Claudio Achillini
Claudio Achillini (1574 – 1640), giurista, poeta e scrittore italiano.
La dipartita
modificaEcco vicine, o bella tigre, l'ore
che tu de gli occhi mi nasconda i rai.
Ah, che l'anima mia non senti mai,
meglio che dal partir, le tue dimore!
La bionda scapigliata
modificaTra i vivi scogli de le due mammelle
la mia bella Giunon veggio destare
dal suo crinito ciel piogge e procelle,
prodighe d'oro e di salute avare.
Lo sdegno nel bianco volto
modificaCorteggiata da l'aure e dagli amori,
siede sul trono de la siepe ombrosa,
bella regina de' fioriti odori,
in colorita maestá la rosa.
L'antica amante fatta monaca
modificaQuell'idolo mio dolce, a cui si rese
vinto il mio core, al ciel vinto si rende;
la beltá del suo volto il cor m'accese,
la beltá del suo core il cielo accende.
La mendicante
modificaSciolta il crin, rotta i panni e nuda il piede,
donna, cui fe' lo ciel povera e bella,
con fioca voce e languida favella
mendicava per Dio poca mercede.
La spiritata
modificaLá nel mezzo del tempio, a l'improviso,
Lidia traluna gli occhi e tiengli immoti,
e mirano i miei lumi a lei devoti
fatto albergo di furie un sí bel viso.
Lo scoppio della mina e il bacio
modificaEntra per nera e sconosciuta bocca
e in sotto al muro ostil duce tiranno,
e con industre e vigilato affanno
v'aggiusta un muto foco e poi ne sbocca.
Ma non sì tosto una favilla tocca
l'incendioso e prigioniero inganno,
che in un solo momento, eterno al danno,
crepa il suol, tuona il ciel, vola la rocca.
Il ruscelletto nella villa Camaldoli, appartenente ad Annibale Marescotti
modificaTesse quest'ermo bosco, allor ch'ei fugge
a l'ombra di se stesso il raggio estivo,
un ricovro frondoso, anzi lascivo,
ove in sen di Lesbin Lidia si strugge.
Nella selva presso il Reno, al ritorno dalla corte di Roma
modificaSiedo al rezzo gentil di selva antica,
che se stessa nel Ren pinge e vagheggia,
or che il sol bacia Sirio e ne fiammeggia
ed arde quasi la campagna aprica.
Ombra di nuove foglie
modificaOr che del Sol piú temperato è il raggio,
il fiume che dormia fra bei cristalli
si sveglia e segue in sugli obliqui calli,
garrulo peregrino, il suo vïaggio.
Sic vos non vobis
modificaIo corsi, o bella Dora, ogni tua riva,
quanto cura d'onor stimola e preme;
e vidi pur la rinascente oliva
porgere un nobil verde a la mia speme.
La morte e il testamento di San Giuseppe
modificaIn braccio a Cristo, agli angeli, a Maria
era nel letticiuol Gioseffo assiso,
e stava per morire e non moria,
ché non sapea morire in paradiso.
Il fior di passione
modificaFassi colá ne' messicani regni,
mercé d'un fior, religïoso aprile.
Mira che spiega in su la foglia umile
dei tormenti di Cristo espressi i segni.
A Luigi XIII dopo la presa della Roccella e la liberazione di Casale
modificaSudate, o fochi, a preparar metalli,[1]
e voi, ferri vitali, itene pronti,
ite di Paro a sviscerare i monti
per inalzar colossi al re de' Galli.
Note
modifica- ↑ Citato anche da Alessandro Manzoni ne I promessi sposi, cap. XXVIII, 440
Bibliografia
modifica- Claudio Achillini, Poesie.
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