Editto bulgaro
dichiarazione di Silvio Berlusconi del 2002
Citazioni sull'editto bulgaro o editto di Sofia.
Citazioni
modifica- [«Era nella squadra di Michele Santoro e subì le conseguenze dell'editto bulgaro»] Quell'editto cambiò la mia vita. A ripensarci oggi è stato la mia fortuna, ma né Mauro Masi, né Silvio Berlusconi potevano saperlo. Avevo 34 anni e la carica di inviato speciale di Rai1 e Rai2. Rimasi per un anno chiuso in una stanzetta a non fare niente dalla mattina alla sera. Provai a traslocare al Tg3 ma me lo impedirono. Non riuscivo a muovermi, fu un vero episodio di mobbing. Nel 2003 passai a Sky, poco prima di ferragosto. In Rai avevo un contratto a tempo indeterminato e mi licenziai per andare a fare il precario sul satellite. Con il programma Controcorrente imparai a condurre e a confrontarmi con un editore. Lì costruii una mia squadra e ancora oggi alcune di quelle persone continuano a stare con me. (Corrado Formigli)
- "Vedrai" mi diceva sicuro il mio compagno Giovanni che di libertà molto aveva studiato e molto sapeva "vedrai che un giorno di Berlusconi rimarrà soprattutto il ricordo dell'uomo che tolse la parola a Enzo Biagi". Aveva capito che fra tutte le ferite che gli anni del cavaliere avevano dato alla cultura e alla politica del nostro paese, quella inferta al pluralismo dell'informazione colpiva non solo l'essenza stessa della nostra delicata democrazia, ma soprattutto i sentimenti della gente, che aveva ormai identificato in Biagi l'uomo, il giornalista libero e scomodo, che criticava sorridendo, che si opponeva con la forza delle idee e non con le grida della superficialità. Che usava parole semplici e antichi detti popolani per fare a pezzi le falsità dei nuovi slogan pubblicitari. (Sandra Bonsanti)
- Io non ho mai detto che Biagi e gli altri non dovessero continuare in Rai. Io ho detto che non dovevano utilizzare la Rai per fare trasmissioni faziose. Forse ho calcato la mano ma il servizio pubblico è pagato da tutti, anche da chi non la pensa come Biagi o gli altri.
- L'uso che Biagi, come si chiama quell'altro? Santoro. E l'altro? Luttazzi... hanno fatto della televisione pubblica pagata coi soldi di tutti io credo sia un uso criminoso e credo sia un preciso dovere della nuova dirigenza di non permettere più che questo accada.
- Mi sono battuto perché Biagi restasse in tv ma prevalse in lui il desiderio di essere liquidato con un compenso molto elevato. Avevo solo chiesto che non si facesse un uso criminale della rete pubblica.
- [Enzo Biagi] È il simbolo vivente del giornalismo televisivo. Il volto più noto dell'informazione alla Rai, dove del resto ha lavorato per 42 anni. Poi il diktat bulgaro, addì 18 aprile 2002, prontamente eseguito dall'apposito Agostino Saccà. Da allora Il Fatto, che da otto anni accompagnava gli italiani dopo il Tg1, il programma più visto della tv, che raccoglieva ogni sera quasi un terzo del pubblico, è scomparso. E, con esso, il suo conduttore. Ultima puntata, il 31 maggio 2002.
- Poi un giorno il presidente del Consiglio Berlusconi parlò dalla Bulgaria: «uso criminoso della televisione pubblica». La sentenza irrevocabile di condanna fu emessa così, su due piedi, senza processo né possibilità di difesa. L'apposito consiglio di amministrazione, da lui stesso nominato tramite i presidenti delle Camere Pera e Casini, e l'apposito direttore generale Agostino Saccà, da lui stesso imposto, s'incaricarono di eseguirla. Per la verità il premier, nella sua magnanimità, aveva lasciato aperto uno spiraglio: «Certo, se cambiano...». Biagi non cambiò, non si pentì, non prestò giuramento di fedeltà al regime. Come pure Santoro e Luttazzi. E il discorso si chiuse lì.
- Silvio Berlusconi, tra una serata al Bagaglino e una spallata fallita al governo, ha trovato il tempo e soprattutto la faccia tosta di ricordare Enzo Biagi. Con queste testuali parole: «Al di là delle vicende che ci hanno qualche volta diviso, rendo omaggio ad uno dei protagonisti del giornalismo italiano cui sono stato per lungo tempo legato da un rapporto di cordialità che nasceva dalla stima». Le vicende che li hanno qualche volta divisi si chiamano diktat bulgaro del 18 aprile 2002, quando l'allora presidente del Consiglio ordinò la cacciata dalla Rai di Biagi, Santoro e Luttazzi per "uso criminoso della televisione", trovando subito uno stuolo di servi furbi, da Agostino Saccà a Fabrizio Del Noce, pronti a obbedirgli. Morire a 87 anni può capitare. Rovinare gli ultimi anni di vita a un grande giornalista è un crimine.
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