vittoria è stata essere riuscita a portarla a casa.
  • [Le sue origini sono al Sud, in Sicilia. Che rapporto ha con le radici?] I miei genitori erano siciliani, e a me sembra davvero di appartenere a quella terra, nonostante non ci abbia mai vissuto. E sono molto legata anche alla Puglia, ci vado spesso per vacanza e per presentare i miei libri».
  • [Il suo ultimo romanzo, Nella buona e nella cattiva sorte, affronta anche il tema della violenza contro le donne.] Purtroppo sempre di drammatica attualità. Non bisogna mai smettere di parlarne, la pandemia ha anche peggiorato molte condizioni. Molte donne si sono trovate a vivere situazioni drammatiche, costrette a far finta di chiedere una pizza per ricevere aiuto. Noi donne dobbiamo fare rete, esserci le une per le altre. Essere sorelle davvero.
  • [Da dove iniziare?] Nel provare a cambiare mentalità. È un problema che coinvolge ancora tutte le generazioni. Bisogna parlarne in famiglia, insegnare ad amare, a rispettare le persone. Spesso chi è violento contro le donne è cresciuto in un'atmosfera di violenza. I figli maschi vanno educati alla cultura del rispetto, spesso in alcune famiglie permane ancora la mentalità che un figlio maschio sia «migliore» rispetto a una figlia femmina. E poi credo sia necessario dare tante attenzione anche alle proprie figlie. Una figlia che si sente amata, compresa, stimata sarà una donna risolta. Non accetterà un amore malato, o almeno riconoscerà più facilmente che quello non è amore.

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