Hadewijch

mistica e poetessa fiamminga

Hadewijch (fine XII sec. – inizio XIII sec.), mistica e poetessa fiamminga.

Versi di Hadewijch in un testo del XIV secolo

Lettere

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  • Tutto ciò che l'uomo può pensare di Dio o comprendere e comunque immaginare, ebbene questo non è Dio. Perché se l'uomo potesse intenderlo e comprenderlo con i suoi sensi e i suoi pensieri, Dio sarebbe meno dell'uomo e noi avremmo finito di amarlo: la stessa cosa avviene con gli uomini senza profondità, presso i quali l'amore è presto alla fine. (da Lettera XII, p. 103)
  • Ciò che appartiene alla ragione è in opposizione con quel che soddisfa la vera natura dell'amore: la ragione non può infatti portar via nulla all'amore, né a sua volta può dargli alcunché. La vera ragione dell'amore è un'onda che cresce sempre, senza arrestarsi mai. (da Lettera XX, p. 152)
  • Prima di possedere l'Amato, bisogna fargli la corte per conquistarlo, agendo sempre cavallerescamente e con generosità, in tutte le cose e con qualsiasi persona, sconosciuta o meno che sia, secondo la dignità dell'Amato, per l'alta fama e per il bene che l'amante avrà presso di lui. Perché lui intende bene la cortesia: quando conosce le grandi pene e il duro esilio che ha sofferto la sua amante, nonché i suoi nobili sacrifici, allora non può non rispondere con l'amore e dare tutto se stesso.
    Ecco come si corteggia l'Amato! (da Lettera XXI, pp. 156-157)
  • L'aquila fissa il sole senza arretrare punto, come l'anima interiore guarda Dio senza distogliere mai lo sguardo da lui. Giovanni sarà dunque l'anima sapiente in questo coro, vale a dire in questo piano d'amore con Dio. Lì non si pensa né ai santi né agli uomini, ma si vola semplicemente nelle altezze divine. Quando l'aquilotto non può fissare il sole, viene gettato fuori dal nido. Così farà l'anima sapiente, la quale rigetta tutto ciò che può oscurare lo splendore dello Spirito, poiché all'anima – al pari dell'aquila – non si addice il riposo, bensì il volo incessante verso l'altezza sublime. (da Lettera XXII, p. 174)
  • Qualcosa di Dio è Dio: per questo Dio esercita nel più piccolo dei suoi doni tutte le sue virtù. Qualcosa di Dio, ebbene, è Dio stesso; vale a dire: egli è in se stesso. Le ricchezze di Dio sono molteplici; Dio è molteplice nell'unità e semplice nella molteplicità. Poiché Dio è questo, tutti i suoi figli conoscono le sue copiose delizie, davvero tutti, l'uno più dell'altro. (da Lettera XXVIII, p. 196)

Citazioni su Hadewijch

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  • La mistica teologica della Hadewijch [...], rappresentante insigne dell'affascinante mondo della mistica femminile del Medioevo fiammingo, è un esempio significativo di un fedele connubio tra esperire mistico (da lei chiamato «conoscenza sperimentale») e contemplazione della Parola [...]. Le sue Lettere [...] ci restituiscono l'immagine di una donna colta, intelligente, sensibile, soprattutto rivolta a filtrare le sue abbondanti grazie mistiche alla luce del Dio trinitario. (Paola Ricci Sindoni)

Bibliografia

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  • Hadewijch, Lettere, presentazione di Giovanna della Croce, traduzione dal medio olandese di Rocco Berardi, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo, 1992. ISBN 88-215-2545-7

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