Gaia Rayneri

scrittrice italiana

Gaia Rayneri (1986 – vivente), scrittrice italiana.

Intervista di Giulia Calligaro, iodonna.it, 27 marzo 2022.

  • [Un libro intenso [Un libro di guarigione] il suo. Ripercorriamo i fatti.] Il primo romanzo [Pulce non c'è] stava andando molto bene, ma all'improvviso io facevo fatica a far fronte agli impegni, non riuscivo a stare sola e sentivo una profonda tristezza. Ho deciso così di farmi aiutare, non era la prima volta che facevo terapia. In questo caso mi fu consigliato di unire psichiatria e psicoterapia. Mi fu diagnosticato il disturbo borderline di personalità (si tratta di un disturbo caratterizzato da ipersensibilità, instabilità nell’immagine di sé e impulsività. La storia dell'autrice e della sua famiglia, tra cui una sorellina autistica e un errore giudiziario che la travolse, è raccontata in parte nel suo primo libro, ndr.). Questo da un lato fu un sollievo, poiché veniva dato riconoscimento al mio dolore, ma dall'altro mi dava poche speranze di guarigione, al limite una convivenza tollerabile con i sintomi.
  • [Come cambiò il suo stato con le cure?] All'inizio mi sono identificata con la malattia, la mia mente non riusciva a pensare ad altro. In più i farmaci creavano quello che descrivo nel libro come "effetto paradosso": mi acuivano i sintomi del male. Avevo percezioni sempre più disperate man mano che rivedevo le mie ferite. Per molti anni sono stata davvero male.
  • [La "guarigione" del titolo l'ha trovata invece dentro di sé. Come è accaduto?] Ero in uno stato in cui provavo tutto ciò che potesse aiutarmi. Così, attraverso amici, vengo avvicinata alla meditazione, ed è stato l'inizio di un percorso di conoscenza importantissimo. Si trattava ancora di prendere consapevolezza di quello che mi aveva ferito, ma, a differenza che in terapia, questo avveniva dal cuore non dalla mente.
  • [Uno dei punti di svolta nel libro è la gratitudine. Come agì in lei?] Finché davo un'attenzione esclusiva al dolore, stavo nella mancanza e quello era il mio sguardo sulle cose. Ma nel momento in cui ho cominciato a riconoscere quello che c'era e non quello che mancava nella mia vita, fosse anche il cielo, una casa, l'aria che respiravo e che davo per scontata mentre soffrivo, mi sono spostata su un senso di pienezza, anche se la situazione era la stessa. Ed è incredibile: non sentendomi più vittima, portandomi a livello di un senso di felicità, è arrivata davvero anche la felicità. Naturalmente questo non toglie che le ferite vadano attraversate.

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