Francesca Serafini

sceneggiatrice e scrittrice italiana (1971-)

Francesca Serafini (1971 – vivente), scrittrice e sceneggiatrice italiana.

Intervista di Noemi Milani, illibraio.it, 29 gennaio 2021.

  • [Come è nata la storia di Tre madri e, soprattutto, perché ha deciso di scrivere un giallo?] Il romanzo è nato insieme alla sua protagonista, Lisa Mancini. Quando è arrivata lei – col suo mistero, il suo carattere, le sue passioni, le sue complessità – ho cominciato a costruirle intorno un mondo. E quel mondo doveva essere variegato e pulsante. Mi interessava il modo in cui agiva all'interno di una comunità. Un'interazione che trovo efficace e riuscita in molte serie televisive inglesi, come BroadchurchUnforgotten o Happy valley. Sono state loro a dettare il genere, perché di fatto sono tutte storie che ruotano intorno all'indagine su un crimine. Anche se hanno un respiro ampio: di curiosità nei confronti di tutti gli esseri umani che si trovano a raccontare, senza giudizio.
  • [In qualche modo il romanzo è stato influenzato dalla sua esperienza come sceneggiatrice?] C'è una fase iniziale in cui le due tecniche di scrittura si sovrappongono: il lavoro sui personaggi e quello sulla trama, soprattutto. Poi, nella ricerca del ritmo che mi sembrava congeniale per questa storia, l'esperienza come sceneggiatrice ha pesato molto. Qui però avevo a disposizione altre possibilità: quella di raccontare per esempio il pensiero dei personaggi (mentre nelle sceneggiature tutto è affidato alla messa in scena); e il lavoro sulla lingua (lì limitato ai dialoghi: a come renderli credibili e verosimili). Nel romanzo ho potuto dare libero sfogo alla sintassi, che poi è l'aspetto della lingua che mi interessa di più.
  • [River e Maddalena ascoltano De André. Come interpreta la capacità di alcune opere d'arte di comunicare con generazioni così lontane da quella del loro creatore?] I grandi autori, indipendentemente dall'àmbito della loro creazione (che sia una canzone, un romanzo o un film), hanno la forza di rendersi universali. Di parlare a tutti gli esseri umani, di là dal tempo e dal luogo. Se siamo qui a celebrare Dante a sette secoli dalla sua morte, se ancora siamo in grado di emozionarci quando leggiamo i suoi versi, vuol dire che il potere persuasivo della bellezza, quando c'è, non conosce barriere e può durare per sempre.

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