Lino Miccichè
storico e critico cinematografico italiano (1934-2004)
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Lino Miccichè, vero nome Niccolò Miccichè (1934 – 2004), storico e critico cinematografico italiano.
Citazioni di Lino Micciché
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- Curiosamente questo film [...] oscilla tra uno stile televisivo, tutto immediatezze realistiche, linguaggio asciutto, macchina in mano, ed una prestazione da teatro dei mattatori, con un Manfredi superlativo, che parla, gestisce, si muove, balza da un angolo all'altro delle inquadrature, come se fosse sul palcoscenico. Sicché la "storia", decisamente deamicisiana e all'insegna dei buoni sentimenti, acquista, grazie all'attore (che ha anche collaborato alla sceneggiatura) una serie di sfumature, di coloriture, di tratteggi che variano piacevolmente con efficacia dal comico al patetico, ben governati da una regia professionalmente assai corretta, da una sceneggiatura garbata e da una prestazione di Manfredi sotto ogni aspetto eccellente.[1]
- [Su Pentimento] L'importanza politico culturale del film è enorme; ci troviamo di fronte ad un'opera che - senza esagerazioni - ha nel cinema sovietico la stessa importanza che ebbe nella vita politica sovietica, ed esteuropea in generale, lo storico «Rapporto Chrusciev».[2]
- [Su Pentimento] Era, si diceva, un film ispirato a Beria: o anche, si mormorava a Mosca, a Stalin. In realtà Penitenza è il film più duro, più chiaro, più radicale sullo stalinismo e sul comunismo «storico» che sia mai stato fatto. Nei cinema di Mosca, la gente ne accoglie l'inizio in silenzio e la fine in lacrime: dietro questo «grottesco», lucido e disperato, ci sono alcuni milioni di morti, di reclusi, di internati in manicomio, di «desaparecidos». Ci commuove, ci indigna, ci prende alla gola: è un film che dice le lacrime e il sangue del più grande inganno del secolo. Sia lode al gorbaciovismo che lo ha liberato e fatto circolare. Ma non permettete più a nessuno di dire che quella sanguinosa menzogna fu l'alba, sia pure tormentata, di una nuova umanità.[2]
- Pentimento non è un film cui si addica propriamente l'aggettivo «bello»; ha non poche ridondanze che lo rendono innecessariamente lungo, ha una chiave grottesca non sempre misurata, ignora l'arte dei semitoni e sfocia sovente del sovraccarico espressionistico. Ma, fatte queste doverose precisazioni «estetiche», va detto che l'importanza politico culturale è enorme: ci troviamo, infatti, al film più duro, più radicale e più chiaro che sia mai stato fatto «dall'interno», su quella realtà del comunismo storico che è lo stalinismo (anche se, ancora una volta, nell'allegoria del «varlamismo» e nel suo senso di discorso sullo «stalinismo», si continua a considerare «colpe» di una persona quelle che furono colpe di un «sistema», aggravate, soltanto aggravate, dalla «personalità» deviante).[3]
Note
modifica- ↑ Da una recensione del film Café Express, 20 febbraio 1980.
- ↑ a b Da Vitalità del cinema, Avanti!, 9 maggio 1987.
- ↑ Da La più chiara denuncia dello stalinismo, Avanti!, 11 dicembre 1987.
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