Giulio Cotronei
biologo e accademico italiano (1885-1962)
Giulio Cotronei (1885 – 1962), biologo e accademico italiano.
Citazioni di Giulio Cotronei
modifica- I due uomini [Giovanni Battista Grassi e Federico Raffaele] erano molto differenti di carattere, di modi e di mentalità, ma i due insegnamenti che impartirono nell'Università di Roma si integrarono in un modo mirabile. Grassi, sfolgorante di geniale intuito colpiva lo studente col balenìo delle idee rapidamente associate mostrando vie nuove e vette lontane. Raffaele, ragionatore e dialettico inflessibile, sottoponeva le idee al vaglio di una critica serrata e spesso inesorabile. E i due insegnamenti lungi dal creare degli inutili doppioni, si dimostravano più fecondi proprio quando i due docenti trattavano, secondo la loro mentalità, i medesimi argomenti, e colla serietà che entrambi mettevano nella preparazione delle lezioni dimostravano che cosa deve essere l'insegnamento universitario, insegnamento che non deve mai scivolare nella perniciosa faciloneria che può far comodo agli inetti e agli svogliati.[1]
- [...] rileggendo queste pagine [L'individuo e la specie] molte volte mi è sembrato di avere ancora di fronte la figura di Federico Raffaele e di risentire la sua voce, così bonariamente ironica, ammonirci che la verità nei problemi essenziali della vita è assai più profonda di tutte le apparenze che affiorano. E fu perciò detto, da alcuni che non lo compresero, uno scettico. Ma uno scettico non lo era, egli che così profondamente sentiva le aspirazioni più nobili e gli affetti più delicati; ma, come il suo temperamento critico lo portava a scorgere così acutamente i lati deboli o gli errori di una ricerca, così egli stesso scorgeva l'insufficienza dei dati scientifici che andava raccogliendo per la risoluzione di quanto si proponeva.[2]
Note
modifica- ↑ Da Prefazione a Federico Raffaele, L'individuo e la specie, Sansoni Edizioni scientifiche, Firenze, 1943, p. 8.
- ↑ Da Prefazione a Federico Raffaele, L'individuo e la specie, Sansoni Edizioni scientifiche, Firenze, 1943, p. 9.
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