Giacomo Lubrano

gesuita, poeta e scrittore italiano

Giacomo Lubrano (1619 – 1693), gesuita, poeta, predicatore e scrittore italiano.

Citazioni di Giacomo Lubrano modifica

  • Con qual magia di cristallina lente, | picciolo ordigno, iperbole degli occhi, | fa che in punti d'arene un Perù fiocchi, | e pompeggi da grande un schizzo d'ente?[1], || Tanto piacevol più, quanto più mente; | minaccia in poche gocce un mar che sbocchi[2]; | da un fil, striscia di fulmine che scocchi; | e giuri mezzo tutto un mezzo niente.[3] || Così se stesso adula il fasto umano, | e per diletto amplifica gl'inganni, | stimando un mondo ogni atomo di vano. || Oh ottica fatale a' nostri danni! | Un istante è la vita; e 'l senso insano | sogna e travede eternità negli anni. (L'occhialino[4])
  • Mortalità, che sogni? ove ti ascondi | se puoi perire a un alito di fato? | Dei miracoli tuoi il fasto andato | or né men scopre inceneriti i fondi.[5] || Sozzo vapor da baratri profondi | basta ad urtar con precipizio alato | alpi di bronzo[6]; e in polveroso fiato | distrugge tutto il Tutto[7] a regni, a mondi. || Di ciechi spirti un'invisibil guerra | ne assedia sempre, e cova un vacuo ignoto | a subitanee mine[8] in ogni terra. || A' troni ancora, a' templi è base il loto: | su le tombe si vive; e spesso atterra | le nostre eternità breve tremoto. (Terremoto orribile accaduto a Napoli nel 1688[9])
  • Napoli fu non è. La pompa altera | de le glorie già sue si volse in duolo. | Busto e tomba di sé, sul nudo suolo | pianger si può, ma non veder qual era.[10] || Con aereo velen la Morte arciera | omicide sbalzò le Parche a volo[11]; | e di Grandi e Plebei recisi a stuolo, | l'insepolto carname i Cieli annera.[12] || Son macelli i Palagi, urne le sponde | del bel Sebeto[13]; e sospirando stassi, | d'orride straggi insanguinato l'onde. || Passeggier, bagna i lumi[14], affretta i passi, | fuggi, ché di spavento ombre feconde | spira la Morte ancor viva ne' sassi.[15] (Napoli disertata dopo il contaggio[16])
  • Quai di natura inusitati incanti | fan d'un Verme villan Tessalo Mago, | che a lente linee circolando vago, | tesse col labro orientali ammanti? || I serici tesor' sono i suoi vanti, | onde di Frigia insuperbisce l'ago.[17] | Vive in sé chiuso, e del morir presago | spezza la tomba e vola infra i volanti. || Metamorfosi bella! Io godo e miro; | né più del fango uman vili i natali | con palpebre d'orror piango e sospiro. || Non vi temo, o degli Astri ire fatali. | Ecco brilla ne l'Or chi nacque un Iro[18], | chi serpeggiò bambin morendo ha l'ali. (Il verme setaiuolo, V, in In tante Trasparenze, a cura di G. Frasca e G. Alfano, Cronopio, Napoli, 2002.[19])
  • Rustiche frenesie, sogni fioriti, | deliri vegetabili odorosi, | capricci de' giardin, Protei[20] frondosi, | e di ameno furor[21]cedri impazziti, || quasi piante di Cadmo[22] amano arditi | a l'Autunno guerrier tornei selvosi; | o di Pomona adulteri giocosi | fan nascere nel suol mostri mentiti.[23] || Vedi zampe di tigri e ceffi d'orso | e chimere di serpi; e se l'addenti, | quasi ne temi il tocco e fuggi il morso.[24] || Altri in larve di Lemuri frementi | arruffano di corna orrido il dorso, | e fan cibo e diletto anco i spaventi.[25] (Cedri fantastici variamente figurati negli orti reggitani[26])

Note modifica

  1. Fa in modo che piccoli granelli di sabbia sembrino cumuli d'oro e che una particella minima di un ente appaia come fosse grande. Cfr. Poesia italiana, nota a p. 516.
  2. Fa apparire in poche gocce un mare in tempesta che inonda. Cfr. Poesia italiana, nota a p. 516.
  3. Dici, guardando attraverso la lente, che una cosa da nulla è una grande cosa. Cfr. Poesia italiana, nota a p. 516.
  4. In Poesia italiana, il Cinquecento, a cura di Giulio Ferroni, Il Seicento, a cura di Lucio Felici, Garzanti, Milano, 19931, p. 515-516. ISBN 88-11-20452-6
  5. Non lascia vedere più neppure i fondi inceneriti. Cfr. nota a p. 820 dell'Antologia della letteratura italiana.
  6. Le più stabili ed immobili strutture. Cfr. nota a p. 820 dell'Antologia della letteratura italiana.
  7. Il Fato. Cfr. nota a p. 820 dell'Antologia della letteratura italiana.
  8. Minacce (latino: minae ). Cfr. nota a p. 820 dell'Antologia della letteratura italiana.
  9. In Giovanni Getto, I Marinisti, Utet, Torino, 1954; citato in Angelo Gianni, Mario Balestrieri e Angelo Pasquali, Antologia della letteratura italiana, Per le scuole medie superiori con introduzioni sugli aspetti della società e delle lettere, vol. II, parte prima, pp. 819-820.
  10. Per limitare il rischio di contagio durante l'epidemia di peste del 1656 i cadaveri non ebbero sepoltura singola; l'identità di ogni singola persona deceduta si perse per questo nell'indistinto anonimato. Cfr. Campania, nota a p. 182.
  11. Lanciò a volo le Parche perché colpissero con frecce avvelenate. Cfr. Campania, nota a p. 182.
  12. Annera i Cieli con la sua ombra funesta. Cfr. Campania, nota a p. 182.
  13. Fiume che anticamente bagnava Napoli.
  14. Piangi. Cfr. Campania, nota a p. 183.
  15. Nelle case. Cfr. Campania, nota a p. 183.
  16. Da Scintille poetiche, a cura di M. Pieri, Longo, Ravenna, 1982; in Raffaele Giglio Letteratura delle regioni d'Italia, Storia e testi, Campania, Editrice La Scuola, Brescia, 1988, pp. 182-183. ISBN 88-350-7971-3
  17. L'ago di Frigia lavora in modo superbo la seta. Cfr. Parole nel tempo, p. 48.
  18. Mendicante di Itaca; per antonomasia il povero. Cfr. Parole nel tempo, p. 48.
  19. Citato in A. Tocco, G. Domestico, A. Maiorano e A. Palmieri, Parole nel tempo, Testi, contesti, generi e percorsi attraverso la letteratura italiana, 2A, Dal Barocco al Preromanticismo, Loffredo Editore, Napoli, p. 48. ISBN 978887564209-9
  20. Proteo, divinità marina capace di metamorfosi innumerevoli.
  21. Il furor è la follia. Cfr. Letteratura Italiana, nota a p. 622.
  22. Mitico re fondatore di Tebe. Seminò denti di drago da cui sorsero guerrieri armati che si avventarono l'uno contro l'altro in una lotta crudele. Simili a guerrieri di Cadmo che minaccino reciproca guerra appaiono queste piante al poeta. Cfr. Letteratura Italiana, nota a p. 622.
  23. Oppure questi cedri paiono amanti della dea dei frutti, Pomona, che per scherno contro di lei generino nella terra creature di prodigiosa e contraffatta mostruosità. Cfr. Letteratura Italiana, nota a p. 622.
  24. Temi, se addenti i frutti, che i rami ti tocchino e ti mordano. Cfr. Letteratura Italiana, nota a p. 622.
  25. Eppure queste stesse piante che con le loro forme incutono spavento danno dilettoso cibo con i loro frutti. Cfr. Letteratura Italiana, nota a p. 622.
  26. Da Opere scelte di G. B. Marino e dei Marinisti, a cura di G. Getto, UTET, Torino, 1949-54; citato in Mario Pazzaglia, Letteratura italiana, Testi e critica con lineamenti di storia letteraria, Zanichelli, Bologna, 19862, p. 622. ISBN 88-08-00734-0

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