Henry Dunant

umanista, imprenditore e filantropo svizzero, nonché fondatore della Croce Rossa

Jean Henry Dunant, più noto come Henry Dunant (1828 – 1910), umanista, imprenditore e filantropo svizzero, cofondatore della Croce Rossa.

Henry Dunant
Medaglia del Premio Nobel
Medaglia del Premio Nobel
Per la pace (1901)

Un ricordo di Solferino modifica

  • [Descrivendo i combattimenti della battaglia di Solferino] Qui è una lotta corpo a corpo, orribile, spaventevole: Austriaci ed Alleati si calpestano, si massacrano a vicenda sopra cadaveri sanguinosi, si pestano a colpi di calcio, si fracassano il cranio, si sventrano colla sciabola o colla bajonetta, non v'ha più quartiere, è un macello, un combattimento di belve feroci, furibonde ed ebbre di sangue; i feriti medesimi difendonsi fino all'ultima estremità, chi non ha più armi abbranca alla gola il suo avversario e lo lacera co' suoi denti. (p. 20)
  • Non è qui forse fuor di luogo di porre in rilievo una cosa che non fu mai abbastanza apprezzata né presso l'armata, né generalmente. Si capisce come un soldato, un ufficiale, che tiene un'arma in mano, eccitato dalla voce de' suoi superiori, dall'emulazione reciproca, animandosi al suono delle belliche marce, possa diventare anche un eroe; ma chi ha mai calcolato il sangue freddo, il coraggio per così dire passivo, di cui dev'essere dotato l'ufficiale di sanità, il quale sotto il fuoco, tra il grido assordante dei combattenti, il frastuono delle artiglierie, dei treni, e della cavalleria, in faccia a membra palpitanti, chino per terra, disagiato, il più di sovente stanco ed assetato, deve fare le più delicate operazioni, le quali impongono talvolta anche ai più pratici negli anfiteatri anatomici? Eppure come poco è egli spesso apprezzato e ricompensato! (p. 70)
  • La battaglia di Solferino è la sola che nel XIX secolo, possa essere pareggiata, per l'estensione delle perdite che trasse seco, alle battaglie di Borodino, di Lipsia e di Waterloo. (p. 165)
  • Ma perché aver raccontato tante scene di dolore e di desolazione, e aver forse fatte provare penose emozioni? Perché essersi steso quasi con compiacenza su lagrimevoli quadri, ed averne fatta la descrizione in una maniera che può parere minuta e affliggente?
    A questa domanda affatto naturale, ci sia permesso rispondere con quest'altra domanda:
    Non sarebbevi egli modo di fondare delle Società volontarie di soccorso, le quali avessero per iscopo di prestare o far prestare, in tempo di guerra, assistenza ai feriti? (p. 183)
  • Se si avessero avuti ajutanti abbastanza per provvedere al servizio del raccôrre i feriti nelle pianure di Medole, e in fondo agli avvallamenti di San Martino, e su pei dirupi del Monte Fontana o sulle alture di Solferino, non avrebbesi lasciato, il 24 di giugno, per lunghe ore di seguito, tra pungenti angosce e il timore così amaro dell'abbandono, quel povero bersagliere, quell'ulano e quello zuavo che, sforzandosi di sollevarsi malgrado i suoi atroci dolori, faceva segno inutilmente da lungi, colla mano, perché si dirigesse una lettiga alla sua volta. Infine non avrebbesi incorsa l'orribile sorte di seppellire, l'indomani, com'è pur troppo probabilmente avvenuto, de' viventi coi morti! (pp. 192-193)

Bibliografia modifica

  • G. Enrico Dunant, Un ricordo di Solferino, versione italiana di Luigi Zanetti, Tipografia Guglielmini, Milano, 1863.

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