Philippe Delerm

scrittore francese
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Philippe Delerm (1950 − vivente), scrittore francese.

Philippe Delerm

Citazioni di Philippe Delerm

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  • È talmente perverso, talmente torbido. Subito, un invito a immergersi, a tuffarsi verso fondali sottomarini che domineremo a stento. Nuoteremo alla ricerca di un relitto, forse, oppure con l'intenzione di lambire strane alghe, che vogliono imprigionare o accarezzare, l'equivoco è allettante.
    Il mojito è insieme opaco e trasparente. Nei verdi, certo, ma anche nei neri, con zone un po' più chiare in superficie e misteri insondabili nel profondo dell'apnea. Intingiamo le labbra, sorpresi da questa freschezza che sa cogliere gli orpelli di un'umidità stagnante. Un cocktail va sorbito lentamente, intervallando pause, abbandoni, ritorni. Sul mojito non abbiamo controllo: la degustazione si fa malia, ed è lui a comandare. La cosa più sorprendente è la persistenza del dolce in una mangrovia dalle tonalità così velenose. Ci lasciamo pervadere da una febbre fredda, ci arrendiamo.[1]

La prima sorsata di birra

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Non un coltello da cucina, naturalmente, né un coltello da malavitoso a serramanico. Ma neppure un temperino. Diciamo un Opinel n.° 6 o qualcosa di simile. Un coltello che sarebbe potuto appartenere a un nonno ipotetico e perfetto. Un coltello che lui avrebbe tenuto nella tasca dei pantaloni di velluto color cioccolato a coste larghe e che avrebbe tirato fuori all'ora di colazione per infilzare con la punta le fette di salame, per sbucciare lentamente la mela, con il pugno stretto intorno alla lama.

Citazioni

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  • È facile sgranare i piselli. Una pressione del pollice sulla costola del baccello e quello si apre, docile, offerto. Alcuni, meno maturi, sono più recalcitranti – un'incisione dell'unghia permette allora di lacerare il verde e di sentire l'umidore e la polpa densa, appena sotto la buccia falsamente scabrosa. Poi si fanno scivolar giù le palline con un solo dito. L'ultima è davvero minuscola. [...] Basterebbero cinque minuti, ma è piacevole prolungare, rallentare il mattino, baccello dopo baccello, con le maniche rimboccate. Passiamo la mano nelle palline sgranate che riempiono la ciotola. Sono morbide; tutte quelle rotondità contigue formano come un'acqua verde chiaro e ci meravigliavamo di non ritrovarci con le mani bagnate.
  • Porto, un liquido in fondo a un golfo cupo, con un portamento altero di gentilhombre. Nobiltà clericale, austera e tuttavia con galloni d'oro. Ma nel bicchiere rimane solo l'idea del nero. È una lava morbida, più granata che rubino, che ha dentro storie di coltello, sole di vendette, e minacce di convento sotto la lama del pugnale. Tutta questa violenza, sì, ma assopita dal cerimoniale del bicchierino, dalla saggezza dei sorsetti timidi. Sole spento, fragori attutiti. Un sapore perverso di frutto ovattato dove si sono stemperati eccessi e splendore. (da Prendere un porto, 1999, pp. 21-22)
  • [...] prendiamo un croissant. La pasta è tiepida, quasi molle. Questa piccola ghiottoneria nel freddo, mentre camminiamo: come se il mattino invernale diventasse croissant dentro di noi, come se noi diventassimo forno, casa, rifugio. Procediamo più lentamente, tutti impregnati di biondo per attraversare l'azzurro, il grigio, il rosa che si stempera. Comincia il giorno, e ci siamo già presi il meglio. (da Il croissant per strada, 1999, p. 30)
  • Ci tuffiamo in questa camera giapponese di specchi, scopriamo i tramezzi segreti, gustiamo la luce imprigionata nel soffocante cilindro di cartone. Teatro d'ombre del mistero, retroscena spoglio dei giochi di luce, parete di ghiaccio scuro. Lì si prepara il miracolo, nell'equivoca crudeltà delle immagini moltiplicate. (da Tuffarsi nel caleidoscopio, 1999, p. 139)
  • Guardiamo. Dentro, i gioielli blu pavone, viola antico, arancio carico si frazionano in un'acquosa fluidità. Palazzo orientale dei ghiacci, harem delle banchise, cristallo di neve del sultano. Viaggio unico, ogni volta ricominciato. Viaggio turchese lungo lucentezze nordiche, viaggio granata al largo profumato dei golfi caldi. Si inventano paesi, paesi senza nome che nessuna carta potrebbe trovare. (da Tuffarsi nel caleidoscopio, 1999, pp. 139-140)

Incipit di alcune opere

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Autunno

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7 ottobre 1869
L'autunno è sceso sul parco di Cheyne Walk. Gli alberi non sono più alberi. Infinite gradazioni di tutti i rossi, di tutto l'oro, di tutto il fiammeggiare segreto, vinte dall'ombra e dal peso del passato. Come la tela dipinta di un fondale di teatro, si confondono con la fine del giorno. Ottobre, la parola è dolce da bere e triste come un vino di morte, ancora così ricca dal profumo della vita. Foglie d'ambra di Cheyne Walk, rossore di chioma immensa spiegata sul pavese del ricordo. Femmina il parco, femmine i fogli di carta, femmina la terra e l'odore dolceamaro dopo la pioggia, femmina la memoria. Nella penombra, un pavone blu di seta medievale s'allontana sul viale silenzioso.

Aveva piovuto tutta la domenica

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Bisogna vivere a Parigi. Se il signor Spitzweg scava in profondità tra le regole che dominano la sua esistenza, affiora solo questo assioma, come se tutto il resto ne derivasse... Tutto il resto... Il signor Spitzweg sarebbe un po' imbarazzato a dire quale. Quando ha avuto un impiego a Parigi, trent'anni fa, dopo aver vinto il concorso alle Poste, non si può dire che il signor Spitzweg abbia scelto il quartiere in cui abitare. Solo che il XVIII arrondissement non era eccessivamente caro e lì ha trovato un piccolo bilocale, primo piano a sinistra, al 226 di rue Marcadet, proprio davanti allo square Carpeaux.

L'ospite inatteso

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«Il Servizio meteorologico segnala la possibilità di rovesci a carattere temporalesco tra venti minuti circa.» Sul campo da tennis i colori sono cambiati di colpo. La terra arancio ha assunto una tonalità rossastra, quasi marrone. Dietro i giudici di linea, i teloni verde chiaro della BNP creano all'improvviso un'atmosfera di piscina coperta, di palestra noiosa. Ancora non piove, ma già deve esserci umidità nell'aria perché i contorni si smussano.

Mister Mouse

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«Prima o poi bisognerà pensare di cambiarla, quella poltrona!»
Mr Mouse sa molto bene perché Mrs Mouse ha detto così. È per quel gesto. Ma non riesce proprio a farne a meno. Ogni volta che si siede nella vecchia poltrona dalle curve morbide, Mr Mouse contempla innanzitutto le fiamme del caminetto in perfetta immobilità. Ma ben presto, la zampa destra con nonchalance va a cercare sul bracciolo quello strappo nel tessuto rosa e qualche ciuffo di paglia arruffato. Come resistere a quella insidiosa voluttà?

Un cesto di frutta e altre piccole dolcezze

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Ho milioni di lettori. «Satura di sole, la pesca gialla, frutto dell'estate, nasconde, sotto la pelle fine e vellutata, una polpa succosa che si scioglie in bocca.» Sono parole mie, sul vasetto di yogurt Yopla. Mi sembra di sentirvi, con le vostre perplessità. Milioni di lettori... Probabilmente pensate che il vasetto finisca nella pattumiera, senza che nessuno abbia letto le mie delicate espressioni. Ebbene, non sono d'accordo.

  1. Da Le acque torbide del mojito, in Un tango sulla Senna e altre piccole gioie di questo mondo, traduzione di Elena Riva, Sperling & Kupfer, Milano, 2016, p. 26. ISBN 9788820094850

Bibliografia

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  • Philippe Delerm, La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita, trad. di Leonella Prato Caruso, Edizioni Frassinelli, 1998. ISBN 8876845356.
  • Philippe Delerm, La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita, traduzione di Leonella Prato Caruso, Mondadori, I miti, 1999. ISBN 88-04-46489-5
  • Philippe Delerm, Aveva piovuto tutta la domenica, trad. di Leonella Prato Caruso, Edizioni Frassinelli, 2002. ISBN 8876845623.
  • Philippe Delerm, Un cesto di frutta e altre piccole dolcezze, trad. di Leonella Prato Caruso, Edizioni Frassinelli, 1999. ISBN 8876845895.
  • Philippe Delerm, L'ospite inatteso ovvero piaceri e imprevisti della vita quotidiana, trad. di Leonella Prato Caruso, Edizioni Frassinelli, 2001. ISBN 8876846565.
  • Philippe Delerm, Autunno, trad. di Alessandra Emma Giagheddu, Edizioni Frassinelli, 2002. ISBN 8876847022.
  • Philippe Delerm, Mister Mouse o la metafisica della tana, trad. di Alessandra Emma Giagheddu, Edizioni Frassinelli, 2003. ISBN 8876847235.

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