Cristina Rava
scrittrice italiana
Cristina Rava (1958 – vivente), scrittrice italiana.
Intervista di Eleonora Aragona, milanonera.com, 23 gennaio 2018.
- Noir non significa "duro", né violento, né particolarmente crudo. Noir rimanda ad una visione dell'esistenza in cui non sono garantiti premi per le buone azioni e castighi per quelle brutte. Secondo me "noir" possiede una sfumatura amara che poco lega con la sensibilità femminile, più incline a cercare un chiarore dopo le sventure. Questo non significa che una donna non sappia scrivere "noir", ma sospetto che lo farà sempre in modo più etico.
- [La cronaca mostra delle donne profondamente oscure, eppure le protagoniste di polizieschi, gialli e noir non sono, in genere, altrettanto credibili...] La credibilità di un personaggio, rispetto ad un soggetto reale, non è data dal genere ma dalla capacità di costruzione psicologica del narratore.
- [I romanzi svedesi, ma non solo, hanno stravolto un po' questo mondo e hanno creato un nuovo spazio per le donne in questi racconti?] Nei romanzi scandinavi coesistono tipologie di narrazione noir al femminile diverse, con protagoniste differenti. Holt è un'autrice elegante con una protagonista austera, Lackberg ha un diverso orientamento e predilige l'approccio sentimentale. È mia opinione personale che le scandinave non possano vantare il primato nell'emancipazione femminile all'interno del genere noir, ma che appartengano, con le loro connotazioni, al più ampio contenitore di tale narrativa a livello internazionale. Illustri esempi sono la competente e raffinata Alexandra Marinina o, a tutt'altra latitudine, Alicia Gimenez Bartlett.
- [Cosa significa essere un'autrice di noir in Italia?] Posso citare soltanto la mia esperienza personale: gli argomenti più frequenti di conversazione nelle presentazioni sono stati la cucina, i gatti e gli amori della mia protagonista femminile nella tetralogia pubblicata con Garzanti. In realtà ho parlato di immigrazione e xenofobia, degli anni di piombo, di vecchiaia e di isolamento, di confine tra patologia e responsabilità. Se fossi stata un uomo, sospetto che avrei dovuto sudare meno per focalizzare l'attenzione sui messaggi reali, senza disperderlo negli elementi esornativi.
- [Alcuni sostengono che per raccontare una donna occorra una donna. Crede che sia così?] Il protagonista di cinque miei vecchi romanzi era un uomo, riflessivo, abitudinario, malinconico. Non so se leggendo le pagine, i lettori si siano domandati se chi le aveva scritte fosse un uomo o una donna, perché non è un punto rilevante. Non incontro grandi difficoltà a ragionare da uomo. Molto meglio di me, figure gigantesche della letteratura hanno invertito le parti: Flaubert ha raccontato superbamente i più intimi pensieri di Emma Bovary, lo stesso vale per Tolstoj. In una società che sta tentando di alleggerire le differenze di genere, beh, cerchiamo di non rafforzarle, ma piuttosto di corroderle gentilmente.
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