Gianni D'Elia

poeta, scrittore e critico letterario italiano

Gianni D'Elia (1953 – vivente), poeta, scrittore, critico letterario e paroliere italiano.

Citazioni di Gianni D'Elia

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  • Franco Fortini, che rimpiango con affetto, rispose generosamente con dei versi (un sonetto, di cui riporto la parte finale in esergo[1]) alla poesia a lui dedicata: Lettera 32. Nel biglietto accompagnatorio (8 novembre 1993) è scritto fra l'altro: «... è davvero (e si sente) improvvisato, senza neanche una correzione, sul Macintosh. Ti accludo una foto di allora, in officina. Tu hai la 32, che nacque 22. Ruth e io vivevamo in una stanzetta minuscola, davanti alla fabbrica, svegliati al mattino dalla sirena».
    Fortini lavorò all'Olivetti dal '48 al '54 [...], inventando per la fabbrica di Ivrea i nomi per alcuni prodotti, tra cui quello della piccola macchina per scrivere Lettera 32.[2]

Congedo della vecchia Olivetti

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«Sono quelli dei giorni e della corsa
al giambo che riscocca sui binari,
delle nuvole ammassate in tanta forma
sopra campi di svincoli stradali,

nell'agitar di braccia delle piante
fruscianti un saluto indovinato
al passeggero comune e trasandato
che struscia piano i sottopassi amari;

e sono tutto quanto nell'immagine –
non altro che zelo catturato – passò
al fragile strato delle pagine
che il diario degli anni ha versato

in righe feriali al vostro fiato...»

Citazioni

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  • «Lo sai? – a battezzarmi così è stato | il poeta (allora inventore a contratto | Olivetti) Fortini – uomo d'umore e riscatto | sí acuto ed offeso... Neonato | seriale pianeta: Lettera 32 com'è detto | pure a chiare sillabe sue | sul metallo del cielo mio leso | scrostato in tanti anni di getto | con la mano al verdino che acceso | me battendo te stesso all'inverno | già diventavi anche se ore e ore | riscrivendo forse migliore || dal giorno che ossesso al paterno | tavolo e studio mi hai preso?...» (p. 7)
  • «L'impoetico: raccontalo a lampi. | Nomina le nuove impercepite | cose del mondo in cui ora siamo | immersi. E siano versi | attenti al comune, alla prosa | che servi. E all'arso | cicalío delle stampanti, poi che canto | è forza di memoria e sentimento || e oggi nient'altro che il frammento | sembra ci sia dato per istanti, | tu pure tentalo, se puoi, come tanti | durando un poco oltre quel vento...» (Altre istruzioni, p. 9)
  • O come lo squillo del telefono – non sai | quasi mai chi è ma senti che suona – | e tra esitazione e aspettativa di parola | o in pigrizia indolente di deriva || ti appresti a levare per la voce | lí insaputa la cornetta veloce | che la mano afferra per l'orecchio | tuo chiedendo pronto all'apparecchio || e allora sai chi è da come suona | al primo battito la sillaba del nome | che l'altro nel suo fiato ti propone | finché curioso di sorpresa or ora || svelata l'udire al parlare ti espone... (p. 21)

«Congedo, sí – ma non mio solo credo
da te, né tuo da me, e sia pure
nostro o chissà di quanti un poco
da questi tempi di spreco e di scure

propaggini di semivite brute
scandite da chip e da relè
simultanei all'infestata palude che
perbene, due su tre, dà spacciato ogni sé;

ma ha il passo del pensiero questo battito
di dita, e del respiro il piede –
solo un riposo breve, una fatica
lenta e sgomenta attimo per attimo

di questa ch'è ormai la comune salita
chiede l'opera che viene?...»

  1. Citato in Congedo dalla vecchia Olivetti, p. 5: Fra la «Lettera» e me, quanto da me | ai giovani! L'anno era il Quarantotto: | gli operai, le officine di quel Diciotto || fatale Aprile, a Ivrea. Mi chiedo se | puoi capirmi. Che importa? Abbiamo scritto | su quei ferri: e il dovere ora è un diritto. (Franco Fortini)
  2. Da Note, in Congedo della vecchia Olivetti, p. 103.

Bibliografia

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