Giuseppe Vallardi

editore italiano (1784-1861)

Giuseppe Vallardi (1784 – 1861), editore italiano.

Giuseppe Vallardi, Trionfo e Danza della Morte, ed. 1859

Trionfo e danza della morte modifica

  • Il pensiero della morte, conciliatore dei sentimenti tranquilli, maestro delle umane follie, amico delle benefiche azioni, ha suggerite le rappresentazioni de' Morti danzanti, dette anche Danze Macabre.
    Il loro scopo era quello di richiamare l'uomo al suo fine, onde mercé la meditazione di questo si conformasse al buono, all'onesto, giacché un medesimo fine tutti ci eguaglia, ed una irrevocabile giustizia tutti ci attende. Loro oggetto fu ben anche la critica e la satira; e sotto questo aspetto ci rappresentano quelle tendenze o passioni per le quali gli uni diversificavano dagli altri nella grande commedia umana. (p. 1)
  • La Danza della Morte o Danza Macabra è il soggetto che forse più di qualunque altro caratterizza il Medio Evo.
    Ai tempi pagani la fiamma del rogo coll'annientare il cadavere non lasciava ai superstiti che un pugno di ceneri; epperò nulla di più quieto pei sensi, nulla di meno funebre di un'urna, di un sarcofago, anche rispetto alle composizioni che all'esterno le adornavano. – Il Cristianesimo invece col ritornare il corpo alla terra rese severa e tetra la immagine della Morte. Quando i vermi avevano terminato il loro ufficio, usavansi raccogliere dalle sepolture gli avanzi dei corpi disfatti, e sovrapporre con simmetrico studio i cranii e le ossa nelle cappelle vicine alle chiese ed ai cimiterj, affinché fosser soggetto di meditazione ai viventi. (p. 5)
  • [...] l'idea di tutte le Danze Macabre è la stessa presso tutte le nazioni; è la eguaglianza del cimitero applicata alle follie del mondo. Dalla reggia dell'invitto principe alla capanna del laborioso contadino, la morte batte a tutte le porte ed esce traendo per mano le sue vittime, che loro malgrado costringe a danzare. Sempre allegra e buffona, sembra che si atteggi all'insultante ironia, al feroce disprezzo, allorquando cammina coi grandi. (p. 6)
  • La religione Cristiana sublimò più d'ogni altra il pensiero della morte, col definire non essere vera vita la vita mortale, ma preparazione ad una eternità di premio o di pena. Per cosifatto dogma la morte del corpo è nulla rispetto a quella dell'anima, ma è transito, ossia ingresso ad una seconda vita di eterni gaudj pei giusti, di eterni tormenti pei reprobi: epperò in diversi cimiteri si dipinsero Adamo ed Eva autori del peccato, quindi della morte. (p. 16)
  • La Danza è istintiva come il canto, onde ogni pubblica allegrezza, ogni lugubre cerimonia, ogni grave solennità, noi la riscontriamo accompagnata dalla danza, tanto nei primordi della civiltà di un popolo, come in appresso per consuetudine; [...]. (p. 22)

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