Gothards Frīdrihs Stenders

scrittore lettone

Gothards Frīdrihs Stenders (1714 – 1796), pastore luterano, scrittore, poeta, linguista, lessicografo, teologo, folclorista e inventore lettone.

Citazioni di Gothards Frīdrihs Stenders

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  • [Nella premessa al Lettisches lexicon rivolge una preghiera] A quella troppo trascurata nazione lettone, che ci nutre, e alla quale io ho dedicato da sempre il mio cuore per la sua salvezza, come a un popolo tanto divino quanto bisognoso di illuminazione. Io raccomando questo povero popolo all'attenzione comune, per il miglioramento delle sue condizioni, cadute in basso così moralmente come economicamente.[1]
die uns ernährende, aber zu sehr vernachlässigte lettische Nation, welcher ich von je her als einem gleichfalls göttlichen, dabey der Aufklärung bedürftigen Volke mein Herz zu ihrem Heil gewidmet. Dieses arme Volk empfehle ich einer gemeinschaftlichen Aufmerksamkeit zur Verbesserung seines herabgesunkenen sowohl moralischen als häuslichen Wohlstandes.[2]
  • [Stender esorta il popolo] Sforzati, per quanto ti è possibile, di leggere libri: essi danno alla tua intelligenza uno slancio maggiore.[3]
Cik spēdams, lasi grāmatas: tās prātu pacilā.[3]
  1. Citato in Ants Oras (Letteratura estone), Ernests Blese (Letteratura lettone) e Alfred Senn (Letteratura lituana), Storia delle letterature baltiche, a cura di Giacomo Devoto, Nuova Accademia Editrice, 1963, traduzione per Ernests Blese (Letteratura lettone) di Maria Grazia Cocconi, p. 124.
  2. Citato in Ants Oras (Letteratura estone), Ernests Blese (Letteratura lettone) e Alfred Senn (Letteratura lituana), Storia delle letterature baltiche, a cura di Giacomo Devoto, Nuova Accademia Editrice, 1963, traduzione per Ernests Blese (Letteratura lettone) di Maria Grazia Cocconi, pp. 123-124.
  3. a b Citato in Ants Oras (Letteratura estone), Ernests Blese (Letteratura lettone) e Alfred Senn (Letteratura lituana), Storia delle letterature baltiche, a cura di Giacomo Devoto, Nuova Accademia Editrice, 1963, traduzione per Ernests Blese (Letteratura lettone) di Maria Grazia Cocconi, p. 127.

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