Margo Price
Margo Rae Price (1983 – vivente), cantautrice statunitense.
Intervista di Angie Martoccio, Rolling Stone US; ripubblicato in rollingstone.it, 17 gennaio 2023.
- Per certi versi l'alcol m'ha salvato la vita. Ok, mi ha quasi uccisa, però ha anche attutito il dolore quando tutto andava in malora. Potrei scrivere un disco country tutto dedicato all'alcol.
- Non vado fiera di tutto quel che ho fatto, ma penso che visto che prima o poi moriremo tutti voglio essere sincera.
- C'è chi dice che scrivere non è una terapia, perché lo fai da sola e non con un terapista, ma credo di aver fatto una buona parte del lavoro duro grazie alla mia arte. È liberatorio tirar fuori tutto.
- [«Qual è il tuo periodo preferito di Dylan?»] Il Dylan sotto anfetamina del 1966. Blonde on Blonde. Ma sceglierne uno è un casino. In passato mi sono travestita da due diversi Dylan e non era nemmeno Halloween, era per dei live tributo. Ho impersonato quello del '66 con la camicia a pallini: avevo una parrucca, gli occhiali da sole e tutto il resto. E poi mi sono travestita da Dylan del periodo Desire, con il trucco bianco sul viso. Ho fatto un concerto con lui, anch'io ero in cartellone. Ho un poster con il mio nome sotto a quelli di Willie Nelson e Bob Dylan. Pazzesco.
- Voglio che la gente mi prenda sul serio come autrice. Noi donne dobbiamo lavorare molto più duramente per dimostrare ciò che valiamo.
- A volte leggo commenti dei fan che dicono che avrei dovuto continuare a fare country. E qualche mio buon amico mi ha detto che gli piaccio quando canto in modo più rock, ma che dovrei fare dischi country perché mi vengono benissimo. Il punto è che non voglio essere etichettata.
- Spesso, nella scena, mi sento sola [...] C'è il giro del pop-country vero e proprio, ci sono gli artisti che fanno la spola fra entrambi i mondi e che vengono chiamati a tutte le premiazioni. E poi ci sono io che sono stata ostracizzata da gran parte dell'establishment di Nashville, perché il mio primo album [Midwest Farmer's Daughter del 2016] parlava degli aspetti squallidi della scena. Nel mio secondo disco [All American Made del 2017] c'erano pezzi controversi. La gente non sa mai cosa dirò o farò e mi va bene così. Potrei sempre dire qualcosa che non va [ride]. Ci sono persone che mi sostengono e mi fanno sentire a mio agio, ma credo che a volte la faccenda sia un po' più competitiva di quanto si sappia. Crescendo ho provato a dare sostegno alle persone che sono più o meno della mia età. Sono una grande snob a livello musicale, anche se so che a volte certe amicizie o collaborazioni potrebbero aiutarmi, raccoglierei più ascolti in streaming, ma non ce la faccio davvero. Non riesco a fare musica in cui non credo e non sono capace di leccare il culo. Siamo troppo invischiati nell'idea che le donne devono supportare le donne, altrimenti sono delle brutte persone. Io dico: e se quelle donne collaborano con razzisti e cospirazionisti? Insomma, bisogna per forza supportare tutti? E se non sono delle brave persone? Detto ciò, sostengo le donne in cui credo e lo farò fino alla fine.
- Devo lavorare molto duramente per non perdermi nel vortice dell'ostentazione e nel denaro. In questo lavoro si sperimentano alti e bassi estremi. Quando sali sul palco o la stampa parla bene di te ti arriva una botta di dopamina. Quando non succede, è esattamente il contrario. Ho cercato di non perdermi in queste cose, perché là fuori è un casino. I social media non hanno influito solo sul mondo della musica, ma su tutto. Devi vivere connesso tutto il tempo, ma quando inizio a sentirmi intossicata spengo tutto e cerco di ricordarmi il motivo per cui all'inizio ho preso in mano una chitarra.
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