Lajos Zilahy

scrittore ungherese

Lajos Zilahy (1891 – 1974), scrittore ungherese.

Lajos Zilahy

Citazioni di Lajos Zilahy

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  • Il corpo della donna è fatto per essere dato al maschio. L'importante è solo il gesto ed il momento in cui lo si offre. (Da I Dukay, p. 331)

Incipit di alcune opere

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Cominciò così

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Il pomeriggio di fine giugno è canicolare; ho dovuto abbassare le tende ed ora nella penombra scintillante gli oggetti di metallo; il portacenere sul tavolo, l'ottone del piede del pianoforte, e, in fondo alla stanza, l'argentea superficie dello specchio pare languire. Nell'ambiente regna il grande e dolce torpore dei meriggi estivi.

Due prigionieri

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Era settembre. Le sette di sera.
Sulle colline di Buda, un tárogató suonava tristemente, e pareva desse l'addio all'estate. All'angolo di una via, appoggiato al bastone, un giovane ascoltava. Ora ch'era in quei paraggi, non provava più alcun desiderio di recarsi al tè del dottore, fra gente che gli era estranea e a cui non aveva niente da dire.
Le conoscenze che si fanno in questo modo servono soltanto a mettere in imbarazzo, alcune settimane dopo, quando ci si incontra in tranvai. Bisogna salutare quella signora dal piccolo cappello di velluto, seduta di fronte, con la quale ci si è appena visti a un tè?
Se non si saluta, guai; se si saluta, peggio ancora, perché le conversazioni che nascono in questi incontri sono le più faticose.
Il giovane ascoltava la voce sonora del tárogató e pensava a quanto sarebbe stato meglio trascorrere quel meraviglioso pomeriggio settembrino, vagabondando per le vie silenziose di Buda.

I Dukay

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Al campanile del villaggio di Willensdorf, tozzo ed esagonale, stavano scoccando le otto. Una splendida sera d'estate. I rintocchi delle campane si mischiavano col rombo d'una invisibile cascata. Seduto sull'unica panca della stazione ferroviaria, un giovine domestico in livrea da caccia, certo Tobia, sonnecchiava in attesa del treno. Semiaddormentato com'era, i rintocchi delle campane gli sembravano strisce d'oro brunito che screziassero il fruscio della cascata. Sotto il villaggio, le acque dell'Inn correvano tra le sponde dirupate agitando il loro strascico verdeazzurro col fare rabbioso d'una vedova infuriata che stia per dare sfogo a tutto ciò che le sta sullo stomaco. Lo sfogo prorompeva al mulino: bianco spumeggiare d'onde indignate. Il mulino protestava battendo le pale della ruota e cercando lamentevolmente di spiegare come stavano le cose; ma l'Inn non voleva sentir niente e andava avanti strepitando, tirando i capelli ai cespugli delle sponde o addirittura sommergendoli sotto i flotti della sua collera.

Bibliografia

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  • Lajos Zilahy, Cominciò così, in Romanzi e racconti, n. 1, anno I, Sadea Editore, Firenze, 1965.
  • Lajos Zilahy, Due prigionieri, (Két fogoly), traduzione di F. Vellani-Dionisi e G. Martucci, I David dall'Oglio, 1966.
  • Lajos Zilahy, I Dukay, traduzione dall'americano di Clemente Fusero, dall'Oglio, editore, 1949.

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