Jack Whyte

scrittore scozzese

Jack Whyte (1939 — 2021), scrittore scozzese.

Jack Whyte nel 2012

Incipit di alcune opere

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La stirpe dell'Aquila

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Avevo sei anni quell'ultimo periodo del grande ritiro, e mi affacciavo alla vita nella Colonia di nome Camulod che, come Roma, era stata costruita su una collina e dedicata agli alti ideali su cui poggiava la Repubblica. Era stata la moglie di Publio Varro, la mia prozia Luceia, a voler dare alla Colonia il nome di Camulod, in onore di Camulodunum, il luogo di nascita di suo fratello e mio nonno, un antico luogo sacro a Lod, dio della guerra della tribù di Celti chiamati Trinovantes dai Romani. Oggi è solamente Colchester, che significa il forte sulla collina, ma suo fratello si era rifiutato di usare quel nome moderno, sfacciato, privo di grazia. Modificando il nome antico affinché si adattasse a una località nuova, Luceia Britannico aveva onorato il fratello e il suo monumento.

Le cronache di Camelot. La spada che canta

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Il tribuno riconobbe i primi segni da più di un miglio di distanza, dove la strada cominciava a scendere dalla scarpata per entrare nella foresta: un vorticare spiraleggiante di falchi e di avvoltoi sopra le cime degli alberi davanti a lui. Dopo aver bruscamente ordinato al centurione di far accelerare il passo ai suoi uomini, l'ufficiale spronò il cavallo, senza preoccuparsi di lasciare indietro la fanteria di scorta. Gli uccelli vorticanti annunciavano morte, il loro numero indicava l'esistenza di una radura e il loro volo incessante significava che avevano paura di atterrare. "Probabilmente a causa dei lupi" pensò. Il tribuno abbassò la visiera dell'elmo per proteggersi dai rami che lo sferzavano e si tuffò al galoppo tra gli alberi, certo che il pericolo di un'imboscata o di qualsiasi resistenza fosse da tempo svanito.

Saint-Clair. Il leone dei Templari

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«Non avremmo mai dovuto lasciare La Safouri. In nome di Dio, perfino un cieco lo avrebbe capito.»
«Davvero? Allora perché qualche cieco non ha aperto bocca e non lo ha detto prima che partissimo? Sono certo che di Ridefort l'avrebbe ascoltato e avrebbe tenuto conto del suggerimento di un cieco.»
«Piantala, de Belin, dico sul serio. Che cosa ci facciamo qui?»
«Aspettiamo che ci dicano che cosa dobbiamo fare. Aspettiamo di morire. È questo che fanno i soldati, no?»

Saint-Clair. La caduta dei Templari

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Persino un cieco avrebbe visto che c'era qualcosa di strano in quel luogo, e gli occhi di Tam Sinclair erano perfetti. La sua pazienza, invece, lo era di meno. Stava calando il tramonto e Tam era bloccato, dopo tre giorni di duro viaggio e a mezzo miglio dalla meta. Una folla crescente si stava accalcando davanti a lui, bloccandogli il passaggio e innervosendo i cavalli esausti, che sbuffavano e sbattevano gli zoccoli. Tam sentiva montare la rabbia. Detestava starsene in mezzo a tanta gente, soprattutto quando, come adesso, il fetore dei loro sudici corpi gli toglieva persino il semplice piacere di respirare.

Bibliografia

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  • Jack Whyte, La stirpe dell'Aquila, traduzione di Susanna Bini, Piemme, 2011. ISBN 9788856618181
  • Jack Whyte, Le cronache di Camelot. La spada che canta, traduzione di Susanna Bini, Piemme, 2010. ISBN 9788856612622
  • Jack Whyte, Saint-Clair. Il leone dei Templari, traduzione di Roberta Maresca e Alessandra Roccato, Piemme, 2010. ISBN 9788856614671
  • Jack Whyte, Saint-Clair. La caduta dei Templari, traduzione di Barbara Serra, Piemme, 2009. ISBN 9788838476112

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