Luigi Necco

giornalista, telecronista sportivo e scrittore italiano (1934-2018)

Luigi Necco (1934 – 2018), giornalista, telecronosta sportivo e scrittore italiano.

sportreview.it, 5 maggio 2014.

  • [Necco, quanto tempo è ormai passato… Ma quel calcio era davvero così diverso da quello di oggi?] Mah, sotto il profilo del gioco certamente molto è cambiato: negli anni dei grandi campioni si può parlare di un calcio più riposato, più "affidato" proprio ai piedi di questi assi. E vale un po' per tutte le squadre, ognuno con il suo, anche se proporzionati al livello e agli obiettivi delle società. Ecco, sì: i campioni di allora erano davvero rincorsi dai club. Non era solo una questione di prezzo o di stipendio, era proprio una ricerca, un corteggiamento, una fissazione. Ne venne fuori il più bel campionato d'Europa e non dico del mondo soltanto per il grande rispetto che ripongo nel calcio autoctono brasiliano. E proprio però i sudamericani erano i più attratti dalla Serie A, dall'Italia, dal Belpaese europeo.
  • [L’Italia in cosa era diversa da quella del 2014?] Guardi, strutturalmente io non ci vedo grande differenza. La cultura del sospetto, gli scandali. Certo però l'esposizione mediatica era ben diversa. Se posso dire, oggi è molto peggio. Quelli di Novantesimo sono stati gli ultimi anni nei quali il calcio portava in dote, fuori dall'evento partita e dallo stadio, il fatto di ritagliarsi come un momento di tutti contemporaneamente. Uno spazio speciale. Oggi i piedi di un Totti possono valere lo spot di una mozzarella di martedì mattina. La pubblicità ha nella sostanza distrutto il calcio, lo spezzatino ne è la riprova: non ci sono più appuntamenti unici per tutti. E questo alimenta pressioni, rivalità, polemiche la maggioranza delle volte totalmente sterili.
  • [Maradona, chissà quante volte ha risposto su Maradona! Io le chiedo un fotogramma fuori dal rettangolo di gioco.] Maradona ha raccontato tutto grazie a un collega che ha saputo sempre come prenderlo per intervistarlo al meglio: mi riferisco a Gianni Minà. [...] Su Maradona posso aggiungere che davvero amava avere intorno gente con il sorriso, si esaltava nelle positività, odiava i musoni anche se lui talvolta era il primo tra questi perché soffriva a tratti il peso appunto di questa città che era diventata morbosa. E a proposito di sorrisi, una volta durante un allenamento mi tolse il berretto e se lo mise lui continuando la sessione e facendo andare su tutte le furie Ottavio Bianchi.

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