Inghilfredi
Inghilfredi (... – XIII secolo), poeta italiano.
Audite forte cosa che m'avene
modificaAudite forte cosa che m'avene:
eo vivo in pene stando in allegranza,
saccio ch'io amo e sono amato bene
da quella che mi tene in disïanza.
Caunoscenza penosa e angosciosa
modificaCaunoscenza penosa e angosciosa
as[s]ai se[i] più che morte naturale,
al mio parire;
fus[s]i gioiosa tanto e amorosa,
cum cui tu gissi, mai sentiria male
senza fallire
Del meo voler dir l'ombra
modificaDel meo voler dir l'ombra
cominzo scura rima.
Como di dui congiunti Amor mi 'nungla,
sì natural m'adombra
in lavoreo e rima,
essendo due, semo un com' carne ed ungla.
Dogliosamente e con gran malenanza
modificaDogliosamente e con gran malenanza
conven chio canti e mostri mia grameza,
ca per servire sono in disperanza:
la mia fede m'à tolta l'allegreza.
Greve puot'om piacere a tutta gente
modificaGreve puot'om piacere a tutta gente,
perch'eo parlo dottoso
e sì come om che vive in grande erranza,
poi veo saglire inganno malamente
di tal guisa odioso,
cui no 'l com[m]ise è data pesanza
Poi la noiosa erranza m'à sorpriso
modificaPoi la noiosa erranza m'à sorpriso
e sagiato di sì crudel conforto,
voglio mostrare qual è 'l mio coragio,
ch'eo sono in parte di tal logo miso
ch'eo son disceso e non son giunto a porto
Sì alto intendimento
modificaSì alto intendimento
m'ave donato Amore,
ch'eo non sac[c]io invenire
in che guisa possa merzé trovare.
Bibliografia
modifica- Inghilfredi, Audite forte cosa che m'avene, Caunoscenza penosa e angosciosa, Del meo voler dir l'ombra, Dogliosamente e con gran malenanza, Greve puot'om piacere a tutta gente, Poi la noiosa erranza m'à sorpriso, Sì alto intendimento, in "Rimatori della scuola siciliana", a cura di Bruno Panvini, Olschki, Firenze, 1962 e 1964.
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