È giusto che voi abbiate dubbi e perplessità; che la perplessità si alzi in voi rispetto a ciò che è meritevole di dubbio. [...] Non fatevi guidare da dicerie, tradizioni o dal sentito dire. Non fatevi guidare dall'autorità dei testi religiosi, né solo dalla logica e dall'inferenza, né dalla considerazione delle apparenze, né dal piacere della speculazione intellettuale, né dalla verosimiglianza, né dall'idea "questo è il nostro maestro". Ma quando capite da soli [...] che certe cose sono cattive e biasimevoli, portano danno e sfortuna, non solo secondo voi, ma anche secondo il parere dei saggi, [allora] abbandonatele. [...] Quando voi stessi riconoscete che certe cose sono buone, non riprovevoli, in qualche maniera lodevoli, una volta intraprese e provate portano a benefici e alla pace, [allora] accettatele e dimorate in esse. (dall'Aṅguttaranikāya, discorso n. 65, Kalāmasutta)
Il beato rispose: "Ma, Ânanda, cos'altro può chiedermi la comunità dei monaci? Io, Ânanda, ho insegnato il Dhamma evitando di creare una dottrina esoterica ed una essoterica: il Tathâgata è ben lungi dall'essere un maestro dal "pugno chiuso" (âcariyamu.t.thi) per quanto riguarda gli insegnamenti!" ... [...] ... "Perciò, Ânanda, siate un'isola (dîpa) per voi stessi, prendete rifugio in voi stessi e non in altro! Che la vostra isola sia il Dhamma, che il vostro rifugio sia il Dhamma e non altro!" (dal Mahâparinibbânasuttanta, seconda sezione, verso 33)
Il bramino Dona vide il Buddha seduto sotto un albero e fu tanto colpito dall'aura consapevole e serena che emanava, nonché dallo splendore del suo aspetto, che gli chiese: – Sei per caso un dio? – No, brâhmana, non sono un dio. – Allora sei un angelo? – No davvero, brâhmana. – Allora sei uno spirito? – No, non sono uno spirito. – E allora, che cosa sei? – Io sono sveglio. (da Anguttara Nikaya, 4, 36)
Il saggio che procede in solitudine, ben attento, non turbato da biasimo e lode, come un leone che non sobbalza ai rumori, come vento che non è trattenuto da una rete, come un loto non zuppo per l'acqua, guida per gli altri e da nessuno guidato, è quello che i saggi riconoscono come un muni. (dal Sutta Nipâta, 212)