Gianni Bugno

dirigente sportivo e ciclista su strada italiano

Gianni Bugno (1964 – vivente), dirigente sportivo ed ex ciclista su strada italiano.

Gianni Bugno nel 1995

Citazioni di Gianni Bugno

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  Citazioni in ordine temporale.

  • [«Che cosa le ha insegnato il ciclismo?»] A lottare e a credere. Può capitare [...] che ti alzi e vedi la pioggia, sai che dovrai soffrire come un cane, vuoi quasi tornare a letto. Poi vai e alla fine sei felice.[1]
  • Non ho bellissimi ricordi delle salite, che per me significavano sofferenza.[2]
  • [«Lei è stato tra i primi ciclisti a essere il testimonial di grande aziende per gli spot pubblicitari»] In realtà io credo che la grande svolta sia arrivata nel 1993 quando Mediaset acquistò i diritti per la trasmissione in tv del Giro d'Italia. Prima di allora la Rai si limitava a trasmettere la diretta della tappa il pomeriggio con qualche ripresa nei vari notiziari. Capisce il problema per una manifestazione che si disputa su tre settimane correndo tutti i giorni: la gente che lavorava nei giorni feriali era quasi tagliata fuori dal racconto quotidiano del Giro. Mediaset, forse perché anche aveva bisogno di ripagare gli sponsor che avevano finanziato l'investimento, iniziò a fare programmi dedicati sia al mattino che soprattutto la sera [...] permettendo così a tutti di seguire passo per passo lo sviluppo giornaliero della corsa rosa. In questa maniera tonificò ovviamente anche la visibilità degli sponsor che quindi erano più propizi a investire nel ciclismo. Quando poi la Rai si riappropriò dei diritti [nel 1998, ndr], queste buone pratiche continuarono e ora [...] c'è una copertura completa della gara in tute le ore. Con beneficio degli sponsor.[3]
  • [...] io ho imparato a vincere imparando a perdere. Le bastonate, nella vita e nella corsa, mi sono servite per migliorare. Nessuno nasce "imparato". E le vittorie per me sono tutte importanti, da quelle da juniores fino al Giro. Cambia solo il contesto. Il resto, conta poco.[4]
  • Il ciclismo di oggi, come tutti i settori, deve adattarsi alle nuove tecnologie. È uno sport più preparato rispetto ai nostri tempi, dove si inventava molto. Non è meglio o peggio, è diverso.[4]
  • [...] la mia vita è sempre stata un'incognita. Non ho mai saputo quello che potevo realmente fare. Anche quando ho iniziato col ciclismo cercavo principalmente di stare fuori dal gruppo perché avevo paura. [...] Temevo alcuni tipi di percorsi, non mi sentivo mai sicuro... e invece sono riuscito a primeggiare pur senza diventare un corridore funambolo. [...] quello che ho fatto è stato semplicemente adattarmi, provando a fare tutto e cercando di non cadere. [...] Non essendo uno specialista e non primeggiando in una specialità mi sono dovuto adattare ai vari tipi di corridori che mi trovavo davanti e che erano tutti più forti di me in qualcosa. Alla fine, il mio è stato un lavoro di resistenza.[5]
  • [«Il Giro del 1990 lo fai in maglia rosa dalla prima all'ultima tappa»] Iniziai quel Giro d'Italia con l'idea di prendere la maglia presto e di tenerla il più possibile. In tanti si aspettavano che la mollassi, perché era troppo presto. Dicevano: ma adesso la perde, adesso la perde... e io onestamente ero consapevole che potesse succedere. Poi arrivato all'ultima settimana ho pensato solo a tenerla. Ormai c'eravamo quasi. Contava la resistenza. Si entrava nel mio campo.[5]

Intervista di Massimo Gramellini, La Stampa, 7 giugno 1990, p. 17.

  • La maglia rosa, come il potere, logora chi non ce l'ha. Conservarla è meno faticoso che inseguirla. [...] Però, quando ero stanco, mi chinavo a guardarla e la fatica scivolava lontano...
  • Non dite che sono un campione, altrimenti mi arrabbio. Fignon, LeMond, Delgado, quelli sì. Ma io! Esaltare me significa insultare i veri fuoriclasse.
  • Da accanito ex-perdente, ho fatto una scoperta meravigliosa: che chi non è mai in lizza per il primo posto si perde la poesia del ciclismo.

Simone Sacco, indiscreto.info, 1º maggio 2021.

  • [...] una volta che il risultato è stato conseguito, a cosa servirà mai una coppa? A prendere polvere su di una mensola? Come atteggiamento mentale sono sempre stato un uomo proiettato nel futuro. Del passato agonistico me ne frega fino ad un certo punto. Tant'è che ora se mi chiedessi che fine hanno le mie due medaglie di campione del mondo, non saprei nemmeno dirti dove siano...
  • La verità è che io ho sempre pedalato da persona normale, come uno che va a girare al parco la domenica mattina. Non sono mai stato lo "specialista" su due ruote o uno che, durante la gara, si metteva a fare i numeri. Andavo forte, quello sì, ma lì devo solo ringraziare la natura che mi ha donato un fisico speciale.
  • Polemizzare nello sport è stupido visto che chi arriva secondo resta pur sempre il primo degli sconfitti.
  • Gianni era uno che scriveva basandosi su quello che vedeva con i suoi occhi. E aveva questa dote di sapere raccontare sulla carta quello che io non sarei mai riuscito a tirar fuori con le mie parole.

Intervista di Maurizio Crosetti, repubblica.it, 10 febbraio 2024.

  • Il Giro delle Fiandre mi stava sfuggendo perché alzai le mani troppo presto, e lo stesso uno dei due mondiali. Che fesso. Diciamo che ho corso in un'epoca in cui si poteva vincere in quindici, le grandi corse, intendo. Adesso le vincono soltanto in sei: se ci sono loro, meglio lasciar perdere.
  • I sei fuoriclasse di questa epoca, dove il migliore secondo me è Pogacar, creano l'evento con la loro stessa presenza, altrimenti è un piattume. La figura dell'outsider è scomparsa.
  • Feci una scommessa con l'autista della Nazionale, Giacomo Carminati, che ci portava al mondiale di Benidorm. Gli dissi: se vinco, mi fai guidare il pullman al ritorno? Avevo la patente giusta. Vinsi, e il giorno dopo mi misi al volante per centinaia di chilometri. Bellissimo.

Intervista di Marco Bonarrigo, corriere.it, 31 marzo 2025.

  • [«La fuga metafora di libertà?»] Macché. Non sapevo stare in bici e in gruppo avevo paura di cadere. Scappavo per non combinare disastri.
  • [«Braccia alzate sul traguardo?»] Mai stato capace. In due vittorie importanti, il Mondiale di Benidorm e il Giro delle Fiandre, le ho tirate su in modo così goffo che quasi mi battevano. Le foto infatti fanno schifo.
  • [«La decisione di diventare ciclista?»] In quarta liceo, colpa di una professoressa convinta che chi faceva sport non potesse andare bene a scuola. Bravo in fisica, chimica e matematica, pessimo in italiano e latino: per la timidezza mi esprimevo in modo disastroso. Lei mi rimandò in due materie, per ripicca non mi presentai agli esami di riparazione e mi bocciarono. Andai dai miei spiegando che con la scuola avevo chiuso: avrei fatto il ciclista.
  • [«Ma è vero che nascondeva le coppe e i trofei?»] Prima di arrivare a casa le avvolgevo in carta da giornale e poi le mettevo nei sacchetti della spesa. [...] La gente invidia chi vince o ha successo. L'invidia è un brutto sentimento. Mi piaceva essere considerato come gli altri, uno normale.
  • A posteriori ho capito che apprezzavo di più le sconfitte: mi facevano rimuginare sugli errori e su come correggerli. Ho imparato tantissimo da come ho perso.

Giordano Cavallari (a cura), settimananews.it, 10 maggio 2025.

  • Non c'era nessun sportivo nella mia famiglia e nessuno mi ha avvicinato alla bici: è arrivata casualmente, quando è passato il Giro d'Italia sotto casa mia.
  • Portare la maglia rosa è un onore, è sentire di portare addosso qualcosa di importante: tanta gente ti vede, ti riconosce, confida in te. Quando l'hai sulle spalle, fai di tutto per difenderla; viene da sé.
  • Nel ciclismo la squadra è importante. Ma poi sei tu – se sei il capitano – che devi cercare di portare a casa la vittoria.
  • Se fai le cose con passione, la fatica non la senti. Chi va in bici, ci va per passione. La fatica è qualcosa di negativo. Per me la fatica è piuttosto quella di chi va a lavorare controvoglia – che so, in miniera – per campare. La fatica vera non è quella di chi sceglie di correre in bicicletta. Per me, andare in bici da corsa e sudare per mia volontà, non è mai stata una fatica, semmai una gratificazione.

Citazioni su Gianni Bugno

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  • Gianni Bugno, straordinario campione di modestia, atleta dal talento più grande delle sue ambizioni. (Pier Bergonzi)
  • La storia di Gianni Bugno si discosta dal copione per la normalità del personaggio, tratto caratteriale del tutto anomalo in un pianeta di muscolari che si atteggiano a divinità, suscitando fanatismi, non certo desideri di emulazione. La gente [...] non cercava un idolo da venerare, ma un segnale di speranza, il modello in cui identificarsi: un ragazzo qualunque e quindi imitabile. Non sulla bici, s'intende, perché bisognerebbe avere [...] un regalo concesso da madre natura solo ai campioni veri. Ma ognuno, nel suo campo d'azione, ha una qualità eccezionale: basta scovarla e crederci fino in fondo, come ha fatto lui. Che è uno come noi. (Massimo Gramellini)
  • Tutti i suoi cimeli sono nelle mani dei tanti appassionati, di persone che hanno avuto a che fare con questo fantastico atleta, che se solo avesse avuto un po' di cattiveria agonistica in più chissà quello che avrebbe potuto vincere. Ma a noi piace così. A noi Gianni Bugno è sempre piaciuto proprio perché era fatto in questo modo, nel suo genere era assolutamente unico, un Pogacar timido e generoso. Tadej vince e sorride? Gianni vinceva e si scusava. Tadej vince e regala borracce ai bimbi? Gianni regala ciò che vince. Lo sloveno si autoalimenta vincendo corse a raffica? Gianni doveva essere spronato, perché per lui in partenza erano tutti più forti. Poco importa che abbia vinto una coppa del mondo e due mondiali consecutivi, un Giro d'Italia vestendo la maglia rosa dalla prima all'ultima tappa. Un Giro delle Fiandre e una Sanremo. Due titoli italiani e per due volte sul podio del Tour de France. In totale 72 corse, mica poche. Lui si è sempre sentito inadeguato, ma nella vita non si può avere tutto: in bicicletta Gianni era dotato di classe purissima. Talento da autentico fuoriclasse, però non chiedetegli mai chi è stato Gianni Bugno. È il meno indicato a darvi una risposta. (Pier Augusto Stagi)
  1. Dall'intervista di Gianni Romeo, Bugno: solo Bartoli poteva vincere, La Stampa, 13 ottobre 1998, p. 33.
  2. Da SportWeek, 12 maggio 2007.
  3. Da Intervista/ Bugno: «I vertici dello Stato al Giro. Il finale? Sempre al Colosseo», calcioefinanza.it, 27 febbraio 2021.
  4. a b Dall'intervista di Fabrizio Lucidi, Il paradosso di Gianni Bugno: "Del mio passato non ho neanche una maglia", ilgiorno.it, 29 aprile 2021.
  5. a b Da Federico Vergari, Un Bugno nello stomaco: "Le piste ciclabili non servono a niente". Intervista a Gianni Bugno, prima che cominci il Giro, mowmag.com, 5 maggio 2021.

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