Sabino Acquaviva

sociologo, giornalista e scrittore italiano (1927-2015)

Sabino Acquaviva (1927 – 2015), scrittore, sociologo e giornalista italiano.

  • I filoni culturali che alimentano la rivolta sono tre: a) il neomarxismo, b) il 'movimento' e l'area del 'personale come politico',... c) il neocattolicesimo.[1]

Citazioni dal Corriere della Sera

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  • Sembra che molti osservatori sottovalutino l'evoluzione qualitativa e quantitativa subita dalla guerriglia in questi ultimi mesi, di cui i recenti scontri di massa a Roma e altrove sono soltanto un sintomo superficiale. In sostanza, Acquaviva nota l'emergere della distinzione, teorica e pratica, fra partito armato e movimento armato. In che cosa consiste questa differenza? Il partito armato è privilegiato dalle Brigate Rosse, le quali sono teoricamente vicine alla Terza Internazionale e quindi alla teoria del partito armato bolscevico. In che senso? Nel senso che il partito massa delega al partito armato — nella fattispecie alle Brigate Rosse — la funzione di avanguardia rivoluzionaria, teorica e pratica. Non per nulla entro le Brigate Rosse è diffusa la polemica contro lo spontaneismo, anche se questo spontaneismo tende per altri versi a prevalere. Non solo: in una posizione affine alle Brigate rosse sono i NAP, i quali mutuando dalle Brigate Rosse la base teorica, affondano le radici in una base sociale diversa, più vicina alle carceri e agli emarginati (Corriere della Sera 23-11-1977).
  • Messe insieme, Brigate Rosse e NAP costituiscono il nucleo del partito armato e questo è ben noto. Il fatto nuovo, per Acquaviva, è che «tutto il resto della rivolta armata si muove all'interno del movimento», cioè di quel «complesso eterogeneo — ma politicamente e culturalmente all'estrema sinistra — all'interno del quale l'area dell'autonomia, più radicata nel marxismo, è prevalente; ed all'interno di quest'area è prevalente l'autonomia organizzata». È un magma confuso, almeno parzialmente spontaneo dal quale «emergono tronconi di movimento e gruppi armati». E questa confusione determina una precisa conseguenza: «non c'è una netta linea di demarcazione tra il movimento, cioè fra il complesso delle forze extra-parlamentari che vogliono sovvertire e trasformare il sistema, e il "braccio armato". Si tratta, in realtà, di "tronconi militari" diffusi nel movimento». Per cui non esiste, o tende a non esistere, una distinzione tra il militare e il politico: il militare è politico, e viceversa (Corriere della Sera 23-11-1977).

La famiglia nella società contemporanea

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La famiglia incide sull'essenziale dell'esistenza e dell'evoluzione del sistema sociale. Anzitutto è l'area in cui vengono soddisfatti alcuni dei bisogni primari dell'uomo e della donna: il bisogno psicologico di sicurezza, di stare insieme, di soddisfare le esigenze del sesso, di procreare. In una parola, tutti quei bisogni che l'uomo e la donna condividono con i primati, come quelli che sono il prodotto di un'evoluzione biologica e psicologica specificamente umani. In secondo luogo, la famiglia è l'area di riproduzione del sistema sociale, sia nel senso materiale del termine, in quanto entro la famiglia avviene prevalentemente la procreazione e quindi la riproduzione della specie, sia in quanto in essa si imparano in buona parte le tecniche del vivere. Entro la famiglia si opera la trasmissione dei valori, si assicura l'interiorizzazione dei valori sociali, si opera insomma il processo di legittimazione del sistema.

Citazioni

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  • La famiglia [...] è l'area in cui l'individuo si adatta o non si adatta a vivere in società, nella quale costruisce la sua ostilità o integrazione nel sistema sociale. (p. 6)
  • Quando una società si propone di demolire determinati modelli di famiglia legati a sistemi sociali o di valori che stanno morendo, può farlo: quello che non può fare è proporre in alternativa dei sistemi di organizzazione della convivenza che, contrastando gravemente con la memoria della specie, pongono in crisi il sistema sociale e lo portano al collasso. (p. 8)
  • Nella società tradizionale, e in genere nelle società che accumulano, esiste una particolare miscela di sesso e religione, moralismo – o moralità – e famiglia: è il «pacchetto» che assicura il successo di quelle società. Ma forse, più correttamente, dovremmo dire che nella società tradizionale si assisteva simultaneamente alla sublimazione e/o alla commistione del sesso con la religione. (p. 16)
  • Il romanticismo è la consacrazione laica dell'amore che subentra quando la religione che sublima comincia a perdere la sua presa. Nella società moderna, la consacrazione dell'eros si privatizza, si fa romanticismo a due: diventa sempre più soggettiva e invisibile, come la religione. Si perde quindi la polarità: sublimazione (religione istituzionale), adattamento (religiosità polare) (p. 17)
  • L'uomo della società tradizionale era [...] (psicologicamente) due volte eterno, possedeva due polizze di assicurazione sulla vita: quella che passava per la religione e quella che passava per la famiglia, destinata a durare in eterno e con la cui eternità tentava, e spesso riusciva, a identificarsi. (p. 17)
  • Nella famiglia l'individuo soddisfa il suo bisogno di comunità come risposta alla paura della solitudine che è nella storia della specie. (p. 19)
  • Nella nostra società la famiglia tende a non essere più un soggetto che ci viene dall'esterno, imposto o proposto dalla società, dalla morale, dai valori che la presuppongono; la maniera di convivere in coppia si regge su un agire secondo coscienza che ci viene dalla memoria della specie e dal processo di socializzazione. (p. 19)
  • I modelli di comportamento del '68 hanno mutato il costume, questo si sa: ma lo hanno mutato in profondità e così – sradicando, con il concorso di altri fattori, la struttura della famiglia – hanno contribuito a indurre la crisi, la crisi della civiltà.
    Per il '68 non intendo, naturalmente, la spinta politica, ma quel complesso di modelli culturali e di costume, in parte di origine americana, in parte di origine europea, che si sono diffusi sul nostro continente a partire dal 1963, dalla famosa «Rivolta di Berkeley». (p. 34)

La "vita eterna" e il miraggio di "non morire"

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  • La "vita eterna"? In un certo senso è diventata un'altra cosa. E questo anche perché è cambiata l'immagine, ma soprattutto la presenza della "morte".
  • Certamente si deve morire, ma la morte viene associata a una "vecchiaia" vissuta come un evento molto lontano che non ci riguarda da vicino.
  • La vita, prolungata dai progressi delle "scienze umane", comincia ad essere vissuta come psicologicamente "eterna".

[Sabino Acquaviva, La "vita eterna" e il miraggio di "non morire", Avvenire, 11 luglio 2009]

  1. Da Guerriglia e guerra rivoluzionaria in Italia, Milano, 1979, 51.

Bibliografia

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  • Sabino Acquaviva, La famiglia nella società contemporanea, Editori Laterza, Bari, 1981.

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