Dean Koontz

scrittore statunitense orrore e fantascienza
(Reindirizzamento da La notte del killer)

Dean Ray Koontz (1945 – vivente), scrittore statunitense. Ha utilizzato numerosi pseudonimi, tra cui Aaron Wolfe, Brian Coffey, David Axton, John Dwyer, John Hill, K.R. Dwyer, Leigh Nichols, Leonard Chris, Owen West, Richard Paige.

  • A volte Spencer pensava che il cane, avendo dovuto sopportare una vita terribile fino a due anni prima e avendo ottimi motivi per non considerare un gran che la condizione canina in questo mondo, avesse deciso di diventare un essere umano. Grosso errore. Era più probabile che fossero gli uomini a vivere una vita da cani, in senso negativo, di quanto accadesse alla maggioranza dei cani stessi. «Una maggiore consapevolezza» aveva spiegato a Rocky una notte in cui non riusciva a prendere sonno, «non rende più serena una specie, amico mio. Se le cose stessero così, noi umani avremmo meno psichiatri e meno bar di voi cani, ti pare?» (da Il fiume nero dell'anima)

Incipit di alcune opere

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Carne nella fornace

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L'idiota e il burattinaio viaggiavano nella cabina dell'autocarro, lo sguardo fisso in avanti verso l'oscurità e il grigio della vecchia strada interminabile che essi stavano percorrendo. L'idiota si chiamava, in modo poco felice, Sebastian. Un tale nome avrebbe infatti implicato una personalità forte, ricca di sfumature. L'idiota, invece, era privo di idiosincrasie. D'altra parte, ci si sarebbe attesi da un Sebastian un'esibizione di vivacità, un certo slancio. Ma l'idiota era il più delle volte angustiato dalla stretta di problemi insolubili e privi d'importanza, con gli occhi neri che guardavano sgranati da sotto la sporgenza d'osso della fronte, con le labbra troppo piene un poco schiuse e le mani pallide abbandonate sulle cosce massicce.

Cuore nero

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Tutto un mondo ronzava e brulicava al di là dei neri contrafforti delle montagne, ma a Lindsey Harrison la notte sembrava vuota, vuota come i vuoti ventricoli di un freddo cuore morto. Rabbrividendo, si raggomitolò ancora di più nel sedile della Honda.
Gli annosi sempreverdi, a ranghi serrati, risalivano per le pendici che fiancheggiavano la strada, allargandosi di tanto in tanto ad accogliere sparse macchie di aceri e betulle che protendevano al cielo neri rami denudati dall'inverno. Ma quella vasta foresta e le imponenti formazioni rocciose a cui si aggrappava non diminuivano la vacuità dell'aspra notte di marzo. Gli alberi e i massi sembravano passare sospesi a mezz'aria accanto alla Honda che scendeva lungo la tortuosa striscia d'asfalto, come fossero solo immagini oniriche, immateriali.

Falsa memoria

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Quel martedì di gennaio che avrebbe cambiato per sempre la sua vita Martine Rhodes si era svegliata con il mal di testa; aveva preso due aspirine con del succo di pompelmo che le avevano fatto venire acidità di stomaco; si era rovinata i capelli lavandoseli per errore con lo shampoo di Dustin; si era rotta un'unghia, aveva bruciato il pane tostato e scoperto una colonia di formiche, sotto il lavello della cucina, che aveva sterminato con uno spray insetticida. Poi aveva raccolto le vittime della carneficina con alcune salviettine di carta, ne aveva depositato i minuscoli cadaveri nella pattumiera canticchiando solennemente un'aria di Bach e, da ultimo, aveva parlato al telefono con sua madre Sabrina, che a tre anni dalle nozze ancora pregava affinché il suo matrimonio andasse a rotoli.

Fuoco freddo

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Già prima di ciò che accadde nel supermercato, Jim Ironheart avrebbe dovuto capire che c'erano guai in arrivo. Quella notte aveva fatto un sogno: era in un campo coltivato e fuggiva, inseguito da uno stormo di grossi uccelli neri che gli volavano attorno strillando in un turbine di ali e lo colpivano con i becchi ricurvi, affilati come bisturi da chirurgo. Quando si svegliò, senza fiato, uscì sul balcone così com'era, con addosso i calzoni del pigiama, per respirare un po' d'aria fresca. Ma alle nove e mezzo del mattino la temperatura, che aveva già superato i trenta gradi, non fece che aggravare la sensazione di soffocamento di quando si era svegliato.

Generazione Proteus

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«Nel complesso, il terribile incidente può essere considerato la genesi di un moderno mito sociosessuale. Aveva tutti gli elementi necessari: la bella addormentata e la bestia, una prigione di dimensioni gotiche, un dio ed una donna e la creazione di un semidio. Questo, naturalmente, è un giudizio retrospettivo. Sul momento, non avevo la presenza di spirito necessaria per una contemplazione distaccata.»

(Dalla trascrizione della relazione di Susan Abramson)

Il cattivo fratello

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Bartholomew Lampion era rimasto cieco all'età di tre anni, quando i chirurghi avevano dovuto enucleargli gli occhi per salvarlo da un cancro che andava diffondendosi rapidamente. Nonostante fosse privo di globi oculari, però, Barty riacquistò la vista all'età di tredici anni.
Questo improvviso passaggio da un decennio di oscurità alla gloria della luce non era avvenuto grazie alle mani di un guaritore. Nessuna tromba celeste aveva annunciato il suo recupero della vista, così come in precedenza non aveva proclamato la sua nascita.

Il fiume nero dell'anima

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Con la donna in mente e un profondo disagio nel cuore, Spencer Grant guidava nella notte scintillante, alla ricerca della porta rossa. Il cane, attento, sedeva silenzioso accanto a lui. La pioggia picchiettava sul tetto del furgone.
Senza tuoni o lampi, senza vento, il temporale era giunto dal Pacifico al termine di un oscuro crepuscolo di febbraio. Più di una pioggerella ma meno di un acquazzone, si portava via tutta l'energia della città. Los Angeles, con i suoi dintorni, era divenuta una metropoli senza mordente, tensione o vivacità. Gli edifici si confondevano, il traffico procedeva lento e le strade sembravano sciogliersi in una grigia foschia.

Il luogo delle ombre

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Mi chiamo Odd Thomas anche se, in quest'epoca in cui la fama è l'altare al quale si inginocchia la maggior parte della gente, non so per quale motivo dovrebbe importarvi chi sono o anche solo che esisto.
Non sono una celebrità. Non sono figlio di una celebrità. Non sono mai stato sposato, non sono mai stato maltrattato e non ho mai fornito un rene da trapiantare a un personaggio famoso. Inoltre, non ho alcun desiderio di essere celebre.

Il marito

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Nel momento stesso in cui si nasce si comincia a morire. Gli uomini di solito non si accorgono del paziente corteggiamento della Morte finché, anziani e gravemente malati, la scorgono seduta al loro capezzale.
In seguito Mitchell Rafferty avrebbe saputo indicare il minuto in cui aveva cominciato a riconoscere l'inevitabilità della propria fine: lunedì, 14 maggio, ore 11.43. A tre settimane dal suo ventottesimo compleanno.

Il posto del buio

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La notte era tranquilla e stranamente silenziosa, come se il vicolo fosse una spiaggia deserta, senza vento, nell'occhio di un ciclone, fra la tempesta passata e quella che doveva arrivare. Un vago odore di fumo, anche se fumo non c'era, era sospeso nell'aria immobile.
Riverso a faccia in giù sulla strada fredda, Frank Pollard non si mosse quando riprese conoscenza; aspettò, nella speranza che la confusione svanisse. Strizzò le palpebre, cercò di mettere a fuoco il paesaggio. I suoi occhi erano velati. Respirò profonde boccate di aria fredda. Sentì il sapore del fumo invisibile, e fece una smorfia a quell'aroma acre.

Il tunnel dell'orrore (come Owen West)

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Ellen Straker sedeva davanti al piccolo tavolo della cucina nella roulotte Airstream e ascoltava il vento della notte, cercando di non udire lo strano grattare che veniva dalla culla del bambino.
Alte querce, aceri e betulle si agitavano nel boschetto buio dov'era parcheggiata la roulotte. Le foglie stormivano come le gonne rigide e nere delle streghe. Il vento spirava giù dal cielo della Pennsylvania placcato di nuvole, spingendo fra gli alberi le tenebre di agosto, facendo dolcemente oscillare la roulotte, gemendo, mormorando, sospirando, pregno dell'odore della pioggia in arrivo. Esso raccolse i rumori confusi del vicino parco dei divertimenti, li lacerò come se fossero frammenti di un fragile tessuto e li gettò come fili strappati attraverso la tendina che copriva il finestrino aperto sul tavolo della cucina.

Il volto

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Dopo che la mela era stata tagliata in due, le metà erano state cucite insieme con un grosso filo nero. I dieci punti erano distanziati in modo uniforme. Ogni nodo era stato legato con la meticolosità di un chirurgo.
La varietà di mela, una Red delicious, poteva avere un significato. Considerato che questi messaggi erano stati inviati sotto forma di oggetti e immagini, mai con parole, ogni particolare poteva rifinire l'intenzione del mittente, così come gli aggettivi e la punteggiatura rifiniscono una prosa.

Il volto della paura (come Brian Coffey)

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Venerdì dalle 00.01 alle 20

Cauto, pronto a fronteggiare un eventuale pericolo, parcheggiò l'auto sul lato della strada opposto a quello del palazzo a tre piani in arenaria bruno rossastra. Subito dopo aver spento il motore, sentì l'ululato di una sirena proveniente dalla strada alle sue spalle.
Stanno venendo a prendermi, pensò. Sono riusciti a scoprire che sono io quello che cercano.
Sorrise. Non avrebbe lasciato che gli mettessero le manette. Non si sarebbe arreso. Non era nel suo stile.

In un incubo di follia (come K.R. Dwyer)

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Lunedì

A soli quattro isolati dall'appartamento ammobiliato di Filadelfia, con oltre quattromila chilometri di strada davanti a loro prima di raggiungere Courtney a San Francisco, Colin cominciò uno dei suoi giochi. Lui adorava i giochi, non tanto quelli che comportavano l'uso di tavole e pedine, ma quelli che escogitava e risolveva nella propria testa: passatempi con le parole, invenzioni della sua mente, elaborate fantasie, insomma. Era un undicenne vivace e molto precoce, dotato di più energia di quanta riuscisse a impiegarne. Sottile, timido di fronte agli estranei, afflitto da un forte astigmatismo che lo costringeva a indossare costantemente occhiali dalle lenti spesse, non era portato per gli sport. Non poteva sfogarsi con le partite di football perché nessun ragazzo della sua età voleva giocare con uno che inciampava nei propri piedi, lasciava cadere la palla e veniva letteralmente fatto a pezzi persino dalla presa più delicata. D'altronde, gli sport lo annoiavano. Intelligente e avido di letture, lui trovava i propri giochi più divertenti dello smaniare dietro una palla. Inginocchiato sul sedile anterióre dell'auto, intento a osservare attraverso il lunotto la zona che stava abbandonando per sempre, sbottò: «Alex, qualcuno ci sta seguendo».

Incubi (come Leigh Nichols)

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Mercoledì
ore 2.50 — 8.00

Appena ebbe finito di vestirsi, Laura andò alla porta d'ingresso, in tempo per vedere l'autopattuglia del dipartimento di Polizia di Los Angeles fermarsi davanti alla casa. Uscì, chiuse la porta dietro di sé e fece di corsa il vialetto.
Non aveva preso neppure l'ombrello. Non ricordava dove l'avesse messo e non aveva voluto perdere tempo a cercarlo.
I tuoni rombavano nel cielo nero, ma lei si accorse appena di quei brontolii minacciosi. Sentiva solo il battito sordo del suo cuore.

In fondo alla notte (come Leigh Nichols)

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Nel buio, Joanna Rand andò alla finestra. Nuda e tremante, sbirciò tra le stecche della persiana.
Il vento che soffiava dalle montagne lontane sferzava gelidamente la finestra e sbatacchiava un vetro sconnesso.
Alle quattro del mattino, la città di Kyoto era immersa nel silenzio, persino al Gion, il quartiere dei divertimenti che pullulava di nightclub e case di geishe. Kyoto, il cuore spirituale del Giappone, aveva mille anni, eppure era come nuova: un'affascinante accozzaglia di insegne al neon e templi antichi, di ciarpame di plastica e di meravigliose pietre lavorate a mano, il peggio dell'architettura moderna che svettava accanto a splendidi santuari logorati dall'umidità di stagioni torride d'estate e gelide d'inverno. Per una misteriosa combinazione di tradizione e cultura popolare, la metropoli rafforzava in lei l'idea che l'umanità avesse una continuità e uno scopo, rinnovava la sua vacillante fiducia nell'importanza dell'individuo.

Intensity

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Il sole infocato appare in equilibrio sui crinali più alti delle montagne e, nella luce calante, le colline pedemontane appaiono in fiamme. Una fresca brezza percorre l'erba alta e inaridita che, simile a onde di fuoco dorato, sembra riversarsi lungo i pendii, verso l'ombrosa e fertile valle.
Fermo in mezzo all'erba che gli arriva alle ginocchia, l'uomo osserva i vigneti sottostanti, le mani sprofondate nelle tasche del giubbotto di cotone. Le viti sono state potate durante l'inverno. La nuova stagione è appena iniziata. La senape selvaggia dai vivaci colori, che durante i mesi più freddi cresce rigogliosa tra un filare e l'altro, è stata tagliata e le stoppie sono state interrate. La terra è scura e fertile.

Jumbo-10 il rinnegato

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Jumbo Dieci stava uscendo dai ranghi.
— J-10, TORNA IN ALLINEAMENTO! DEVIAZIONE A TENSIONE ZERO. RIENTRA, J-10!
Jumbo Dieci continuò ad allontanarsi dalla fila sbandando, ruotò su se stesso e guardò indietro. Faceva parte della seconda ondata che avanzava verso la piana sottostante dilaniata dalla battaglia. La terza ondata frantumava i massi al suo passaggio, mentre scendeva a precipizio la china del colle, forza irresistibile di diecimila tonnellate di lega d'acciaio, lanciata in una folle corsa contro l'inamovibile fronte nemico.

L'ultima porta del cielo

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Il mondo è pieno di persone a pezzi. Stecche, ingessature, medicine miracolose non curano i cuori infranti, le menti ferite, gli spiriti lacerati.
In quel periodo, Micky Bellsong aveva scelto di farsi curare dal sole e la California meridionale di fine agosto era un farmacista a cui quella medicina non scarseggiava.
Il martedì pomeriggio, indossando un bikini e con la pelle protetta dall'olio solare, Micky si accomodò in una sedia a sdraio nello spiazzo posteriore della roulotte di sua zia Geneva. Il telo di nylon della sdraio era di una nauseante tonalità di verde, sprofondava al centro e la struttura di alluminio cigolava come se fosse molto più vecchia di Micky, che aveva solo ventotto anni ma che a volte si sentiva già decrepita.

La casa del tuono (come Leigh Nichols)

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Pensava di essere diventata cieca. Aprendo gli occhi, non vedeva altro che un'oscurità rossastra, in cui ombre sinistre e senza forma si perdevano tra altre ombre. Poi, gradualmente, l'oscurità si attenuò. Riuscì a mettere a fuoco un soffitto bianco con dei pannelli antiacustici.
Percepì il profumo delle lenzuola fresche di bucato. E odore di disinfettanti. E di alcol.

Là fuori, nel buio

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Era l'anno in cui uccisero il presidente a Dallas. Era la fine dell'innocenza, la fine di un certo modo di pensare e di essere, molti erano in preda allo sconforto e dicevano che era anche la morte della speranza. Eppure, anche se le foglie che cadono in autunno mettono a nudo rami scheletrici, la primavera torna a rivestire il legno; l'amata nonna muore ma, quale compenso per quella perdita, suo nipote entra nella vita con forza e curiosità; quando un giorno finisce, ne comincia un altro: in questo infinito universo niente si conclude definitivamente, senza lasciare spazio alla speranza. Dalle ceneri della vecchia era ne nasce una nuova, e la nascita è speranza. L'anno che seguì quell'assassinio avrebbe portato i Beatles, nuove tendenze dell'arte moderna in grado di cambiare il nostro modo di guardarci intorno; e fu l'inizio di una benefica sfiducia nel governo. Se conteneva anche i semi germoglianti della guerra, servì però a insegnarci che – come la speranza – terrore, dolore e disperazione sono compagni inseparabili in questa vita, una lezione che non è mai inutile.

La notte del killer

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«Ho bisogno...»
Sprofondato nella comoda poltrona di cuoio del suo ufficio, dondolandosi appena mentre, con il miniregistratore in mano, dettava una lettera per il suo editor di New York, improvvisamente Martin Stillwater si rese conto che stava continuando a ripetere bisbigliando, come in trance, sempre le stesse due parole.
«Ho bisogno... Ho bisogno... Ho bisogno...»

La pista dei mutanti

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Quel frizzante mattino, prima ancora che la fitta nebbia si fosse completamente dissolta, i Puri fecero il loro ingresso nel villaggio, scendendo lungo la strada serpeggiante che si dipartiva dalla loro fortezza appollaiata sull'orlo dello strapiombo di alabastro. Li guidava il Generale, abbigliato in vesti color latte e seduto su una di quelle slitte fluttuanti che non producevano alcun rumore e che soltanto i Puri possedevano. Due guardie sedevano davanti a lui, due dietro, tutte armate fino ai denti.

La sinfonia delle tenebre

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PRIMA:

Loper era appeso ad una altezza di circa centocinquanta metri dal piano stradale, e le sue dodici dita stavano aggrappate, come vermi in preda alla rigidità cadaverica, al cornicione vitreo e privo del minimo appiglio.
Il vento era teso, ma non travolgente: era come un suonatore di piffero, non di tromba. Zufolava nel grande canalone della strada e spazzava la facciata dell'Accordo Primordiale, il centro d'ingegneria genetica della Società dei Musicisti scarruffando gli uccelli che vivevano nei nidi di paglia saldamente appiccicati a quei ripiani precari.

La voce della notte (come Brian Coffey)

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"Hai mai ucciso qualcosa?" domandò Roy.
Colin si accigliò. "Per esempio?"
I due ragazzi stavano sulla cima di un'alta collina all'estremità settentrionale della città. Più oltre si stendeva l'oceano.
"Qualunque cosa," spiegò Roy. "Ti è mai successo di uccidere qualcosa?"
"Non so di che parli," rispose Colin.

Ladri di tempo

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Prima c'era un vuoto nero-violaceo della consistenza del velluto bagnato, che aderiva al suo corpo come le membrane pulsanti di un cuore vivo. Luminosa su quello sfondo di tenebra spiccava una faccia (la faccia di Dio?) priva di occhi. Niente occhi. La bocca era solamente una fessura nella carne, dietro cui si contorcevano anelli concentrici di gengive, ma non si vedevano denti. Una mano pallida, con otto dita si allungò verso di lui che giaceva su una piattaforma bianca fluttuante sopra le correnti della notte eterna. Fece un tentativo disperato per riuscire ad evitare quella stretta viscida. Ma invano. Poi...

Mezzanotte

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A Janice Capshaw piaceva correre di notte.
Quasi ogni sera, tra le dieci e le undici, indossava la tuta grigia con le strisce blu sul petto e sulla schiena, infilava le scarpe da ginnastica, fermava i capelli con una fascia e correva per quattro chilometri. A trentacinque anni, sarebbe potuta passare per una venticinquenne e attribuiva questo aspetto giovanile alla propria ventennale dedizione all'esercizio fisico.

Nascita dell'anti-uomo

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Era davvero sperare troppo, ma a quanto sembrava li avevamo seminati. Da Knoxville eravamo arrivati a Pierre, nel Sud Dakota, da lì a Bismark, Nord Dakota, e quindi a San Francisco. Nella città del sole, ignorati da tutti, avevamo smesso per un po' di sentirci fuggitivi, anche se forse non ne avevamo il diritto. Le mani in tasca, il viso rivolto al cielo, ci eravamo concessi quel giorno di sosta di cui avevamo tanto bisogno, e l'attimo indispensabile per raccogliere le idee. Avevamo trascorso la giornata ad acquistare tutto il necessario per l'ultima parte della fuga, a concederci il primo pasto decente delle ultime quarantott'ore, e a vedere un film totosensoriale. Il film era atroce, ma il locale era buio, quindi andava benissimo per i due individui più ricercati del mondo intero.

Ombre di fuoco (come Leigh Nichols)

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La luce inondava ogni cosa, si rifletteva sulle carrozzerìe delle auto parcheggiate e faceva scintillare le foglie degli alberi. Il centro di Santa Ana era immerso nell'abbagliante chiarore di una radiosa mattinata di tardo giugno.
Quando Rachael Leben uscì dall'edificio avvertì il tepore sulle braccia nude. Chiuse gli occhi e levò il viso verso il cielo, lasciandosi avvolgere dalla luce.
«Si direbbe che non ti sia mai accaduto niente di più bello», commentò Eric in tono acido non appena la vide crogiolarsi al calore estivo.
«Per favore», replicò lei, «cerchiamo di evitare le scenate.»
«Là dentro mi hai fatto fare la figura dell'idiota.»
«Assolutamente no.»

Phantoms!

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Il grido fu breve e distante. Un grido di donna.
Il vicesceriffo Paul Henderson guardò al di sopra della sua copia del Time. Allungò il collo, mettendosi in ascolto.
Il pulviscolo si lasciava trasportare pigramente nel fascio splendente della luce del sole che penetrava da una delle finestre a riquadri. La lancetta dei secondi, rossa e sottile, dell'orologio a muro correva silenziosamente in tondo sul quadrante.
L'unico rumore era lo scricchiolio della sedia dell'ufficio di Henderson quando lui vi spostava il proprio peso.

Quando scendono le tenebre

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Sabato 6 agosto 1977

La stradina in terra battuta era stretta. I rami incurvati dei larici, degli abeti rossi e dei pini raschiavano il tetto e strusciavano sui finestrini della Land Rover.
"Fermati qui," ordinò Rossner con voce tesa.
Alla guida c'era Holbrook, un uomo sui trent'anni, robusto e dai lineamenti duri. Stringeva il volante così saldamente che le nocche delle dita erano sbiancate. Rallentò, accostò a destra e si fermò tra gli alberi. Spense i fanali e accese la luce interna.
"Controlla la pistola," disse Rossner.

Sogno dentro sogno (come John Hill)

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Non era morto, ma poco ci mancava.
Più e più volte il vuoto aveva inalato ed esalato su di lui il suo alito gelido e dolce, lento e fetido. Ma non era riuscito a portarselo via.
Per un tempo incredibilmente lungo non aveva visto altro che un alone nebuloso di luce, di origine sconosciuta. La luce filtrava o almeno sembrava filtrasse attraverso la pagina inferiore dell'ala dispiegata di una mosca dalle dimensioni cosmiche: trasparente, di un bianco traslucido con venature azzurrine. Per tutto quel tempo incredibilmente lungo non aveva sentito niente: né il respiro del vuoto né il proprio. Non aveva avuto bisogno di cibo. Non aveva avuto bisogno di distrazioni. Galleggiava, avvolto in una densa melassa, calda e priva di odore, ma alla sua pelle non giungevano stimoli tattili. Come sostituto del grembo materno, quel posto, qualunque cosa fosse, era senza confronti.

Sonda mentale

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A lungo, molto a lungo, mi domandai se la Libellula fosse ancora nei cieli, e se le Sfere della Pestilenza fluttuassero ancora nel vuoto senz'aria, vigilando dagli occhi ciechi. E mi domandavo se gli uomini guardassero ancora le stelle con trepidazione, e se i cieli portassero ancora il canceroso seme dell'umanità. Non avevo la possibilità di saperlo, poiché vivevo nell'Inferno, allora, e laggiù le notizie dei vivi non circolano molto.

Spedizione verso il niente

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Nello studio ingombro, sul lato della casa volto a occidente, Sandow sedeva a una scrivania sovraccarica di testi arcaici dalle pagine ingiallite e rovinate dal trascorrere di un tempo troppo lungo. Non li stava leggendo, né aveva intenzione di leggerli in un prossimo futuro, perché ne conosceva ogni parola a memoria. C'erano sempre libri aperti sulla scrivania del Maestro Scuotitore Sandow, in parte per dare ai visitatori un'impressione di operosità e in parte perché l'odore della carta invecchiata e logora gli piaceva. Quell'odore aveva un che di romantico che suscitava uno stato d'animo di sogno: tempi perduti, segreti perduti, mondi perduti.

Strangers

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7 novembre – 2 dicembre

Laguna Beach, California
Dominick Corvaisis andò a dormire sotto una leggera coperta di lana e un fresco lenzuolo bianco, disteso da solo nel suo letto, ma si svegliò altrove, nell'oscurità in fondo al grande armadio guardaroba, nascosto dietro giacche e giubbotti. Era rannicchiato in posizione fetale, i pugni strettamente serrati, i muscoli del collo e delle braccia indolenziti per la tensione di un brutto sogno che non ricordava.
Non si era reso conto di aver lasciato la comodità del suo letto durante la notte, ma la scoperta non lo sorprese. Era successo in altre due occasioni, e di recente.

Sussurri

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Martedì all'alba Los Angeles tremò. I telai delle finestre vibrarono. Le campanelle nelle verande tintinnarono allegramente anche se non c'era vento. In alcune case, i piatti caddero dalle mensole.
All'inizio dell'ora di punta la KFWB, la radio locale, parlava quasi esclusivamente del terremoto. Il sisma aveva raggiunto i 4,8 gradi della scala Richter. Verso la fine dell'ora di punta, la KFWB declassò la notizia del terremoto al terzo posto dopo un servizio su un attentato terroristico a Roma e un incidente che aveva coinvolto cinque macchine sull'autostrada di Santa Monica. Dopotutto, nessun edificio aveva riportato danni. All'ora di pranzo solo uno sparuto numero di persone, la maggior parte delle quali si era trasferita a Los Angeles da meno di un anno, ritenne il sisma degno di venir menzionato a tavola.

Tracce nel buio

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Mi chiamo Christopher Snow. I fatti qui di seguito narrati rappresentano una pane del mio diario personale. Se state leggendo le mie parole, probabilmente sono morto. Se sono ancora vivo, ciò significa che, grazie a quanto riportato in queste pagine, sono diventato... o presto diventerò... una delle persone più famose sulla Terra. Se invece nessuno mi leggerà mai, vorrà dire che il mondo a noi noto ha smesso di esistere e che la civiltà umana è scomparsa per sempre. Visto che non sono particolarmente vanitoso, preferisco la pace dell'anonimato a un riconoscimento universale. Tra l'Armageddon e la fama, sceglierei di essere famoso.

Velocity

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Con un boccale di birra e un sorriso, Ned Pearsall brindò al suo defunto vicino, Henry Friddle, la cui morte gli aveva fatto un enorme piacere.
Henry era stato ucciso da un nanetto da giardino. Era precipitato dal tetto della sua villetta a due piani, finendo proprio sulla simpatica statuina. Il nanetto era di cemento. Henry no.
Così, il collo spezzato e la testa rotta, Henry ci era rimasto secco.

Visioni di morte

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«Ditansanguinate.»
La donna alzò le mani e le guardò. Guardò attraverso le mani.
La sua voce era bassa, tesa. «Sangue sulle mani.»
Suo marito si protese in avanti dal sedile posteriore dell'auto della polizia. «Mary? Mary, mi senti?»
«Sì.»
«Di chi è il sangue che vedi?»
«Non sono sicura... Non è della vittima. È il suo.»
«Dell'assassino?»
«Sì.»

Bibliografia

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  • Dean Koontz, Carne nella fornace, traduzione di Pierantonio Rumignani, Delta, 1973.
  • Dean R. Koontz, Cuore nero, traduzione di Bruno Amato, Sperling & Kupfer, 1993. ISBN ISBN 8820016001
  • Dean R. Koontz, Falsa memoria, traduzione di Selida grafica editoriale, Sperling & Kupfer, 2003. ISBN ISBN 8882746135
  • Dean R. Koontz, Fuoco freddo, traduzione di Bruno Amato, Sperling & Kupfer, 1996. ISBN 8878246638
  • Dean R. Koontz, Generazione Proteus, traduzione di Giovanni Pollini, Fanucci, 2002. ISBN 9788834708781
  • Dean R. Koontz, Il cattivo fratello, traduzione di Annabella Caminiti, Sperling & Kupfer, 2002. ISBN 8820033402
  • Dean Koontz, Il fiume nero dell'anima, traduzione di Annabella Caminiti, Sperling Paperback, 1998. ISBN 887824872X
  • Dean R. Koontz, Il luogo delle ombre, traduzione di Annabella Caminiti, Sperling & Kupfer, 2004. ISBN 8820036924
  • Dean R. Koontz, Il marito, traduzione di Tullio Dobner, Sperling & Kupfer, 2008. pp. 359 ISBN 9788820045081
  • Dean R. Koontz, Il posto del buio, traduzione di Vittorio Curtoni, Sperling & Kupfer, 1991. ISBN 8820011832
  • Dean R. Koontz, Il tunnel dell'orrore, traduzione di Bernardo Cicchetti, Fanucci, 1994. ISBN 8834704150
  • Dean R. Koontz, Il volto, traduzione di Annabella Caminiti, Sperling & Kupfer, 2005. ISBN 8820038404
  • Dean R. Koontz, Il volto della paura, traduzione di Bruna Conti, Sonzogno, 1993. ISBN 8845405761
  • Dean R. Koontz, In un incubo di follia, traduzione di Daniela Arduin, Sperling & Kupfer, 1992. ISBN 8820014580
  • Dean Ray Koontz, Incubi, traduzione di Bruno Amato, Sperling & Kupfer, 1991. ISBN 8820012030
  • Dean R. Koontz, In fondo alla notte, traduzione di Gian Paolo Gasperi, Sperling, 2001. ISBN 8882742725
  • Dean R. Koontz, Intensity, traduzione di Annabella Caminiti, Mondadori, 1996. ISBN 8804436123
  • Dean R. Koontz, Jumbo-10 il rinnegato, traduzione di Beata Della Frattina, Mondadori, 1979.
  • Dean R. Koontz, L'ultima porta del cielo, traduzione di Annabella Caminiti, Sperling & Kupfer, 2003. ISBN 8820035065
  • Dean R. Koontz, La casa del tuono, traduzione di Paola Formenti, Sonzogno, 1989. ISBN 884540269X
  • Dean R. Koontz, Là fuori, nel buio, traduzione di Francesco Bruno, Sonzogno, 1995. ISBN 8845407454
  • Dean R. Koontz, La pista dei mutanti, traduzione di Giampaolo Cossato e Sandro Sandrelli, Editrice Nord, 1978.
  • Dean R. Koontz, La sinfonia delle tenebre, traduzione di Roberta Rambelli, CELT, 1978.
  • Dean R. Koontz, La voce della notte, traduzione di maria Barbara Piccioli, Sonzogno, 1992. ISBN 8845404935
  • Dean R. Koontz, Ladri di tempo, traduzione di Beata Della Frattina, Mondadori, 1973.
  • Dean R. Koontz, Mezzanotte, traduzione di Daniela Arduin, Sperling & Kupfer, 1990 ISBN 8820010852
  • Dean R. Koontz, Nascita dell'anti-uomo, traduzione di Vittorio Curtoni, Mondadori, 1980.
  • Dean R. Koontz, Ombre di fuoco, traduzione di Daniela Arduin, Sperling, 2000. ISBN 8882740900
  • Dean R. Koontz, Phantoms!, traduzione di Vittorio Curtoni, Mondadori, 1985.
  • Dean R. Koontz, Quando scendono le tenebre, traduzione di Francesco Bruno, Sonzogno, 1994. ISBN 8845406881
  • Dean R. Koontz, Sogno dentro sogno, traduzione di Beata Della Frattina, Mondadori, 1977.
  • Dean R. Koontz, Sonda mentale, traduzione di Roberta Rambelli, Editrice Nord, 1976. ISBN 8842900672
  • Dean R. Koontz, Spedizione verso il niente, traduzione di Maria Benedetta De Castiglione, Mondadori, 1977.
  • Dean R. Koontz, Strangers, traduzione di Alessandra Padoan, Bompiani, 1993. ISBN 8845221350
  • Dean R. Koontz, Sussurri, traduzione di Paola Pavesi, Bompiani, 1990. ISBN 8845218651
  • Dean R. Koontz, Velocity, traduzione di Annabella Caminiti, Sperling & Kupfer, 2006 ISBN 8820040654
  • Dean R. Koontz, Tracce nel buio, traduzione di Annabella Caminiti, Sperling & Kupfer, 1999. ISBN 8820028980
  • Dean R. Koontz, Visioni di morte, traduzione di Vittorio Curtoni, Sperling & Kupfer, 1990. ISBN 9788820010393

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