Giuseppe Pezzarossa

presbitero e filosofo italiano

Giuseppe Pezzarossa o Pezza Rossa (1811 – 1875), presbitero e filosofo italiano.

Nel terzo anniversario della battaglia di Solferino modifica

Incipit modifica

Ad altri per avventura altri pensieri: a me par bello che la Chiesa di un Dio liberatore consacri le magnanime gesta onde Italia, patria carissima e lungamente serva, trasse di sua libertade il primo inizio e il successivo incremento: bello, che i ministri di una fede in tutto rinnovatrice, e cittadini pur essi, non isdegnino vaticinare sulle ossa di que' valorosi che alla nazione col proprio sangue procacciarono vita nuova. Ed ecco il perché reputai, che, invitato a parlare sui morti di Solferino, non potesse la mia tenuità dal sacro-civile ufficio disconfortarmi; però che civiltà e religione qui si disposino insieme a formare di tanta levatura un subbjetto, che nessuna oratoria imperizia lo potrebbe umiliare.

Citazioni modifica

  • Ma Solferino non può dirsi compiuto finché non sia compiuta l'Italia col possesso di Roma e Venezia, nobili e desolate sorelle tenute a forza divelle dall'italiana famiglia. Ecco i due problemi vitali a cui stanno volti in presente gli sguardi, e dai quali pende, non pur d'Italia, ma forse di tutta Europa il riposo: ecco problemi urgentissimi che domandano pronta, vera, stabile soluzione, qual si conviene a Regno che giustamente vuole sua pienezza di vita. (p. 9)
  • Dibbattesi a Roma, o Signori, non guerriera, ma sol morale questione che di giorno in giorno per sé stessa svolgesi e matura, sotto il dominio della coscienza publica e della illuminata cattolica fede, a cui spetta in ultimo il decisivo responso; epperò, senza inacerbir d'avvantaggio le collisioni, senza precipitare gli eventi che già si accostano, solleviamo alla Chiesa nei nostri cuori un trono che largamente la compensi di un trono materiale ormai sfatto; salviamo la spiritale potenza giacché la temporale vien meno, apprestiamci a venerare in Vaticano il Vicario di Cristo, anche allora che un Cesare deve in Campidoglio sedere; imperocché vuolsi al Campidoglio salire per la Via non indarno chiamata Sacra, e affine di cancellarvi la pagana scritta fructus belli, sostituendovi la cristiana fructus concordiæ. (pp. 9-10)
  • [...] la presenza dell'Austria nella parte più munita dell'italico suolo, con le torture inaudite ch'essa infligge a que' nostri, fratelli, con le minacce vendicative ch'essa ci vomita incontro, con le mene reazionarie che fomenta nel nostro seno, è tale un insulto che noi lungo tempo inghiottire né possiam, né dobbiamo. (p. 11)
  • Oh! se mostrasse possibile lo sbrattare l'Italia dall'austriaco vituperio con soli trattati e con l'oro, io, uom di Chiesa, non potreimi ricusare allo sparmio del sangue, ma diranno altri con verità: – trista cosa dover per favore la esistenza a ciò ch'una penna scrive e agevolmente scancella, mentre il ben temprato acciaro e taglia e sculpe ed incide per secoli stabilmente! ed oltre a ciò, nelle italiane cose nessun acciaro mai fia più sicuro del nostro. Ad ogni modo è palese che né sui bellici campi né sui verdi tappeti della diplomazia, potrebbe compiersi Italia, quand'ella tutta in armi, non si mostri capace e pronta a ripetere Solferino. (pp. 12-13)

Explicit modifica

Il cenno [del Re] non può tardare di troppo, no, perché gli avvenimenti incalzano e seco portano, anche loro malgrado, gli uomini nel turbinìo dell'azione. Noi però, nella calma dei forti e nella fortezza dei giusti, aspetteremo con dignità la sospirata parola, e allora quà torneremo a inspirarci sulle tombe di questi prodi che diedero per Italia la vita, e dal valore che fruttò le passate vittorie apprenderemo a riportar le future. In quel giorno, come in oggi, avremo compagna ed auspice la religione del Cristo, religione dei liberi e dei redenti, che benedice alla patria e tutte ne consacra le giuste glorie.

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