Macario il Grande
monaco e santo egiziano
San Macario il Grande, noto anche come Macario il Vecchio o Macario l'Egiziano (300 – 390), monaco e abate egiziano.
Da AA.VV., Vita e detti dei Padri del deserto
a cura di Luciana Mortari, Roma, Città Nuova, 2005.
- [Il padre Macario raccontava di sé] Quando ero più giovane e vivevo in una cella in Egitto, mi presero a forza e mi ordinarono chierico nel villaggio. Ma poiché non volevo accettare, fuggii in un altro luogo. Qui venne da me un pio secolare, che faceva il mio lavoro manuale e mi serviva. Avvenne che una vergine del villaggio, tentata, cadde in peccato. Quando si accorsero che era incinta, le chiesero: – Chi è stato a far questo? Disse: – L'anacoreta. Quelli del villaggio vennero a prendermi, mi attaccarono al collo delle pentole nere di fuliggine e dei manici di vasi di terracotta, e mi condussero in corteo per le strade del villaggio, percuotendomi e dicendo: – Questo monaco ci ha violato la vergine, prendetelo, prendetelo! E mi picchiarono tanto, che quasi ne morivo. Intervenne uno degli anziani e disse: – Fino a quando colpirete questo monaco straniero? Il mio servitore mi seguiva pieno di vergogna, mentre lo colpivano di insulti dicendogli: – Ecco che cosa ha fatto l'anacoreta a cui tu rendevi testimonianza! I genitori di lei dissero: – Non lo lasceremo andare finché non avrà assicurato di mantenerla. Lo dissero al mio servitore ed egli garantì per me; e io tornato nella mia cella, gli detti tutti i canestri che avevo dicendogli: – Vendili e da' da mangiare a mia moglie. E dicevo fra me: – Vedi, Macario, hai trovato moglie; devi lavorare un po' di più per mantenerla. Facevo canestri notte e giorno e glieli mandavo. Venne per l'infelice il tempo di dare alla luce il bimbo, e il travaglio durò parecchi giorni senza che riuscisse a partorire. Le dicono: – Che cosa significa ciò? – Lo so, rispose, la ragione è che ho calunniato l'anacoreta accusandolo falsamente. Non è stato lui, ma quel giovane. Il mio servo venne a raccontarmi felice che la ragazza non aveva potuto partorire finché non ebbe confessato: – Non è stato l'anacoreta, ho mentito contro di lui. Ed ecco che, udito ciò, tutto il villaggio vuole venire qui per darti onore e chiederti perdono. Ma io, a queste parole, per non essere disturbato dalla gente partii e mi rifugiai qui a Scete. Questo fatto è all'origine della mia venuta qui. (Macario l'egiziano, 1)
- [Alcuni chiesero al padre Macario: "Come dobbiamo pregare?". L'anziano rispose loro] Non c'è bisogno di dire vane parole, ma di tendere le mani e dire: – Signore, come vuoi e come sai, abbi pietà di me! Quando sopraggiunge una tentazione basta dire: – Signore, aiutami! Poiché egli sa che cosa è bene per noi e ci fa misericordia. (Macario l'egiziano
Da AA.VV., Bustān al-Ruhbān (Il Giardino dei monaci)
a cura di anba Epiphanius, Monastero di San Macario, 2013.
- [Rispondendo alla domanda di abba Poemen: "Padre, che cosa bisogna fare per acquisire la vita?"] Nutriti in ogni momento al cibo della vita che è del santissimo nome, il nome di nostro Signore Gesù Cristo, senza stancarti, perché esso è dolce nella tua bocca e nel tuo palato. Ripetendolo la tua anima si arricchisce . In questo modo acquisirai la vita. (n. 60)
Da Umiltà e misericordia: Virtù di San Macario
a cura di Lisa Cremaschi, Magnano, Qiqajon.
- Si raccontava di abba Macario che, quando progredì in virtù, e perseverava nel rendimento di grazie con grande pazienza, il Signore della gloria gli inviò un cherubino che lo condusse in questo deserto. Il cherubino gli mise la mano sul petto come per misurarlo. Abba Macario gli disse: "Che significa questo?". Gli rispose il cherubino: "Peso il tuo cuore". Gli chiese abba Macario: "Qual è il senso di queste parole?". Il cherubino gli disse: "Daranno a questo deserto, che Cristo ti ha dato in eredità, il nome del tuo cuore, ma egli te ne renderà i frutti." Abba Macario chiese: "Quali frutti?". Disse il cherubino: "Dei frutti spirituali, cioè i comandamenti e le virtù, e il Cristo nostro Dio farà di te un dio di un popolo numeroso su questa terra. Quelli che ascolteranno, custodiranno e osserveranno i tuoi ordini saranno una corona e un diadema regale sulla tua testa nel giorno della parusia del re, il Cristo". Dopo queste parole, il cherubino lo stese a terra come crocifisso [in copto: lo sospese alla croce a terra] e gli disse: "Ti crocifiggerai con Cristo e sarai con lui sulla croce adorno di virtù e avvolto dal loro profumo; le tue opere giungeranno alle quattro estremità della terra e faranno rialzare molti sprofondati nel fango del peccato; essi lotteranno e combatteranno nella schiera di Cristo". E abba Macario crocifiggeva il suo corpo e adempiva con zelo tutto ciò che il cherubino gli aveva detto. (Virtù 1, p. 29)
- Le insidie del nemico sono state chiamate con il nome di "notte" e "tenebra", come dice Paolo: Noi non siamo della notte, né della tenebra, ma del giorno (1Ts 5,5.8); certamente il Figlio di Dio è il giorno (cf. Gv 12,35-36) e il diavolo è la notte (cf. Gv 13,30). Ma se il cuore vince in parte queste guerre, i demoni per invidia tornano di nuovo da chi li combatte e cominciano a imporgli la guerra. In queste guerre il cuore è debole e l'uomo non è più in grado di custodire la purezza. Il nemico gli presenta la lunghezza del tempo, le fatiche delle virtù e la durezza della vita, perché grande è la fatica e il corpo è debole. Ma se il cuore, indebolito in questa lotta e stremato nelle fatiche del combattimento, rigetta lontano da sé il male e invoca Dio con il gemito della sua anima, allora il Dio buono e pieno di misericordia per la sua creatura le invia una potenza santa. Essa prende possesso del suo cuore, gli dona lacrime, gioia e consolazione cosicché egli vince il suo nemico e quest'ultimo non prevale più su di lui, ma è pieno di timore dinanzi alla potenza che gli è giunta, come dice l'apostolo Paolo: Combattete per ricevere potenza (cf. Ef 6,10-11). Ed è di questa potenza che parla Pietro quando dice: C'è una eredità che non si corrompe, non si macchia. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede (1Pt 1,4-5). Quando il Dio buono vede che il cuore vince il nemico, allora considerando il suo buon proposito comincia a ritirargli la potenza e subito permette al nemico di muovergli guerra dall'interno mediante le impurità, i piaceri degli occhi, la vanagloria e l'orgoglio come a una barca senza timone che viene sballottata qua e là. Se il cuore diventa debolissimo a causa degli sforzi del nemico, allora il Dio buono e pieno di misericordia per la sua creatura gli invia di nuovo la potenza santa; essa prende possesso dell'anima, del cuore, del corpo e delle altre membra mettendole sotto il giogo del Paraclito, come dice il nostro Signore Gesù Cristo: Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore (Mt 11,29). Allora il Dio buono comincia ad aprire gli occhi del cuore per insegnargli a rendere gloria a Dio con cuore umile e contrito come dice Davide: Sacrificio per Dio,è un cuore contrito e umiliato (Sal 50,19); attraverso le sofferenze di queste guerre, infatti, vengono nel cuore l'umiltà e la contrizione. Allora la divina potenza svela al cuore, al nous, le realtà celesti, le lodi e la gloria che attendono chi avrà sopportato queste guerre e manifesta che se l'uomo sopporta sofferenze tanto grandi, esse sono poca cosa a confronto degli onori che Dio gli darà, come afferma ancora l'Apostolo: Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi (Rm 8,18). Allora vengono resi noti al cuore i castighi e quelli che subiscono il castigo e altre cose ancora che non posso ricordare. E il Paraclito stabilisce delle regole per il cuore, cioè: la purezza dell'anima e delle altre membra, una grande umiltà, vigilanza, sobrietà della mente, sottomissione ad ogni creatura, il non far conto del male in chiunque si trovi, la purezza degli occhi, la custodia della lingua, la purezza dei piedi, la giustizia delle mani, il servizio delle preghiere, sofferenza fisica e attenzione a Dio. Queste cose gli vengono ordinate con misura e prudenza, non nel turbamento, ma nella fermezza. Se la mente disprezza i comandamenti dello Spirito, allora la divina potenza si ritira e nel cuore nascono guerre e turbamenti; le passioni del corpo lo turbano perché il nemico lo assale e vi getta il suo seme. Ma se il cuore si converte e custodisce i comandamenti dello Spirito, allora si trova al riparo. Allora l'uomo sa che dimorare in Dio è il suo riposo, come ha detto Davide: Signore, da quando ho gridato a te ho trovato riposo secondo il tuo volere (cf. Sal 60,2-6; 61,2). Io dico che a meno che l'uomo non possieda nel proprio cuore e nel proprio corpo una grande umiltà, non si ritenga un nulla in qualsiasi cosa, non sopporti le offese subite, non si faccia violenza in ogni cosa, non abbia la morte davanti agli occhi giorno dopo giorno, non rinunci alle cose della terra e a quelle secondo la carne, non può avere la forza di custodire i comandamenti dello Spirito santo. (Virtù 5, pp. 33-36)
- [Disse abba Poemen: "Una volta ero seduto con alcuni fratelli presso abba Macario e gli dissi: "Padre mio, quale opera dovrà fare l'uomo per acquistare la vita?". L'anziano mi disse] Nella mia infanzia, a casa di mio padre, notavo che sia le donne anziane che le giovani avevano qualcosa in bocca, della gomma da masticare per addolcire la saliva e il cattivo odore, ed essa, inoltre, nutriva e rinfrescava il fegato e tutte le viscere. Se questa cosa carnale dà dolcezza a quanti la tengono in bocca e la masticano, quanto più il nutrimento di vita [cf. Gv 6,35], la fonte della salvezza, la fonte delle acque della vita [cf. Ap 21,6], la dolcezza di tutte le dolcezza, nostro Signore Gesù Cristo. I demoni come sentono il suo Nome glorioso e benedetto sulle nostre bocche si dileguano come fumo [cf. Sal 36,20]. Se restiamo saldi in questo Nome benedetto, se lo ruminiamo, esso ci rivela le profondità del cuore che guidano l'anima e il corpo e scaccia ogni pensiero malvagio dall'anima immortale, le rivela le cose celesti, soprattutto colui che è nei cieli, il nostro Signore Gesù Cristo, re dei re, Signore dei Signori [Ap 19,16] che dona ricompense celesti a quanti lo cercano con tutto il cuore [...]. (Virtù 13, p. 42)
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