Denise Pardo
giornalista e scrittrice italiana
Denise Pardo (1954 – vivente), giornalista e scrittrice italiana.
Intervista di Giuseppe Videtti, la Repubblica, 5 novembre 2022.
- Ci sarà ancora al Cairo il Café Riche, covo di rivoluzionari, liberi ufficiali e spie? E Groppi? Com'era bello Groppi, i greci facevano dolci meravigliosi. E i giardini del Mena House, con vista sulle Piramidi?
- [In riferimento alla Rivoluzione egiziana del 1952 che costrinse la sua famiglia a fuggire in Italia] Le ultime settimane al Cairo furono terribili, c'era una paura strisciante alla quale non sapevamo dare un nome, nessuno ci dava delle spiegazioni – è la peggiore delle condizioni umane, soprattutto per chi come noi fino a quel momento aveva condotto una vita luminosa. In casa parlavamo francese e un po' d'italiano; mio nonno era originario di Odessa, l'ho scoperto da adulta, mia nonna di Cernivci, nell'attuale Ucraina, un centro culturale straordinario, parlava un sacco di lingue. Come mio padre: arabo, inglese e francese. Nel ricco lessico familiare c'era anche lo yiddish, che usavano solo mia madre e mia nonna; era la lingua dei segreti.
- Mi trovai completamente spaesata quando arrivai; l'Italia era un Paese chiuso, tutt'altro che laico. A scuola mi chiedevano: ma perché questo nome, Denise? ma Il Cairo dov'è? vicino a Viterbo? Cos'è un copto? Nella mia vita precedente le musulmane aspettavano le amiche ebree fuori dalla sinagoga, la diversità non era un valore, perché non esisteva, c'erano accettazione, affiliazione, amicizia. Così per molto tempo lasciai da parte le radici, per poi, infine, riuscire a rivalutarle. Questo libro [La casa sul Nilo] è un debito, un pegno che dovevo alla bambina che ha vissuto quegli anni al Cairo.
- Ho incominciato a scriverlo, tre anni fa, dopo la morte di mia madre. Ricordo che ogni tanto riprendevo a tempestarla di domande: ma allora, dimmi, chi abitava in quel palazzo? com'era il quartiere? che fine hanno fatto gli altri? Ascoltavo con avidità. Una volta, al mare, chiesi a mio padre: perché non mi racconti finalmente dell'Egitto? Accesi uno di quei registratori giurassici a cassetta e per la prima volta mi parlò degli anni prima della fuga. I racconti, in realtà, arrivavano solo fino a un certo punto – faceva male ricordare i dettagli dell'età dell'oro, quel modello di integrazione perfetta. Abdul, il cameriere che adorava mia nonna, la salutava dicendo Shalom, e lei rispondeva Wa 'alaykum as-salaam. Al Cairo c'erano 33 scuole di diversa nazionalità e confessione, nessuna separazione tra uomini e donne, né a scuola né in casa.
- Fu come vedere un film di cui ero la protagonista; come se all'improvviso avessi dato forma ai ricordi. Fu un'emozione straordinaria. Andai anche a Luxor, Assuan e Abu Simbel... un incanto. Dopo quella volta, non ho più avuto il desiderio, o il coraggio, di tornarci. Forse ora, dopo aver scritto questo romanzo, lo farò. Che troverò? Il paradiso è perduto?
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