François Pienaar
rugbista a 15, allenatore di rugby e dirigente sportivo sudafricano
Jacobus François Pienaar (1967 – vivente), dirigente sportivo, allenatore di rugby a 15 ed ex rugbista a 15 sudafricano.
Intervista di Marco Scurati, amalamaglia.it, 15 aprile 2018.
- Sai perché queste maglie erano belle? Perché a differenza di quelle di oggi molto elastiche e aderenti queste erano di cotone spesso, pesante. E si indossavano comode. Così potevi berti anche un paio di birre in più e nessuno si accorgeva della pancia!
- Noi ci alzavamo alle 4 del mattino per andare a fare un po' di corsa, di allenamento. Poi andavamo a lavorare per pagare il mutuo e la sera ti allenavi e nel weekend giocavi davanti a 70.000 persone. Era come una droga. Non ci importava non venire pagati, avevamo altre responsabilità nella vita: lavoravamo, c'era chi era sposato, chi gestiva un'azienda. Rimpiango di aver vissuto tardi il professionismo? No, le emozioni con la maglia della nazionale sono le stesse, che tu sia dilettante o professionista.
- [Sulla Coppa del Mondo di rugby 1995, [...] «che emozione è stata vedere Mandela entrare nello spogliatoio prima della finale con la sua maglia?»] È stato incredibile. Prima di tutto non lo sapevamo, è stata davvero una sorpresa. [...] In quel momento i giocatori sono pronti e la loro concentrazione è tutta focalizzata sulla partita. Abbiamo sentito i muri dello spogliatoio tremare. Non sapevamo che un Boing stava sorvolando lo stadio con un messaggio benaugurale per gli Springboks. Passato il momento di curiosità abbiamo sentito bussare alla porta. Poi visto Nelson Mandela entrare. Aveva indosso la nostra maglia con lo springbok. Per noi è stato un momento davvero emozionante. E non ha detto molto. Disse solo: "Avete reso orgogliosa questa nazionale, buona fortuna". Girandosi per uscire ho visto che aveva sulla schiena il mio numero, il 6, quello della mia maglia. Ero così colpito e commosso che non sono riuscito a cantare l'inno prima della partita. Davvero un momento incredibile.
- Ci sono state un sacco di discussioni politiche per togliere del tutto lo springbok dalla maglia. La gente voleva un simbolo unico per rappresentare il Sudafrica nello sport e la scelta è stata la protea, che è il fiore nazionale. Ma se guardiamo la maglia degli Springboks nel corso dei decenni a partire dal secolo scorso l'emblema è cambiato nelle sue fattezze, la posizione è cambiata. Siamo una democrazia giovane, non mi disturba averlo spostato dal cuore perché penso che così siamo tutti a nostro agio. Nelson Mandela a suo tempo l'aveva difeso perché in quel momento doveva essere un simbolo di costruzione dopo anni di separazione. Adesso siamo cresciuti e abbiamo potuto affrontare l'argomento e prendere una decisione come quella di non avere più lo springbok sul cuore.
- [Sulla Coppa del Mondo di rugby 1995] Quando sono salito sul podio per ricevere la Coppa del Mondo dalle mani di Nelson Mandela lui mi ha detto: "Grazie Francois per quello che ha fatto per il Sudafrica". Gli ho risposto: "No, signor Mandela. Grazie a lei per quello che ha fatto per il Sudafrica". Ci siamo detti esattamente la stessa cosa. Nello stesso momento. A quel punto avrei voluto abbracciarlo, ma non l'ho fatto. Mi sono bloccato. Poi ho abbracciato Mandela più volte nella mia vita [...]. Ma quel giorno no, avrei voluto ma forse non potuto farlo. Era un momento solenne con un protocollo con altre mani da stringere.
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