Faustina Maratti
Faustina Maratti, o Faustina Maratta, nota anche con lo pseudonimo di Aglauro Cidonia (1679 circa – 1745), poetessa italiana.
Rime dell'avvocato Gio. Batt. Felice Zappi e di Faustina Maratti, sua consorte
modificaDolce sollievo dell'umane cure
modificaDolce sollievo dell'umane cure,
Amor, nel tuo bel regno io posi il piede,
E qual per calle incerto uom, che non vede,
Temei l'incontro delle mie sventure.
Che? non credevi forse, anima schiva
modificaChe? non credevi forse, anima schiva,
Cader sotto il mio giogo alto e possente;
Credevi tu quell'orgogliosa mente
Mantener sempre d'ogni affetto priva?
Io porto, ahimè, trafitto il manco lato
modificaIo porto, ahimè, trafitto il manco lato
D'un dardo il più crudel, ch'avesse Amore,
Poiché nulla scopria d'aspro rigore,
Ma di cara dolcezza era temprato.
Pensier, che vuoi, che in così torvo aspetto
modificaPensier, che vuoi, che in così torvo aspetto
All'agitata mente t'appresenti?
Perché le pene all'alma accrescer tenti,
E pormi in seno, ahimè! nuovo sospetto?
Qualora il tempo alla mia mente riede
modificaQualora il tempo alla mia mente riede,
Cader sotto il mio giogo alto e possente;
Credevi tu quell'orgogliosa mente
Mantener sempre d'ogni affetto priva?
Non so per qual ria sorte, o qual mio danno
modificaNon so per qual ria sorte, o qual mio danno
Cangiasse Amor lo stato, in ch'io vivea.
Allor che in pace i giorni miei traea,
Scarca dal peso d'ogni grave affanno.
Questo è il faggio, o Amarilli, e questo è il rio
modificaQuesto è il faggio, o Amarilli, e questo è il rio,
Ove Tirsi il mio ben lieto solea
Venir alle fresch'ombre, allor che ardea
Con maggior fiamma il luminoso Dio.
Da poi che il mio bel sol s'è fatto duce
modificaDa poi che il mio bel sol s'è fatto duce,
Cader sotto il mio giogo alto e possente;
Credevi tu quell'orgogliosa mente
Mantener sempre d'ogni affetto priva?
Allor, che oppressa dal gravoso incarco
modificaAllor, che oppressa dal gravoso incarco,
Cader sotto il mio giogo alto e possente;
Credevi tu quell'orgogliosa mente
Mantener sempre d'ogni affetto priva?
Ahi, che si turba, ahi che s'innalza e cresce
modificaAhi, che si turba, ahi che s'innalza e cresce
Il mar, die irato la mia nave porta!
E un vento rio l'incalza, e la trasporta
Fra scoglio, ove a se stesso il flutto incresce.
Bacio l'arco, e lo strale, e bacio il nodo
modificaBacio l'arco, e lo strale, e bacio il nodo,
In cui sì dolcemente Amor mi strinse;
E bacio le catene, in cui m'avvinse;
Auree catene, onde vie più m'annodo.
Dov'è, dolce mio caro, amato figlio
modificaDov'è, dolce mio caro, amato figlio,
Il lieto sguardo, e la fronte serena?
Ove la bocca di bei vezzi piena,
E l'inarcar del grazïoso ciglio?
Cadder preda di morte, e in pena ria
modificaCadder preda di morte, e in pena ria
M'abbandonaro, e 'l genitore, e il figlio:
Questi sul cominciar del nostro esiglio,
Quegli, già corso un gran tratto di via.
Bosco caliginoso, orrido, e cieco
modificaBosco caliginoso, orrido, e cieco,
Valli prive di sole, e balze alpine,
Sentieri ingombri di pungenti spine,
Scoscesi sassi, umido e freddo speco;
Se è ver, c'a un cenno del crudel Caronte
modificaSe è ver, c'a un cenno del crudel Caronte
In un con noi su la funesta barca
La rimembranza degli affanni varca
Di là dall'altra sponda di Acheronte;
Invido sol che riconduci a noi
modificaInvido sol che riconduci a noi
Pria dell'usato il luminoso giorno;
Odo il nitrito de' corsieri tuoi,
Già miro l'alba frettolosa intorno.
Per non veder del vincitor la sorte
modifica<Per non veder del vincitor la sorte[1]
Caton squarciossi il già trafitto lato;
Gli piacque di morir libero e forte
Della romana libertà col fato;
Se mai degli anni in un col corso andranno
modificaSe mai degli anni in un col corso andranno
Al guardo de' Nipoti i versi miei,
Maravigliando essi diran: costei
Come sciogliea tai carmi in tanto affano.
Quando l'almo mio Sol fra gli altri appare
modificaQuando l'almo mio Sol fra gli altri appare
A far di sua virtù ben chiara mostra:
Pria d'un vago rossor le guance inostra
Segno d'alma gentil che fuor traspare.
Poiché il volo dell'Aquila latina
modificaPoiché il volo dell'Aquila latina
Fece al corso del Sol contraria via,
Posando in Oriente: Italia mia,
Fosti ai barbari Re scherno e rapina.
Or qual mai darem lode al pregio vostro
modificaOr qual mai darem lode al pregio vostro[2]
Noi dell' Arcadia poveri Pastori?
Serto noi ti farem di Rose e fiori?
Nò, che cinto vai tu di lauri e d'ostro.
Io non so come a questa età condotte
modificaIo non so come a questa età condotte
Reggan quest' ossa ancor carne e figura?
Che a così acerba estremità ridotte
Furon dall'ostinata mia sventura.
Io mi credea la debil navicella
modificaIo mi credea la debil navicella
Rotta dall'onde e stanca di cammino
Ritrar nel porto che scorgea vicino,
Che troppo corse in questa parte e in quella:
Prese per vendicar l'onta e l'esiglio
modificaPrese per vendicar l'onta e l'esiglio[3]
Marzio de' vinti Volsci il sommo impero,
E impaziente inesorabil fero
Cinse la patria di fatal periglio.
Chi veder vuol come ferisca Amore
modificaChi veder vuol come ferisca Amore
E come tratti l'arco, e le quadrella,
Come incateni, e come di più bella
Fiamma accresca alla face eterno ardore:
Questa che in bianco ammanto, e in bianco velo
modificaQuesta che in bianco ammanto, e in bianco velo[4]
Pinse il mio Genitor modesta e bella,
È la casta Romana Verginella,
Che il gran prodigio meritò dal Cielo.
Ahi ben me 'l disse in sua favella il core
modificaAhi ben me 'l disse in sua favella il core,
E l'aer grave, ch'io sentìa d'intorno,
Senz'acque il rivo ove sovente io torno,
E la depressa erbetta e il mesto fiore.
Muse, poiché il mio Sol gode e desìa
modificaMuse, poiché il mio Sol gode e desìa
Legger miei carmi, ed ascoltar mie rime,
Fate voi che di Pindo alle alte cime
Felice io giunga per l'alpestra via:
Donna che tanto al mio bel Sol piacesti
modificaDonna che tanto al mio bel Sol piacesti,
Che ancor de' pregi tuoi parla sovente,
Lodando ora il bel crine ora il ridente
Tuo labbro, ed era i saggi detti onesti:
Ombrose valli, e solitari orrori
modificaOmbrose valli, e solitari orrori,
Vaghe pianure, e rilevati monti,
Voi da ninfe abitati e fiumi e fonti,
Che pur sentite gli amorosi ardori:
Ovunque il passo volgo, o il guardo io giro
modificaOvunque il passo volgo, o il guardo io giro,
Parmi pur sempre riveder l'amato
Dolce mio figlio, non col guardo usato,
Ma con quel, per cui sol piango e sospiro.
Amato figlio, or che la dolce vista
modificaAmato figlio, or che la dolce vista
Sicuro affiggi nel gran Sole eterno,
Né tema hai più di cruda state o verno,
Né gioia provi, di dolor commista:
Poiché narrò la mal sofferta offesa
modificaPoiché narrò la mal sofferta offesa[5]
Lucrezia al fido stuol ch'avea d'intorno,
E col suo sangue di bell'ira accesa
Lavò la non sua colpa e il proprio scorno:
Fra cento d'alto sangue illustri e conte
modificaFra cento d'alto sangue illustri e conte,
Questa onor di Liguria alma Eroina
Altera innanzi va come Reina,
Tanti rai di virtù l'ornan la fronte.
Ah rio velen delle create cose
modificaAh rio velen delle create cose,
Nimica di virtute e di fortuna,
T'è forza uscir dalla spelonca bruna,
Ove il terror del sacro Eroe t' ascose.
Nuovo al bel Tempio suo crescendo onore
modificaNuovo al bel Tempio suo crescendo onore[6]
Cresce l'antico onor della divina
Immago, cui del Ciel l'alto favore
A noi mandò nella fatal ruina.
Donna real che d'Imeneo la legge
modificaDonna real che d'Imeneo la legge[7]
Soave senti e suo poter sovrano,
Vien meco, e ascolta ciò che non in vano
Dentro i fati mia mente or vede e legge.
Scrivi, mi dice un valoroso sdegno
modificaScrivi, mi dice un valoroso sdegno,
Che in mio cor siede armato di ragione:
Scrivi l'inìqua del tuo mal cagione,
E scuopri pur l'altrui livore indegno.
Citazioni su Faustina Maratti
modifica- È una poetessa che entrò giovanissima in Arcadia: Leopardi ne riconobbe "la composta vivacità e certa leggiadria". Ho voluto che fosse presente con due sonetti. Il primo tratta la gelosia, insolito nella poesia maschile, dove è difficile che l'autore lamenti la scarsa fedeltà della donna, la quale può essere inarrivabile ma è raro che si mostri sensibile alla corte di un altro... Il secondo sonetto è invece dedicato al dolore per la morte di un figlio bambino. (Luca Serianni)
Note
modificaBibliografia
modifica- Faustina Maratti, Rime dell'avvocato Gio. Batt. Felice Zappi e di Faustina Maratti, sua consorte, a cura di Giuseppe Cioffi, Napoli, 1833.
Altri progetti
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