Frank Close

fisico britannico

Francis Edwin Close (1945), fisico e docente universitario britannico.

Antimateria

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  • Il 30 giugno 1908, all'alba, [in Siberia, nei pressi del fiume Tunguska Pietrosa] il Sole splendeva in un cielo senza nubi. Poco dopo le 8 del mattino, Semen Semenov, un fattore, sedeva sui gradini della sua casa quando ci fu un'enorme esplosione in cielo. Più tardi l'uomo raccontò ai ricercatori che la palla di fuoco apparsa in cielo era tanto luminosa da far apparire oscuro il disco del Sole e che il calore fu enorme («sembrava che la camicia mi bruciasse addosso») e fece fondere certi oggetti d'argento di un suo vicino. Gli studiosi che indagarono sul fenomeno scoprirono altre caratteristiche ancor più notevoli. L'esplosione si era verificata a una sessantina di chilometri dal luogo dove si trovava Semenov. Un altro contadino, Vasilij Ilich, disse che c'era stato un enorme incendio: esso «aveva distrutto la foresta, le renne e tutti gli altri animali». Quando, insieme a vari suoi vicini, andò nella zona devastata, Ilich poté vedere i resti carbonizzati di alcune renne, ma tutti gli altri animali erano completamente scomparsi, senza lasciare tracce. (cap. I, p. 9)
  • L'abbagliante palla di fuoco aveva attraversato il cielo da sud-est a nord-ovest in pochi secondi. In tutto il mondo furono rilevate onde sismiche e l'ondata di pressione nell'atmosfera si diffuse in tutta la Russia e in Europa. Il bagliore fu visibile a 700 km di distanza; l'esplosione produsse una tale quantità di fumo e di polveri nella stratosfera da provocare una diffusione anomala della luce solare dall'emisfero illuminato del globo alla parte ancora nell'oscurità. A Londra, la cui distanza dal luogo dell'evento è pari a un quarto della circonferenza terrestre, la luce del giorno fu visibile ben prima dell'alba e il cielo di mezzanotte apparve chiaro come all'inizio di un tramonto. [...] Passarono due mesi prima che la situazione ritornasse normale.
    Qualcosa che proveniva dallo spazio aveva colpito l'atmosfera della Terra. (cap. I, pp. 9-10)
  • [...] l'evento della Tunguska aveva caratteristiche diverse, come si è potuto accertare parecchi anni dopo, quando i primi avventurosi esploratori, guidati dallo studioso ceco Leonid Kulik, raggiunsero, soltanto nel 1927, la remota località. Se si fosse trattato di un asteroide, un frammento di roccia appartenente al Sistema Solare schiantatosi sulla Terra, il suolo della zona avrebbe dovuto presentare una qualche cavità, testimonianza dell'avvenuto impatto. Non esisteva invece alcuna traccia di un possibile cratere. Gli esploratori scoprirono che nella zona immediatamente sottostante al punto in cui era avvenuta l'esplosione si estendeva una vasta pianura fangosa come se migliaia di bulldozer avessero eliminato la foresta e spianato il terreno per preparare le fondazioni di una città delle dimensioni di Londra. Tutt'attorno a questo desolato scenario c'era un anello di ceppi di alberi carbonizzati. Oltre il perimetro di questa zona circolare, i tronchi degli alti alberi erano disposti radialmente come fiammiferi, abbattuti da un violento uragano, che evidentemente era stato l'effetto dell'onda d'urto dell'esplosione. Ogni forma vivente era stata completamente distrutta e la situazione non era cambiata per quasi un quarto di secolo. (cap. I, p. 10)
  • Per quanto intorno a noi, nel mondo, l'antimateria non sia comune, neppure in quantità estremamente piccole, alcuni processi naturali possono per brevissimi istanti dare origine ai suoi più semplici esemplari, i positroni, le particelle che, nell'antimondo, sono speculari degli elettroni. Come l'elettrone, la particella con la massa più piccola, dotata di carica elettrica, è presente in tutti gli atomi della materia, il positrone, sua controparte nell'antimateria, è potenzialmente una parte essenziale degli anti-atomi dell'anti-mondo. (cap. I, p. 17)
  • Il positrone, uscendo dall'atomo, vola via e vive finché riesce a evitare di incontrare un elettrone. Poiché il nostro mondo è fatto di atomi, che contengono tutti elettroni in varie quantità, il positrone molto presto urta contro una di queste particelle e i due opposti, del tutto equivalenti come masse, scompaiono in un lampo di raggi gamma [...]. (cap. I, p. 18)
  • [...] la natura produce positroni nel cuore del Sole. La luce solare che ci illumina oggi è in parte il risultato dell'esistenza di positroni che si sono formati all'interno del Sole circa 100000 anni fa, soltanto per essere quasi immediatamente annichilati. (cap. I, p. 18)

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