Eugenio Barba
regista teatrale italiano
Eugenio Barba (1938 – vivente), regista e teorico teatrale italiano.
Citazioni di Eugenio Barba
modificaIntervista di Nicola Davide Angerame, Artribune.com, 20 gennaio 2016.
- Sorrisi di una notte d'estate di Ingmar Bergman: vivevo già a Oslo quando lo vidi. Ho rivisto il film più volte, negli anni, e mi ha sempre sorpreso come le situazioni descritte da Bergman rimangano vive nel tempo.
- [Sul fenomeno dell'immigrazione] L'insicurezza fa parte del nostro tempo, la crisi ha prodotto un senso di precarietà che viene accresciuto da questa tragedia.
- L'arte non può cambiare la società se essa stessa non è disposta a riconoscere il valore di un'attività culturale. Per questo motivo, ogni attività culturale va sostenuta dai politici.
- [Su Alejandro Jodorowsky] Io lo apprezzo soprattutto perché ha scritto i migliori numeri di Marcel Marceau.
- Il cinema deve avvalersi degli attori e la maggior parte di essi giungono da una formazione teatrale, però credo che sia stato il teatro ad avvalersi del cinema più che il contrario.
- Sono stato molto influenzato dal cinema di Sergei Eisenstein. Il mio modo di lavorare come regista proviene dalla sua idea di montaggio emotivo, ritmico e narrativo. La mia passione per lui è giustificata anche dal fatto che per anni ha diretto spettacoli teatrali, è stato straordinario. Sarebbe interessante capire perché poi abbia lasciato il teatro per il cinema, per me conferma che la forma di spettacolo del nostro tempo è il cinema e non più il teatro.
- Il teatro mantiene un'importante capacità esclusiva. Se fai sullo schermo un gesto semplice come quello di rovesciare dell'acqua per terra, questo gesto non dirà granché. Ma se lo stesso gesto lo fai a teatro, allora accade una comunicazione di tipo animalesco, cambia tutto; del resto siamo animali razionali ma siamo animali.
- La comunicazione non è soltanto uno tsunami di parole, è molto altro; è qualcosa che ti permette di penetrare in quelle parti che lo spettatore neppure sa di avere.
Intervista di Emanuele Profumi, Ilsalto.net, 22 novembre 2017.
- L'antropologia teatrale non è espressione, esattamente come l'alfabeto scritto non è poesia, non è ideologia. Non è un racconto. Però, senza quell'alfabeto, senza conoscere quei principi, e non dico regole, ma proprio principi, che permettono di raggiungere un'efficacia espressiva, non puoi essere attore.
- Essere attore significa pensare ed agire in modo differente da come si vive nella vita quotidiana. Per un semplice fatto: nella vita quotidiana l'essere umano non sopporta lo sguardo degli altri.
- Per l'attore il fatto di mantenere l'attenzione dello spettatore su di lui, diventa il metro dell'efficacia, il criterio della sua efficacia come attore. Per poter mantenere questa attenzione deve usare il suo corpo, straniandolo.
- Non esiste forma artistica che non comporti straniamento.
- Con Stanislavski che è il grande riformatore, si considera l'attore non più come colui che deve ripetere determinati schemi dinamici, un alfabeto dinamico, quello che negli attori europei era l'emploi , la specializzazione in un determinato ruolo, ma, invece, come qualcuno che deve essere capace di inventare.
- L'attore dev'essere un vero inventore di ogni nuovo spettacolo, ossia creare ex novo, dal nulla.
- Stanislavski dà vita a un nodo, a partire dal complementare. Mentre prima si apprendeva partendo dal corpo, e poi si dava tutta una motivazione allo schema dei comportamenti già prestabiliti, Stanislavski parte dal mentale, il famoso "come se", "come se io fossi Amleto", come se fosse un giovane alto o uno basso, e tutto questo comporta delle reazioni nell'attore.
- Bisogna pensare in maniera paradossale. Non è che noi stiamo andando verso la fine del mondo, la fine del mondo è già avvenuta. Resti con noi.
Note
modifica- ↑ Dall'intervista di Renata Savo, Intervista a Eugenio Barba, Scenecontemporanee.it, 1° marzo 2013.
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