Giuseppe Fanciulli
pedagogista e scrittore italiano (1881-1951)
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Giuseppe Fanciulli, noto anche con lo pseudonimo di Mastro Sapone (1881 – 1951), pedagogista, poeta e scrittore italiano.
Lisa-Betta
modifica- Vi fu qualche turbine di vento. La neve, sollevata, mulinava, ricadeva in stracci leggeri. La foresta gemeva, e si udivano gli scoppi dei rami che, troppo carichi e troppo tormentati, si spezzavano. (da La neve)
- La furia dell'aria riusciva a svelare tra le nubi larghi specchi di azzurro, e un raggio di sole accendeva fra tanto candore un brillìo infinito. (da La neve)
- Un gran cielo bigio. Difficile riconoscere i luoghi, ma la linea degli abeti, sul margine della foresta, è un sicuro segnale. (da Sulla neve)
- Sembra di calare nel fondo di un immenso pozzo; la nebbia grigia rotola giù dall'orlo lontano, si ammucchia, soffoca fino il respiro. (da Sulla neve)
Creature
modificaTutto il cielo è popolato di stelle. Sono le stelle piccolissime e immense. Sono punti d'un ricamo luminoso che scintillano su un velluto cupo, che tramano su un velo diafano, che impallidiscono su una seta cilestrina. Sono lucciole erranti per prati infinitamente vasti, con un palpito continuo, mai stanco.
Citazioni
modifica- Si ravvivono le stelle a una a una, sempre più frettolose, come per taciti richiami. Passa una mano e segna il punto luminoso, e spinge la lucciola, e accende il fanale, e sveglia gli occhi e apre le finestrelle, e sboccia i fiori, e trae i brillanti dallo scrigno. (p. 4)
- Impallidisce tutto il cielo, passa la mano onnipotente, e stacca il punto luminoso, abbatte la lucciola, spegne il fanale, cala le palpebre sugli occhi, serra le finestrelle, recide i fiori, e richiude i brillanti nello scrigno. (p. 5)
- Più alta, più alta, la luna si faceva anche più piccola; ma il fulgore raccolto era sempre maggiore. Dal sommo del cielo la luna inondava di luce i campi delle stelle tramortite, e tutta la faccia della vecchia terra lontana. (p. 8)
- Dal fondo delle strade, dall'ombra dei giardini, dal quadro nero delle finestre mille occhi umani si alzano verso la luna; scende un sottile raggio di luce, s'inoltra la lenta inondazione negli occhi e nei cuori, ed ogni volta trae alla superficie, galleggiante nel fulgore perlaceo, un sorriso o un sospiro, un desiderio o un rimpianto. (p. 10)
- A mezzogiorno il sole è rimasto a guardare fissamente dall'alto deserto la terra, che gira sotto il suo sguardo. Un campo di grano, che muta la veste verde nella veste d'oro, crede d'averlo per sé solo e ne gode. (p. 12)
- Il sole guarda, dona a ogni spiga il tesoro della luce, del suo calore. Il seme nei freschi astucci s'intiepidisce, e già sogna, cullato nel moto della spiga, l'oro dei campi futuri. (p. 16)
- [Vento] Arrivò di colpo dietro la siepe e la passò con un salto; nessuno l'aveva visto venire, nessuno lo vedeva, ed era da per tutto. Era giù basso sull'erba, che si piegava e si alzava in strisce d'un verde pallido quasi cenerino; più giù ancora, nella conca bruna dello stagno, che si apriva e si allargava. Era in alto, lungo i lini bianchi, appena lavati e messi sulla fune; più in alto ancora, tra i ciuffi degli alberi, tremanti in ogni foglia. (p. 18)
- Livide, gonfie, le nuvole coprivano il cielo. Sotto il loro immenso volume, la terra si appiattiva; e le case, le piante, le alture erano appena segni fuggevoli. Tutta la vita che in mille forme si moveva giù, ricchezza infinita, preparata con le essenze più preziose, era nulla. (p. 27)
- Andarono le pecorelle brucando per il cielo, coi dorsi stretti e i musi affondati; andavano lente. In mezzo ad esse, il pastore chiamava con larghi cenni le più lontane, e ancora gettava gigli dal bastone prodigioso. (p. 30)
- Il lago spezzò le rive, e fu un mare tutto ingombro. Vagavano, trasportate da correnti invisibili, montagne di ghiaccio lucente sotto il sole, che a tutti si dirompevano, cambiavano forme, e continuavano a andare nella forza che le portava. (p. 31)
- [La Sorgente] Scendo dai ghiacci, | dai ghiacci distesi nel sole. | Scivolava a goccia a goccia | dai massi gelidi, | raccolta in breve onda verde, | sottile m'immersi nella terra buia. (p. 32-33)
- [La Sorgente] Toccato ho le piante, le forme animali | di tempi che furono: felci e ciclamini, | vermi e nautìli di secoli morti, | durissima pietra. (p. 33)
- [La Sorgente] Più ancora mi piace la coppa, il macigno, | la felce che pende, il muschio che beve, | la via tutta aperta nell'aria, alla luce, | pel giro più grande, che ora mi aspetta. | Gorgoglia, gorgoglia, sciaguatta, sciaguatta... (p. 34)
- Rise la sorgente nel profondo gorgòglio: e anche più dolce fu la sua voce. (p. 36)
- Gli abeti nel dolce tepore trasudano resina; e si diffonde la fragranza di quel respiro, lontano: sola di nuovo canta la fonte, nell'infinita pace meridiana. (p. 37)
- Dal nero fitto si alzarono zirli d'insetti invisibili, fremiti cadenzati, uguali, vita delle erbe folte. Intorno al bacino della fonte rimase un tenue chiarore, spiovente da tre vivide stelle affacciate tra le chiome nere degli abeti. (p. 39)
- Da una polla nascosta nella grotta scaturisce la prima acqua del fiume. Oh, fiume reale, qual debole, minuto, e chiaccerino principino tu sei! (p. 40)
- Tra le felci folte, tra i rovi sanguigni e spinosi, si fa strada l'acqua curiosa; affonda e procede in un suo breve letto; è un ruscello che salta, spumando, petrose cascate, si allarga in tònfani popolati di grosse trote, s'addormenta un istante in acquitrini azzurri di myosotis... e riprende la via, frusciando, cantando. (p. 40)
- Il fiume guarda lontano, e già vede la fine del lungo viaggio; una strisca azzurra chiude la via, la rompe per sempre; il mare! il mare! (p. 47)
- L'aria adunata nei vacui fili della ginestra, mossa dal gran calore, usciva in fretta a traverso i pertugi della verde prigione; ma spesso l'impeto era era tanto, che ne seguiva uno scoppio, e il ramicello, spezzato in due, saltava in alto, a scompigliare l'ardente chioma. (p. 49)
Bibliografia
modifica- Giuseppe Fanciulli, Lisa-Betta, S .E .I., Torino.
- Giuseppe Fanciulli, Creature, S .E .I., Torino 1955.
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