Dennis Lehane

scrittore statunitense

Dennis Lehane (1966 – vivente), scrittore statunitense.

Dennis Lehane nel 2006

L'isola della paura – Shutter Island

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Il padre di Teddy Daniels faceva il pescatore. Perse la barca nel '31, quando Teddy aveva undici anni. Fu la banca a confiscargliela, e da allora passò i suoi giorni a sgobbare sulle barche di altri se c'era lavoro, come scaricatore al porto se il lavoro non c'era, a stiracchiarsi per ore quando tornava a casa alle dieci del mattino, a stare seduto in poltrona, a fissarsi le mani, a bisbigliare da solo ogni tanto, gli occhi vuoti e bui.
Aveva portato Teddy con sé alle isole quando era anco­ra un ragazzino, troppo giovane per poter essere d'aiuto sulla barca. Tutto quello che aveva saputo fare era stato sbrogliare le cime e legare gli ami. Si era anche tagliuzzato un paio di volte, poche gocce di sangue sulla punta delle dita, che avevano imbrattato il palmo della mano.

Citazioni

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  • In fondo, alzarsi al mattino era un po' come rinascere. Ti svegliavi ed eri un uomo senza storia; poi, fra uno sbadiglio e l'altro, cercavi di ricomporre il passato mettendone insieme i pezzi in un ordine più o meno cronologico prima di prepararti ad affrontare il presente.
  • È questo il genio kafkiano di tutta la faccenda. Se non sei pazza e gli altri hanno detto al mondo che lo sei, tutte le tue proteste non fanno altro che suffragare il loro punto di vista.
  • Ma le cose importanti e preziose hanno anche la prerogativa di essere fraintese, nella loro epoca. Tutti vogliono una soluzione rapida. Siamo stanchi di avere paura, stanchi di essere tristi, stanchi di sentirci impotenti, stanchi di sentirci stanchi. Vogliamo che tornino i vecchi tempi, e non ce li ricordiamo nemmeno, vogliamo spingerci nel futuro, paradossalmente, alla massima velocità possibile. La pazienza e l'attesa sono le prime vittime del progresso. Non è una novità. Non lo è affatto. È stato sempre così.

Mystic River. La morte non dimentica

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Quando Sean Devine e Jimmy Marcus erano bambini, i loro padri lavoravano nella stessa fabbrica di dolci Coleman e rincasando portavano con sé l'odore del cioccolato caldo. Era un marchio indelebile sugli abiti, sulle lenzuola, sugli schienali dei sedili delle loro auto. La cucina di Sean sapeva di barretta al caramello, il bagno di cioccolato alle nocciole. A undici anni, Sean e Jimmy avevano sviluppato un tale odio nei confronti dei dolci, che avrebbero preso il caffè senza zucchero e rifiutato il dessert per il resto della vita.

Citazioni

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  • Spesso la cosa più difficile da affrontare non erano le vittime (dopotutto si trattava di morti, che non provavano più dolore), ma i loro cari condannati a un futuro da morti viventi, svuotati, impermeabili alla sofferenza per aver imparato che, a volte, le cose più terribili succedono davvero.
  • Se fosse morto, ecco cosa gli sarebbe mancato più di tutto: i colori, il modo in cui spuntavano dal nulla, sorprendendoti e facendoti sentire un po' triste, piccolo, come se il mondo non fosse il posto per te.
  • «Hai mai pensato come la più insignificante delle decisioni possa cambiare il corso delle nostre vite?»
    Sean sostenne il suo sguardo. «Che vuoi dire?» [...]
    «Una volta ho sentito dire che la madre di Hitler, quando era incinta, fu sul punto di abortire, ma all'ultimo momento cambiò idea. Ho sentito dire anche che lui lasciò Vienna perché non riusciva a vendere i suoi quadri. E se invece avesse venduto un quadro? Se sua madre avesse abortito? Il mondo sarebbe stato diverso, capisci? Oppure mettiamo che una mattina tu perdi l'autobus e, mentre lo aspetti, prendi un altro caffè e compri un "gratta e vinci". Trovi la combinazione vincente: all'improvviso non devi più prendere l'autobus. Vai al lavoro con una macchina sportiva. Ma rimani coinvolto in un incidente stradale e muori. E tutto perché quella mattina hai perso l'autobus.»
    Sean guardò Whitey. Whitey scrollò le spalle. [...]
    «Sto solo dicendo che ci sono dei fili, okay? Ci sono dei fili nella nostra vita. Se ne tiri uno, tutto il resto cambia di conseguenza.»
  • «L'amavo così tanto...» disse, senza staccar gli occhi da quel pezzo di carta. «Non... non proverò mai più niente del genere. Voglio dire, non può succedere due volte, vero?» Alzò lo sguardo verso Whitey e Sean. Aveva gli occhi asciutti, ma così carichi di dolore che Sean dovette distogliere lo sguardo.
    «Alla maggior parte delle persone non succede nemmeno una volta» rispose Whitey.
  • La realtà non è un "vissero felici e contenti", o stronzate del genere. La vita è lavoro, fatica. Solo raramente la persona che amiamo è davvero degna del nostro amore. Forse nessuno ne è degno, oppure nessuno merita un tale fardello. Alla fine si resta fregati. Si resta delusi, si perde la fiducia e si passano momenti terribili. Quello che perdi è più di quello che guadagni. Alla fine, odi e ami in parti uguali la persona che hai scelto. Eppure, *****, ti rimbocchi le maniche e ti dai da fare, perché diventare adulti significa proprio questo.
  • Solo nei film la gente si disperava per i morti, la vita bloccata come le lancette di un orologio rotto. Nel mondo reale, la morte era qualcosa di naturale, un evento superabile da tutti. Tranne che per il morto.
  • Non aveva mai desiderato avere figli. Non riusciva a vederne i vantaggi, a parte il fatto che ti facevano imbarcare per primo sull'aereo. I figli si impadronivano della vita dei genitori, li stremavano, li riempivano di paure. La gente si comportava come se i figli fossero un fatto sacro e ne parlava con tono riverente. Ma la verità era che tutti i bastardi che ti tagliavano la strada nel traffico, quelli che ascoltavano la musica a tutto volume, rapinatori, stupratori, venditori di macchine difettose, be', tutti costoro non erano altro che bambini cresciuti.

Bibliografia

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  • Dennis Lehane, L'isola della paura – Shutter Island, traduzione di Chiara Bellitti, Piemme, 2011. ISBN 9788856611120
  • Dennis Lehane, Mystic River. La morte non dimentica, traduzione di Francesca Stignani, Piemme, 2010. ISBN 9788856614015

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